CENTO DI QUESTI GIORNI

   In questi giorni il Cento di questi giorni ci ferisce da tutte le parti; sono altrettanti colpi di spilla che ci dissanguano lentamente e con istrazio maggiore. Io vorrei proprio sapere chi fu l’inventore di questo barbaro motto, indegno della civiltà, e, soprattutto, della libertà. Prego gli onorevoli di confezionare subito una legge che imponga una tassa su chiunque si fa uscire di bocca il motto esecrato. Io non so come si possa avere il coraggio di insultare un povero galantuomo col gittargli sul viso la tremenda ironia del Cento di questi giorni. Le stoccate vi colpiscono sempre alla sprovvista. Mentre ne parate una a destra, ecco una botta dritta a sinistra; mentre vi difendete con una cavazione, siete assalito a tergo; né vale la suprema difesa di non avere un soldo in saccoccia. La stoccata è di sua natura paziente, infatigabile; si ripeterà oggi, dopo pranzo, domani, doman l’altro, alla fine del mese, a capo di un anno, se occorre. Gli stoccatori hanno una memoria felicissima che è un piacere. E codesti assassini della vostra borsa, quando vi hanno carpito la lira, vi regalano il solito motto derisorio Cento di questi giorni! Per dinci! Cento giorni di questa specie, colla borsa in mano continuamente, equivalgono a due incendii, a quattro morti in famiglia e a due fallimenti. Ma questi sono giorni di letizia, e non parliamo di guai.

   In questi giorni tutti più o meno corrono per le strade. Una decina di giorni prima di Natale, ogni cittadino che sta bene in salute corre per le strade. Tutti  sono affaccendati, ma in sostanza non si fa nessuna faccenda; gli affari sono sospesi fino al 2 Gennaio; ma si corre… si corre… alla caccia del denaro. Napoli sembra un bosco, dove pressoché tutti gli abitanti sono cacciatori, e il napoleone è il cinghiale, il lepre, la quaglia, la beccaccia. È curioso il vedere la strategica de’cacciatori. Chi si appiatta tra le macchie per cogliere a volo la grossa mallarda; chi tende le panie per inretire gli uccelletti inesperti… La testa va sotto sopra; le lingue s’imbrogliano in questa nuova Babelle mangiatoria; le tasche si sfondano… Il finimondo è a Toledo. Due regni della natura, l’animale e il vegetale, mandano i loro rappresentanti a Napoli… O Dio! che imbroglio, che battaglia di cibi, che pompa gastronomica, che paradiso de’ghiotti!

   Un solo essere, una sola creatura privilegiata passeggia tronfia e pettoruta fra tanti pericoli; si ride di tutto, ed ha uno sguardo di supremo disprezzo per tanta fragilità! Questa creatura forma una eccezione di tutto il resto dell’umano genere napolitano. Guardatelo! Egli ha in mozzicone di sigaro in bocca. L’indifferenza siede regina su la sua fronte; egli non si ferma che a brevi intervalli; il suo cuore non ha palpiti; il suo sangue non dà tuffi al cervello; il suo polso batte regolarmente. All’apparenza è un uomo; in sostanza è una larva, un fantasma, un umano simulacro. Egli non è che un po’d’aria, un po’di fumo… È un vertebrato… senza quattrini.

                           FRANCESCO MASTRIANI