COMMENTI

   Buona parte del romanzo si svolge a Castellammare di Stabia e suoi dintorni, per cui l’autore dà, seppur in maniera succinta, le origini della cittadina: «Questa parte esterna del giardino metteva in sulla via del colle che a Castellammare soprasta. Perduto ne’densi nugoloni, fantasma terribile, sorgeva agli occhi della misera il vecchio Castello che die’nome alla città, e che ne ricorda l’antica potenza». [1]

   Degna di nota anche la descrizione che l’autore dà dei popolani stabiesi: «Egli era semplicemente difeso da una camicia di rozza tela e da una specie di calzoni a mezza gamba, come sogliono portarli i marinai e la gente povera di quei dintorni: avea in testa il berrettone rosso alla foggia dei popolani di Castellammare». [2]

   I protagonisti sono quasi tutti ricchi e nobili, e l’autore non manca in questo romanzo di lanciare il suo anatema contro il denaro: «Egli riconosceva la nullità dell’ingegno, della nascita, della bellezza, la nullità di tutte le più eminenti qualità fisiche e morali innanzi al Dio dell’attuale società; il denaro !!». [3]

   Un altro pensiero lo troviamo sul tal soggetto: «Si è predicato contro la schiavitù, contro il vassallaggio: si è detto: Non vogliamo che il genere umano sia diviso in due classi, servi e padroni; e intanto la proprietà impone la sua crudel tirannia su i proletari […] Un solo è il despota dell’attuale società: il Denaro!». [4]

   Dante Allighieri, come viene citato nel romanzo (e non Alighieri), fu uno degli autori più letti e studiati da Francesco Mastriani; e in questo lavoro è estrapolata una frase tratta dalla Divina Commedia: «Compisco i miei trentacinque anni – rispose il conte – sono appunto “nel mezzo del cammin della nostra vita” […] Ben sai mio caro conte che Dante appoggiò  il suo motto sul versetto 10 del salmo 80 dov’è detto: Dies annorum nostrorum… septuaginta anni». [5]

   Il protagonista del racconto, Armando Asmodeo di Volteirra, era allievo di Pasquale Galluppi. Ricordiamo che Francesco Mastriani ebbe affinità di parentela col filosofo calabrese, il quale sposò Luisa Bucci, sorella della madre di Concetta Mastriani, moglie di Francesco.

 

                               ROSARIO MASTRIANI

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[1] Francesco Mastriani, Il conte di Castelmoresco, Napoli, Stamperia Governativa, 1883, p.61.

[2] Ibidem, p. 12

[3] Ibidem, p. 86

[4] Ibidem, p. 124.

[5] Ibidem, p. 80

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.   I tempi dei fatti narrati vanno dal 1816 al 1851. Sono comunque poli cronologici estremi che si riferiscono agli antecedenti del racconto e alla storia successiva alla sua conclusione, per così dire. La quasi totalità degli eventi narrati si riferisce all’anno 1828.

   È un romanzo scritto nel Regno delle Due Sicilie, ovvero prima dell’unificazione. È notevole l’intreccio narrativo. Notevole anche l’impegno nel delineare il carattere psicologico dei personaggi. I protagonisti sono nobili e ricchi. Non abbiamo ancora in evidenza, i segni dello spirito democratico, populistico, dell’autore ben presenti nei romanzi successivi. Il protagonista, Armando, è un personaggio ambiguo e contradditorio. È presentato come intelligente, bello, buono, forte e coraggioso, è lettore di Byron, allievo di Pasquale Galluppi, e scrittore di successo (autore di un apprezzato romanzo filosofico, La stella nera); ma è anche descritto come un dissipatore, di lussi frivoli e decadenti, vittima di usurai, e perfino come un violento che non esita a strapazzare uno di questi usurai per non pagare il legittimo debito. Si innamora della governante e si dichiara indegno della moglie ma solo quando questa è in punto di morte.

                                  FRANCESCO GUARDIANI