COMMENTI

   «Noi scriviamo una storia e non un romanzo», lo evidenzia l’autore all’inizio di un capitolo [1], dunque un romanzo decisamente storico che vede protagonista il principe Giovanni d’Austria, figlio di Carlo V. d’Asburgo, nato in Germania, ma che fu al servizio degli spagnoli, e in particolare di Filippo II. (che lo riconobbe come fratellastro) che fu re di Napoli per 42 anni, durante i quali esercitò il suo potere con otto viceré [2].  Don Giovanni è ricordato per la sua carriera militare che lo vide, tra l’altro, al comando della flotta della Lega Santa, con cui sconfisse gli Ottomani nella battaglia di Lepanto del 1571, ma è ricordata anche un’altra sua impresa: la liberazione di Tunisi dai turchi.

   In questo romanzo sono anche descritte le vittorie amorose di don Giovanni. Tre sono le donne in particolare, conquistate dal principe: Maria Mendoza in Spagna; Diana Falanga e Zenobia Sanfosso, nel periodo in cui visse a Napoli. Con le prime due ebbe due figlie, illegittime, Anna e Giovanna, mentre con Zenobia ebbe un figlio, pure illegittimo, ma che morì forse avvelenato, una vendetta per gelosia da parte di Maria Mendoza.

   La giovane Zenobia, di discendenze non nobili, era diventata la favorita della contessa di Arcamone, che non più giovane aveva pensato di servirsi di lei, per non perdere i suoi cavalier serventi «Circondiamoci di un satellite il quale riluca per me quando la mia luce comincerà ad eclissare». [3]

  La quarta parte del romanzo comincia con la descrizione dell’inizio della decadenza di Giovanni d’Austria, con la riconquista della Tunisia, da parte dei turchi, territorio del quale, appoggiato dal papa Pio V, egli ne voleva diventare il re. Filippo II. di Spagna è sobillato contro il suo fratellastro Giovanni dai cortigiani di corte che lo accusano anche di accidia derivanti da amori scandalosi e indegni.

   La morte di Giovanni d’Austria, avvenuta il 1° ottobre 1578 a Namur in Belgio quando non aveva ancora compiuto 34 anni, fu avvolta nel mistero «…don Giovanni morì di veleno di strana natura. Ma quale mano gliel propinò? Fu vendetta politica o gelosia d’amore. Fu falso zelo de’Protestanti? Secondo ogni probabilità l’eroe di Lepanto fu avvelenato nella bottega di un birraio» [4]. Secondo alcuni storiografi, sarebbe stata procurata dal veleno propinatogli per ordine del fratellastro Filippo II, il quale temeva che Giovanni d’Austria, dopo aver conquistata l’Inghilterra, con le forze di questa si sarebbe reso padrone della Spagna. A proposito di Filippo II, viene citato un episodio secondo il quale la regina Anna d’Austria, sua moglie, subì un aborto in seguito ad un maltrattamento del marito andato su tutte le furie dopo aver appreso della rivolta di Tunisi. [5]

   Giovanni d’Austria si trovava bene a Napoli «Tutta la nobiltà napolitana impazzava per lui» [6].

   Della sua città nativa che l’autore amava tanto, anche in questo romanzo non mancano le esaltazioni, tipo «Tutto è ragion di festa per Napoli, financo la morte, che vien parata di ceri, di tele e di angioletti»[7]. Buona parte di un capitolo è dedicato alle donne napoletane, dove ci troviamo anche una tabella dove vengono classificate le varie donne europee «Le napolitane in generale a qualsivoglia ceto appartengono, non hanno nulla di troppo». [8]

                                                                                                                  ROSARIO MASTRIANI

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[1] Francesco Mastriani, Giovanni d’Austria, Napoli, F. Perrucchetti, 1871, vol. III. pag. 29.

[2] Ibidem, vol. I. pag.5

[3] Ibidem, vol. III. pag. 17

[4] Ibidem. vol. IV. pp. 18-19

[5] Ibidem, vol. III. pag. 66

[6] Ibidem, vol. II. pag. 88

[7] Ivi, pag. pag. 92

[8] Ivi, pag. 90

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   “Romanzo storico” è definita quest’opera nel frontespizio e tale definizione indica almeno i seguenti due aspetti della poetica di Francesco Mastriani. Egli è, innanzi tutto, un divulgatore, anzi un educatore, per il quale la storia rappresenta il materiale con cui è utile e necessario lavorare. Mastriani fa qui pensare al Montanelli della serie dei fortunatissimi volumi popolari di storia patria. E poi c’è, appunto, la patria, che per Mastriani anche dopo l’unificazione è, rimane, Napoli, ed è qui che si svolgono quasi tutte le vicende storiche narrate.

   La centralità di Napoli è confermata dalla preferenza che ad essa accorda il protagonista su tutti gli altri luoghi da lui visitati (Madrid, Granada, Tunisi, Gand nelle Fiandre). Di Napoli sono poi due delle tre amanti del principe: Maria Mendoza, spagnola; Diana Falanga, napoletana: Zenobia Sanfosso, napoletana. Le ultime due amanti sono “conquistate” nella “maturità” del principe, dopo il trionfo di Lepanto.

   Le amanti sono importantissime in questo romanzo che, addirittura, si può riassumere scandendone le fasi per ogni affair del protagonista.

   Il romanzo si apre in medias res con il rientro in Napoli dall’impresa di Lepanto. Nel corso dei festeggiamenti o, più precisamente, del torneo cavalleresco celebrativo, don Giovanni adocchia la contessa della Rocca (salvo poi essere abbagliato da Diana Falanga), che conquista con l’inganno e forzando la madre della giovinetta (non ancora diciottenne) ad abbandonare il campo. Nasce comunque l’amore fra i due che porta alla nascita di Giovanna.

   Un flashback che porta alla corte di Filippo II, all’Escorial. Qui il Mastriani tesse una doppia tela nel presentare l’infelice storia di Don Carlo e quella euforica di Don Giovanni, cioè lo zio Giovanni, fratello appunto di Filippo II che riconosce la comune paternità e accoglie a braccia aperte il principe Giovanni all’Escorial.

   Isabella di Francia è promessa sposa a Don Carlo, ma questi è fatto dichiarare incapace di regnare dal padre che impalma la bella francese e lo disereda. È però geloso della giovane regina ed i sospetti cadono (o sono fatti cadere dalle malelingue di corte) sul principe Giovanni, noto tombeur de femmes. Una notte Filippo, divorato dalla gelosia, si reca lui stesso negli appartamenti del fratellastro… e lo coglie sul fatto, ma la donna non è Isabella di Francia bensì Maria Mendoza di Madrid. Felicissimo, Filippo affida incarichi di massima fiducia a Don Giovanni.

   Quest’ultimo, trionfatore a Granada, vince anche a Lepanto e, successivamente, a Tunisi. A Napoli, intanto, vive la doppia stagione amorosa con Diana Falanga prima (da cui nasce Giovanna), e con Zenobia Sanfosso dopo (da cui nasce un bimbo ucciso dalla cieca gelosia della Mendoza).

   Richiamato a Madrid, riceve da Filippo II (che gli ha negato il titolo di re di Tunisi come era stato richiesto dal papa) l’incarico di riappacificare le Fiandre, dove c’è la fiera ribellione di Guglielmo di Nassau (William d’Orange) alle crudelissime angherie del Duque de Alba, Don Ferrante d’Alvarez.

  Giovanni d’Austria arriva nelle Fiandre, dà qualche segno del suo valore, ma non riesce ad ottenere la simpatia della popolazione come aveva fatto a Napoli. Improvvisamente, a 33 anni, muore avvelenato. Tutto lascia credere che sia stata la prima amante Maria Mendoza, a compiere l’omicidio. Certo è che la donna accompagnò il feretro nel viaggio di ritorno a Madrid e lì, pare, trovò anche lei la morte, dopo essere stata internata in un manicomio.

   Va ricordato, infine, che la simpatia dei napoletani per il principe Giovanni d’Austria ricorda quella manifestata altrove (in Emma, per esempio) per il re di Napoli Gioacchino Murat.

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                            FRANCESCO GUARDIANI