CRONACA PARIGINA. CORRIERE DEL MONDO

   Uomo di spirito e farmacista distinto, il signor Cadet-Gassicourt di Parigi era oltremodo entusiasta dell’arte sua, talché, per conciliarsi la sua benevolenza, non si dovea far altro che consultarlo su qualche malattia, ed eseguir a puntino le sue prescrizioni.

   Un giorno, un equipaggio si ferma alla porta del signor Cadet-Gassicourt, la cui farmacia è ancora nella strada S.Onorato. Un domestico in livrea entra nella farmacia, chiede per la signora contessa di K… una bottiglia di sciroppo d’arancio; paga e va via. Dopo alquanti giorni lo stesso equipaggio si ferma di bel nuovo dinanzi alla farmacia. Questa volta si apre lo sportello, si bassa il montatoio e la contessa viene a fare ella medesima la sua compra, e a congratularsi col signor Cadet-Gassicourt per la bontà del costui sciroppo. La contessa entra nel gabinetto del dottore e lo consulta sovra un reumatismo; il dottore fa preparare subitamente un lenificamento, e la nobildonna e il farmacista si lasciano, l’uno incantato dell’altra.

   La contessa non tarda molto a ritornare, il rimedio è stato eccellente; la sua riconoscenza è larga di elogi e di ringraziamenti, ed esige dal signor Cadet-Gassicourt, che la prometta di venirle a curare se mai ella cadesse ammalata, e la donna gli fa da parte sua solenne promessa di non servirsi d’altro medico che di lui.

   A capo di poco tempo, la contessa, comparve novellamente, questa volta la conferenza debb’esser segreta. – Mio caro signore, io vengo a chiedervi un gran servigio. Ecco il fatto. Mia sorella dimora in provincia, e mi ha pregato di vegliare sul suo figliuolo, che è a Parigi. Questo giovine mi dà da pensare; la sua fisionomia mi pare alterata e temo ch’egli soffra, d’altra parte egli pretende che ciò non è nulla, ed una donna prova sempre qualche imbarazzo a spingere un po’ lungi la confessione d’un giovane. Se voi foste cortese di darmi un giorno ed un’ora, vi condurrei mio nipote; lo fareste entrare nel vostro gabinetto, lo lascerei solo con voi, e son sicuro che vi riuscirebbe di saper la verità. – Questa proposizione è accettata con premura, ed è stabilito un convegno. – A domani a mezzogiorno, caro il mio signor Cadet-Gassicourt, ricevete di bel nuovo i miei ringraziamenti.

   L’indomani una elegante e distinta signora faceva spiegare a lei d’innanzi in un magazzino alcuni cachemires dell’India, i quali erano allora in tutta la voga della loro novità, e si vendevano però a peso d’oro, ed i mercanti addimostravano i più grandi riguardi a quelle loro clienti abbastanza ricche da permettersi un lusso tale. – Non mi tentate, diceva la nobil signora ai commessi che esponevano ai suoi sguardi alcuni scialli del morbido tessuto, dagl’inimitabili colori, io non son che troppo facile ad esser sedotta. Allontanate da me tutto ciò, voglio esser ragionevole; se vi ascoltassi io mi rumerei. Ma il mercante, allettato dalla speranza d’un grosso guadagno, insistette con tanta eloquenza, situò con tanta grazia i suoi scialli sulle spalle della nobil signora, ch’ella non ebbe più forza di resistere alla seduzione; comprò e recò seco quattro scialli, il cui prezzo ammontava a diciottomila franchi, e siccome non avev’altro nella sua borsa che tre cambiali di mille franchi, chiese che un giovine commesso salisse con lei nella sua carrozza munito della fattura saldata, per riscuotere l’ammontare.

   Poco discosto dal magazzino disse la contessa al commesso – io non voglio, o signore, farvi perdere il tempo conducendovi a casa mia. Fortunatamente noi passeremo or ora innanzi l’abitazione del mio amico il signor Cadet-Gassicourt, cui pregherò di rimettervi questa somma. La contessa e il commesso scendono in casa del farmacista. Per un momento la contessa parla sottovoce, e s’allontana, dicendo fortemente: – Grazie il mio signore, voi mi rendete un vero servigio; vi lascio con la persona di cui v’ho parlato; e voi signore, indirizzandosi al commesso, vogliate seguire il signor Cadet-Gassicourt. Addio, caro il mio signore, addio, a rivederci quanto prima.

   La contessa risalì nella sua carrozza, ed il farmacista passò nel suo gabinetto col commesso. – Signore, gli diss’egli, la contessa è un’eccellentissima persona. – Non ne dubito, signore. – Ella vi ama molto. – Ama me? – sicuramente, imperciocchè mi ha parlato di voi nei termini più affettuosi, e più teneri, e non si lagna che della vostra poca confidenza in lei. – Che cosa volete dire, signore, io non comprendo. – Via non fate ragazzate… fa mestieri dirmi tutto… io capisco tutto e già conosco… – Ma io, signore, non conosco che una sola cosa, ed è la fattura che mi dovete saldare, non si tratta che di 18,ooo franchi che mi dovete rimettere. – Sappiate signore che io non sono un banchiere.

   La disputa si riscaldava e minacciava di divenir seria, finalmente le due parti si spiegarono, e la verità si fece chiara. Il signor Cadet-Gassicourt era stato l’involontario istrumento di questo furto sì abilmente combinato ed eseguito con tanta prosperità.

                                                                                                                                                          ………….. …….. Francesco Mastriani

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   Fu pubblicato sul giornale Il Sibilio il 10 aprile 1845.

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   Lo stesso racconto lo ritroviamo nel romanzo I vermi, Napoli, L. Gargiulo, 1867, nel vol.VII, cap.VI  «I falsificatori di monete» da P.117 a p.125.