IL DRAMMA DI MASTRIANI

. Questa edizione, fotocopiata, è in possesso degli eredi Mastriani

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… Aveva ricevuto anche la benedizione di Pio IX, quando si accingeva a fissare sulla carta i personaggi di quello che sarebbe stato il suo romanzo più famoso, La cieca di Sorrento. Ma il sorriso e l’augurio che gli dedicò il Papa, il quale aveva trovato ospitalità a Portici dopo la fuga a Gaeta, non gli furono di aiuto. Era nato sotto un segno nefasto e per tutta la vita subì sventure e privazioni, soffrendo talvolta anche i morsi della fame. E quando concluse il suo calvario, lasciando una produzione sterminata di romanzi, racconti, bozzetti e articoli, con l’aggiunta di testi teatrali e componimenti poetici, in casa non c’era una lira. Francesco Mastriani, uno degli scrittori più fecondi di tutti i tempi, aveva dovuto affidare la moglie alla pietà pubblica, pregando i creditori di essere pazienti. Il fruttivendolo e il panettiere un giorno sarebbero stati pagati. Chissà come.

   Ai funerali, in una giornata del gennaio 1891 che sembrava fatta apposta per un’occasione di mestizia, con nuvole dense che oscuravano il cielo, la Napoli ufficiale non c’era. Si era mantenuta lontana, quasi che la morte di quel vecchio professore, autore di centosette romanzi quasi tutti ambientati nei vicoli della Sanità e di Montecalvario, di Pendino e della Vicaria, non la riguardasse. c’erano invece, e in gran numero, i lettori delle sue storie, quelli che seguivano giorno per giorno, nelle “appendici” del “Roma”, le tribolazioni di personaggi costretti ad arrangiarsi come lui per rimanere aggrappati alla vita. Operai, artigiani, modesti impiegati e commercianti resero l’estremo saluto a quella bara che lasciò, tra minacce di pioggia, uno squallido edificio alla penninata San Gennaro dei poveri, uno dei tanti budelli del ventre di Napoli. Gli altri, gli uomini che contavano agli inizi di quell’ultimo decennio dell’Ottocento, se n’erano riamsti a badare, come sempre, ai loro affari. Quel Mastriani che aveva dedicato un’intera biblioteca ai miserabili, ai derelitti, ai lazzaroni e alle “figlie della Madonna”, era distante mille miglia, anche se i loro fastosi palazzi lambivano i vicoli nei quali i personaggi nati dalla sua sfrenata fantasia crescevano e si moltiplicavano. […] 

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   È questo l’incipit del saggio di Sandro Castronuovo «Il dramma di Mastriani», composto da 13 pagine e che termina nel seguente modo:

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   Molti, troppi gli editori senza scrupoli lungo il cammino di uno scrittore costantemente impegnato a dimostrare il trionfo del bene sul male e spinto da intenti umanitari anche quando raccontava le vicende più tenebrose. Se non lo avessero sfrutatto tanto, se gli avessero consentito un po’ di serenità, ora l’elenco dei suoi romanzi conterrebbe certamente qualche decina di titoli in meno. ma i compilatori delle enciclopedie in compenso, dovrebebro dedicargli parecchie righe in più.

                                                               SANDRO CASTRONUOVO

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SANDRO CASTRONUOVO (Napoli 1934-2017), è stato giornalista per oltre vent’anni, fino alla sua chiusura avvenuta nel 1980, del quotidiano di Napoli, «Roma »