Il Napoli del San Paolo

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II.

  Campionato 1959-60, il 6 dicembre ci fu l’inaugurazione dello Stadio San Paolo con una partita di cartello, e in uno stadio stracolmo: Napoli contro Juventus, squadra che vincerà il campionato, davanti alla Fiorentina. I bianconeri vennero battuti quella domenica per 2-1, segnarono Vinicio e Vitali.

   Ma ho un bruttissimo ricordo di quell’anno, due mesi prima che s’inaugurasse il San Paolo (siamo al 4 ottobre 1959), papà mi portò a vedere una delle ultime partite disputate allo Stadio Collana del Vomero; abitavamo già a Fuorigrotta, ma quella domenica, per andare allo stadio, partimmo dalla casa dei miei nonni materni, che abitavano ancora a Materdei. La partita era Napoli-Genoa, si giocava la terza di campionato e le due squadre erano a zero punti in classifica. Gli azzurri giocarono quasi sempre nella metà campo genoana, ma furono i liguri a segnare, a metà del primo tempo con Barison.

  Nel secondo tempo la stessa storia con il Napoli che attaccava alla ricerca del pari; all’85.esimo accadde di tutto. L’azione si svolgeva nella metà campo, di fronte alla curva dove eravamo io e Papà: Luis Vinicio, entrò di slancio in area di rigore e venne sgambettato, ma riuscì ad alzarsi e a scaraventare la palla in rete. Vi lascio immaginare la mia gioia e l’esultanza di tutto il pubblico, ma l’arbitro non convalidò la rete poiché aveva fischiato un fallo da rigore, per cui non concesse la regola del vantaggio. Andò sul dischetto Comaschi che colpì in pieno il palo (allora era quadrato), Comaschi riprese il pallone e lo passò a Di Giacomo che insaccò, ma l’arbitro anche stavolta non convalidò (per regolamento), e qui cominciò un finimondo, che non dimenticherò mai, per la paura che provai. Il pubblico cominciò a buttare tutto in campo, tentando un’invasione di campo, i poliziotti intervennero lanciando lacrimogeni: un inferno. Papà saggiamente non mi fece muovere dal mio posto aspettando che tutto finisse. L’arbitro considerò ormai chiusa la partita e rientrò negli spogliatoi con tutti i giocatori. Dopo alcune ore riuscimmo ad uscire dallo stadio… sani e salvi.

   Il Napoli fu squalificato per due giornate, e vittoria assegnata a tavolino per 2-0 al Genoa.

   Quell’anno gli azzurri rischiarono di retrocedere in Serie B.

   Nel mese di gennaio morì di malaria a soli quarant’anni Fausto Coppi, un mito del ciclismo.

   Devo aprire una parentesi della mia vita. Un giorno papà mi portò a lavorare nello stabilimento di Carlo Azzi dove lavorava lui, ma mi rimandarono a casa perché non avevo i documenti per mettermi in regola. Allora che feci? Tornando da San Giovanni a Teduccio ove era ubicato lo stabilimento, in tram, il numero 34, che faceva la linea Ponticelli-Ferrovia (la vecchia e cara stazione), scesi al capo linea ed entrai nel bar Commercio, un grande locale che si trovava di fronte al cinema Orfeo, lì alla Ferrovia, così chiamato perché in quel bar, specialmente di sabato, si riunivano i commercianti per parlare di affari, ma in esso,  c’era pure un continuo via vai di donne di mal costume. Chiesi se avevano bisogno di un ragazzo porta caffè.

   La proprietaria, che ricordo essere una straniera, acconsentì, e il lunedì successivo presi servizio. Di quel periodo ho un brutto ricordo. In quel bar si facevano due turni: quello di mattina dalle 6 alle 15, e il secondo che durava fino alle due di notte; a quell’ora prendevo a piazza Garibaldi il pullman diretto a Bagnoli. Scendevo a via Cavalleggeri d’Aosta per andare a casa. Per strada non c’era un cane… anzi, una notte, purtroppo per me, ce n’era uno e pure abbastanza grosso, che mi apparve improvvisamente davanti. Lascio immaginare la mia paura: il molosso mi corse appresso per un buon tratto e poi, per fortuna si allontanò.

   Arrivai a casa in uno stato che faceva paura, e la mamma, che mi aspettava sveglia tutte le notti, si preoccupò molto del mio stato confusionale. Poi grazia a Dio mi passò tutto.

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   Campionato 1960-61. Avevo 17 anni. Anno triste: il Napoli retrocesse in serie B. Vinicio era stato ceduto al Bologna, e da lì passò poi al Lanerossi Vicenza, ove trovò una sua seconda giovinezza e realizzando tanti gol. Nel Napoli degli anziani Greco, Posio e Bertucco, esordirono l’argentino Juan Carlos Tacchi, di cui ricordo i gol che realizzava calciando direttamente dalla bandierina del calcio d’angolo, e Postiglione, un ragazzo di Firenze, che fece molto bene negli anni a venire.

   In quell’anno 1961 nacque mia sorella Clelia, dopo dieci anni dalla nascita di Rosario; e l’anno appresso mamma e papà fecero la doppietta e venne al mondo Antonietta. Un mese prima l’ URSS aveva lanciato, il 12 aprile 1961, il primo uomo nello spazio Jurij Gagarin a bordo della Vostok I.

   Dopo l’esperienza al bar Commercio, cominciai a lavorare all’ Agip di via Domiziana, che aveva appunto aperto un bar in quella stazione di rifornimento. E lì diventai proprio barista, dietro la macchina del caffè con giacca gialla e cravatta nera. Ricordo che la mamma, dal rione Carola a via Cavalleggeri d’Aosta, mi portava il piatto caldo al bar, facendo tanta strada a piedi. Nel bar si fermavano alcune volte i giocatori del Napoli. Conobbi Vinicio, Pesaola e Mistone. Il campionato lo vinse di nuovo la Juventus di Charles, Sivori e Boniperti, davanti alle due milanesi.

   Il Napoli conquistò subito il ritorno nella massima serie e incredibilmente vinse la sua prima Coppa Italia, trofeo che allora era piuttosto boicottato dalle grandi squadre, che puntavano maggiormente allo scudetto. Eravamo nella stagione 1961-62. Il Napoli batté in finale la Spal per 2-1.

   La formazione era: Pontel, Molino, Gatti, Girardo, Rivellino, Corelli, Mariani, Ronzon (un grande), Tomeazzi, Fraschini, Tacchi.

   Il campionato lo vinse il Milan allenato da Nereo Rocco, con i gol determinanti di Josè Altafini e la regia dell’esordiente diciottenne Gianni Rivera.

   Quell’anno ci furono i mondiali in Cile, e l’Italia capitò proprio nel girone dei padroni di casa e gli azzurri incapparono nella rissa preordinata dai cileni e tollerata dall’arbitro inglese Aston. Si perse 2-0 e si tornò a casa. Gli italiani si consolarono con Volare, il pezzo che Modugno presentò a San Remo e che divenne una delle canzoni italiane più conosciute nel mondo.

   Sophia Loren conquistò l’Oscar, come protagonista nel film La Ciociara; ad Hollywood Marylin Monroe si suicidò, mentre il governo della Germania dell’Est fece costruire il Muro di Berlino, che per 28 anni divise in due la città.

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   Campionato 1962-63. Avevo 19 anni. Napoli in Serie A con il fregio della vittoria in Coppa Italia sulle maglie, ma ritornò subito in Serie B. Venni finalmente assunto dalla Ditta Crivel di Carlo Azzi, dove lavorava ancora papà, e ci restai per ben otto anni come operaio vetraio (facevo lavori molto rischiosi, come la manutenzione dei vetri nella Galleria Umberto o ai lanternini dei vari musei di Napoli). Del campionato ricordo una partita al San Paolo contro il Catania, finita 3-2 per il Napoli. Nientedimeno che con noi, io papà e Rosario, c’era nonno Ciccillo, allora aveva 63 anni, ed era la prima volta che si recava allo stadio (adesso che sto scrivendo, io ne ho 67 e a pensarci,  mi vengono i brividi). Gli azzurri perdevano 2-1, poi all’improvviso arrivò giù dal cielo una grandinata e ci fu un fuje fuje generale, la partita venne temporaneamente sospesa. Passata la bufera si tornò sulle gradinate bianche di ghiacciolo. La partita venne ripresa e il Napoli rimontò e vinse per 3-2. Ma come ho già scritto, gli azzurri retrocedettero in Serie B quell’ anno. In quel campionato ci furono due sonore sconfitte al San Paolo per 5-1, contro il Milan e contro l’Inter.

   In quest’ultima partita ci fu l’esordio di Antonio Iuliano, che sarà poi, grande capitano ed amico e bandiera del Napoli per molti anni.

   Fece scalpore la vittoria del Napoli, a San Siro, contro il Milan 1-0. Qualcuno ipotizzò che la squadra azzurra era stata aiutata dell’arbitro Adani di Roma, un arbitro pro Inter e contro il Milan, ma l’arbitro romano aveva diretto benissimo la partita.

   Tra i campioni di quell’anno ricordo Angelillo della Roma, Altafini e Rivera del Milan, che contribuirono alla vittoria dei rossoneri nella Coppa dei Campioni; Mazzola, Suarez e Corso dell’Inter allenato dal grande Helenio Herrera, squadra che vinse lo scudetto.

   Il Napoli restò in Serie B due stagioni. Avevo vent’anni. Eravamo nei famosi anni’60, quelli del boom economico.

   Ci divertivamo con poco, ballavamo il twist e l’hully gully, poi c’erano i nostri idoli che cantavano: Celentano, Mina, Peppino di Capri, Adamo, Paul Anka, Neil Sedaka, e gli amici più cari: Armando, che poi diventò mio cognato, Geppino e Luigi De Felice, Antonino e tante belle ragazze che formavano la comitiva.

   Nel giugno di quell’anno 1963 morì il papa Giovanni XXIII; nello stesso mese dal balcone di San Pietro di Roma, un cardinale proclamò habemus papam. Il Conclave aveva eletto Montini al soglio pontificio col nome di Paolo VI. Stati Uniti ed Unione Sovietica erano arrivate ad un passo dal conflitto per la questione dei missili russi nella comunista Cuba di Fidel Castro.

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    Campionato 1963-64. Per la prima volta nella storia del calcio italiano, lo scudetto venne assegnato dopo spareggio. Inter e Bologna avevano terminato a pari punti dopo 34 giornate. Si incontrarono a Roma, prevalse il Bologna di  Fulvio Bernardini per 2-0. L’Inter si consolò vincendo la sua prima Coppa dei Campioni battendo in finale a Vienna il Real Madrid, e poi la Coppa Intercontinentale battendo in due durissime partite l’ Indipendiente di Buenos Aires.

   Ma anche il calcio passò in secondo piano quando giunse da Dallas la notizia dell’assassinio del Presidente americano J.F. Kennedy.

   In quell’anno 1964 ci fu una svolta importante nella mia vita. Conobbi Teresa, una dolce fanciulla con bellissimi occhi, che diventerà poi mia moglie. Oggi che scrivo sono trascorsi ben cinquant’anni dacché siamo insieme ed abbiamo due figlie meravigliose: Anna ed Elisabetta.

   Il mio ricordo calcistico di quell’anno fu una partita che andai a vedere a Messina. Stavamo lavorando al Museo Archeologico di Reggio Calabria. La domenica in compagnia del mio masto, il caro Giuseppe Mignano, ci recammo nella città dello stretto a vedere una partita di Serie A, Messina-Bologna che finì 3-3.

   Devo ora aprire un’altra parentesi. All’inizio dell’anno 1964 mio padre ebbe un’altra delle sue belle pensate e vendette la casa comunale al rione Carola per pochi soldi. E da quel giorno non troverà più pace, né lui né la sua sventurata famiglia.

   Andammo ad abitare a Bellavista, ma ci restammo per pochi mesi. Mia madre aveva nostalgia di via Cavalleggeri; oltretutto ci erano venuti ad abitare in quella zona i suoi genitori, una sorella, la zia Antonietta che si era sposata con lo zio Peppino, ed un fratello, lo zio Vincenzo, con la sua numerosa famiglia, così tornammo nel quartiere di Fuorigrotta.

   La nuova bellissima casa era ubicata in via Domiziana, dove festeggiammo la prima comunione di Rosario, e fu anche l’ occasione per far conoscere la mia fidanzata Teresa, ai miei genitori. Mio fratello, finite le elementari, siccome prometteva bene nello studio, aveva continuato la scuola, fu aiutato economicamente dai nonni materni e dal fatto che, finita l’anno scolastico , andava a lavorare come ragazzo di fuori uscite nel bar Lirico, di fronte al Teatro San Carlo.

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   Campionato 1964-65. Pronto riscatto dell’Inter che si aggiudicò il campionato davanti al Milan, e poi fece il bis sia in Coppa dei Campioni che in quella Intercontinentale. Distaccate nettamente le altre squadre. Il Napoli ritornò in serie A. Indimenticabile il 4-0 rifilato al Brescia capolista in serie B, ne erano ottantamila sugli spalti, record di spettatori per una partita di Serie B;  me lo raccontò mio fratello Rosario, poiché io ero militare a Torino. Il mio posto sugli spalti del San Paolo lo prese nonno Ciccillo, che evidentemente portava fortuna agli azzurri. Quell’anno ci fu il debutto in nazionale di Gigi Riva,

   Purtroppo devo aggiungere un triste ricordo. Morì, in modo tragico, nel mese di gennaio dell’anno 1965, mia nonna Puppenella. La buona donna aveva la consuetudine di venire spesso a casa nostra, abitavamo in via Napoli a La Pietra; un giorno, mentre la nonna si accingeva a salire su un pullman, per tornare a casa, con in braccio la piccola Titina, figlia della zia Antonietta, perse l’equilibro e cadde all’indietro, battendo sul marciapiede la testa. Dopo una notte di agonia la povera nonna spirò in ospedale, tra le braccia di nonno Ciccillo, il quale dopo solo tre anni, affranto dal dolore, raggiunse l’adorata consorte nell’ aldilà.

   Antonio Segni lasciò il Quirinale per motivi di salute e venne sostituito da Giuseppe Saragat. Ma anche nell’ URSS ci furono dei cambiamenti: Leonid Breznev fece fuori Nikita Kruscev. Nel cinema furoreggiava il famoso  Agente 007 James Bond.

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   Campionato 1965-66. Avevo 21 anni, il Napoli era tornato in Serie A, e l’indimenticabile presidente Roberto Fiore aveva comprato nientedimeno che Sivori e Altafini.

  Questa fu la formazione, allenata da Pesaola (‘o Petisso) che si classificherà al terzo posto, dietro all’Inter, che aggiunse la stella dei dieci scudetti conquistati sulle sue magliette, e al Bologna: Bandoni, Nardin, Girardo, Ronzon, Panzanato, Stenti, Canè, Iuliano, Altafini, Sivori, Bean. Non riuscii a vedere nessuna partita poiché, come già ho scritto, quell’anno facevo il militare a Torino; ma un ricordo poco piacevole di calcio  l’ho ugualmente; c’era il mondiale di calcio in Inghilterra e l’Italia fu eliminata dal torneo in seguito alla sconfitta contro la Corea del Nord per 1-0 con un gol del dentista coreano Pak Doo Ik. La partita la vedemmo con un piccolo televisore in una tenda da campo, nel Sestriere. È fu Corea da tutte le parti: Ki So Kim strappò il titolo dei medi junior al pugile triestino Nino Benvenuti.

   Quel campionato iniziò con la novità in panchina del secondo portiere col numero 12.

   Prima che partissi per il militare abitavamo a La Pietra, in un primo piano di un vecchio palazzo. Avevamo lasciata la casa della Domiziana perché il pigione era troppo alto.

   Quando venni a Napoli per la prima licenza, papà aveva preso le sue quattro mappatelle e si erano trasferiti,  tornando dopo dieci anni, ancora a Ponticelli, in una via chiamata del Purgatorio. E per mia madre e le mie sorelline fu un vero e proprio purgatorio quel periodo in cui abitarono in quella casa: capitarono nelle grinfie di quelle buone donne che furono nonna Clelia e la zia Chiara. Per fortuna che quando mi congedai la nostra famiglia si era trasferita di nuovo a La Pietra, in via Napoli. Dalle finestre della nostra casa vedevamo transitare i treni della cumana.

   Del periodo della vita militare mi è rimasto un bel ricordo: diversi commilitoni e le loro figure, come quella del bolzanino Scapin, una bella persona, o lo Scarpanti valdostano, che suonava la fisarmonica in un modo divino e proprio quando il cantante Gianni Morandi portò al successo la canzone La fisarmonica. Ma, per ironia della sorte, devo dire che quello a cui ero più legato era Imparato, napoletano come me. In comune avevamo il fatto di non avere mai una lira in tasca. Le 1500 lire che ci toccavano per le decade, si dissolvevano in un solo giorno.

   Ricordo che durante l’adunata per il pranzo avveniva la distribuzione della posta, e quasi sempre il caporale annunziava l’arrivo di vaglia. Ma raramente si udiva: Mastriani (o Imparato), in fureria c’è un vaglia per te. I nomi erano i soliti: Davò, Calzini o altri benestanti. Ma un giorno, era il mio onomastico, il caporale grida incredulo: Mastriani, in fureria ci sono due vaglia per te. Non credevo alle mie orecchie, ma c’erano davvero! Erano stati mandati, uno di 2000 lire dalla mamma, e un altro di 3000 lire da nonno Ciccillo. La sera io ed Imparato andammo a festeggiare al Corvo Bianco, una trattoria sita nei pressi della caserma e dove di solito ci andavano i figli di mamma…

   La gente sorrise ad una notizia che arrivò dal Brasile, dove in una cittadina vicina a Belo Horizonte il sindaco aveva ordinato che, per rispetto al pudore, i cavalli, gli asini e i muli dovevano indossare le mutande, mentre in Europa era esplosa la moda della minigonna, che turbò all’inizio le coscienze e gli occhi dei benpensanti. Sofia Loren nell’aprile del 1966 sposò Carlo Ponti.

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   Nel 1966, dopo il congedo militare, tornai a lavorare nel nuovo stabilimento di Ponticelli, la Vetromeccanica, sempre di Carlo Azzi. Di quel periodo purtroppo non serbo un buon ricordo.

   Ci fu dapprima il licenziamento di papà, che aveva litigato in modo pesante con un suo superiore; e due anni dopo ci fu il fallimento della ditta. E in quell’autunno ci fu una catastrofica alluvione che sommerse gran parte della vecchia Firenze, provocando danni irreparabili alle opere d’arte. I telespettatori videro per TV il kolossal manzoniano I Promessi sposi in bianco e nero, poiché il Parlamento si era opposto alle trasmissioni a colori: il popolo italiano avrebbe fatto troppi debiti pur di comprare il TV-Color. In aprile morì il principe della risata, l’inimitabile Totò e nel mese di dicembre scomparve  negli USA Walt Disney, colui che aveva fatto sognare milioni di bambini nel mondo. Mentre a San Remo Luigi Tenco si sparò per protesta, perché era stato eliminato dalla competizione canora.

   In quel campionato 1966-67 la Juventus vinse al San Paolo, sotto una pioggia torrenziale. Nel primo tempo, si era ancora sullo 0-0, su un cross di Canè, Altafini con una mezza sforbiciata mise la palla nel sacco, ma l’arbitro, su segnalazione del guardialinee annullò il gol per un fuorigioco di posizione di un giocatore del Napoli estraneo all’azione del gol. La partita la perdemmo poi per 1-0 con un gol di Zigoni.

   Quell’anno lo scudetto lo vinse in modo rocambolesco proprio la Juventus che nell’ultima giornata di campionato, vincendo a Roma contro la Lazio, effettuò il sorpasso sull’ Inter, battuto clamorosamente dal Mantova per 1-0. Ci fu in quella partita una papera colossale del portiere Sarti su un tiro innocuo di Di Giacomo. Il Napoli si classificò al quarto posto.

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   Campionato 1967-68. Avevo 23 anni e il Napoli sempre con un bravo allenatore: Bruno Pesaola, ci classificammo al secondo posto dietro al Milan di Rivera, Prati e Trapattoni e che era allenato ancora dal grande Nereo Rocco. La squadra azzurra fece quell’ anno  una grande stagione, nonostante l’ infortunio che subì Sivori e che disputò poche partite, ma nel Napoli, oltre ad Altafini, quell’anno c’erano altri due fortissimi attaccanti: Barison ed Orlando.

   Bellissima fu la vittoria a Milano contro l’Inter per 2-1, ma ci fu anche la sconfitta, col medesimo risultato, contro la Roma; la ricordo bene quella partita: sulle gradinate dello Stadio Olimpico c’eravamo pure io e mio fratello Rosario.

   Il Napoli disputò una bella partita, Barison ridusse le distanze e Canè si mangiò il gol del pareggio all’ultimo minuto.

   La sera del 15 ottobre del 1967, Gigi Meroni tornava a casa soddisfatto. Il Torino aveva battuto la Sampdoria per 4-2. Già pensava all’incontro della domenica successiva: c’era il derby con la Juventus. Attraversando la strada, fu investito da un’ automobile. Un volo, la fine. Scomparve uno dei giocatori più popolari, più estrosi, più artisti, nel vero senso della parola.

   In Italia si svolse quell’anno la fase finale del Campionato Europeo. La squadra azzurra raggiunse la finale grazie alla monetina che ci favorì contro i sovietici.

   Quella partita la ricordo molto bene, perché sugli spalti del San Paolo c’eravamo anch’io e mio fratello, sotto una pioggia scrosciante. Partita e tempi supplementari erano terminati 0-0, e non erano previsti i calci di rigore ma il sorteggio. La monetina si lanciava negli spogliatoi alla presenza della terna arbitrale e dei due capitani.All’improvviso vedemmo uscire il nostro capitano Giacinto Facchetti con le mani alzate in segno di vittoria, ci fu un tripudio di bandiere. In finale a Roma battemmo la Jugoslavia in due partite. Nella prima riuscimmo a pareggiare verso la fine grazie ad una punizione bomba di Domenghini. Nella seconda partita, due giorni dopo, con giocatori freschi, vincemmo per 2-0 con gol di Riva e Anastasi.

   Rosario nell’agosto di quell’anno 1968, terminati gli studi con il diploma all’Istituto Professionale, su istigazione di papà, che faceva dei lavori saltuari, si arruolò in Marina Militare. La mamma aiutava la baracca lavorando per una ditta di pulizie, nella NATO di Bagnoli.

   L’anno successivo, un brutto episodio capitò a mia sorella Clelia. Abitavamo sul lungomare di Bagnoli, a via Pozzuoli, in quella strada transitava il tram n°1. Un giorno mia sorella, nello attraversare di corsa quella strada, per andare a recuperare una palla con la quale stava giocando con alcune amichette, nell’ interno del cortile del nostro palazzo,venne travolta da una moto, e per poco non ci lasciava la vita.

   La portarono al pronto soccorso di un ospedale di Pozzuoli e rimase poi ricoverata diversi giorni, in gravi condizioni. Si salvò, ma gli rimase sul volto una cicatrice permanente.

   Intanto il medico sudafricano Christian Barnard divenne un divo dopo aver effettuato il primo trapianto del cuore.

   In Sicilia, nel Belice la terra tremò, causando 400 morti.

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   Il campionato 68-69 è da ricordare per la partita Napoli Juventus giocata il 1° dicembre 1968 e vinta dal Napoli per 2-1 con doppietta di Montefusco. Ma questo incontro va citato in modo particolare per la grande rissa avvenuta alla fine del primo tempo, prima venne espulso Sivori per gioco pericoloso, poi successe l’impensabile, Panzanato litigò con Salvadore il libero Juventino e gli mollò un cazzotto in faccia, successe un parapiglia e vennero espulsi anche questi due giocatori e l’allenatore della squadra azzurra Chiappella. A Sivori gli affibbiarono 10 giornate di squalifica, al termine della quale il cabezon si ritirò dal calcio. Il campionato lo vinse la Fiorentina che era allenato dall’ex allenatore e giocatore del Napoli, Bruno Pesaola. Il Napoli si classificò settimo. Il Milan si aggiudicò la sua seconda Coppa dei Campioni battendo in finale gli olandesi dell’Ajax, e si aggiudicò anche la Coppa Intercontinentale battendo l’Estudiantes.

   Siamo nel marzo del 1969, avevo 24 anni, arrivò la chiamata da Torino, e venni assunto dalla FIAT come autista di auto-snodati. Era l’epoca del grande esodo dei meridionali al nord, specialmente da Napoli dove chiudevano tutte le grandi fabbriche. La mia avventura a Torino, però non durò molto: la fidanzata a Napoli, io ero giovane, le precarie condizioni per un posto per dormire, il freddo; me ne tornai a Napoli dopo quattro mesi e andai a lavorare, a San Giovanni a Teduccio, dall’amico Mignano, ex maestro vetraio, ci restai due anni.

   Un fatto straordinario avvenne quell’anno che cancellò anche il discorso del calcio: l’uomo in una notte di prima estate, mise il piede sulla Luna. L’orma lasciata da Armstrong sul suolo lunare fu un avvenimento storico seguito da milioni di telespettatori di tutto il mondo. Emozionante fu la telecronaca eseguita da Tito Stagno e Ruggiero Orlando da New York.

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  Nel campionato 1969-70 avevo 25 anni, il campionato lo vinse, prima ed unica volta nella sua storia calcistica, il Cagliari di Gigi Riva. Il Napoli perse al San Paolo 2-0 contro la squadra sarda, proprio con una doppietta di rombo di tuono.

   Il Napoli si classificò sesto con la seguente formazione tipo: Zoff, Nardin, Pogliana, Zurlini, Panzanato, Bianchi, Improta, Iuliano, Altafini, Montefusco, Barison. Confermato l’allenatore Giuseppe Chiappella, arrivò al Napoli la vecchia gloria Kurt Hamrin, Canè fu ceduto al Bari.

   Quell’anno ci furono i mondiali messicani e naturalmente il mio ricordo va alla partita del secolo Italia-Germania 4-3. Poi perdemmo la finale contro il Brasile per 4-1.

  In quel periodo lavoravo ancora da Mignano; abitavamo a Bagnoli, in una bella e grande casa di fronte al mare, in onore del marinaio Rosario, arruolatosi in Marina l’anno prima.

   L’Italia fu angosciata dalla strage terroristica di Piazza Fontana, a Milano, nella sede di una banca, dove l’esplosione di una bomba causò 17 vittime. Mentre al Brasile giunse la notizia  del gol n°1000 (incredibile) segnato da Pelè. A San Remo,  Celentano e signora vinsero con una canzone che lasciò perplessi i sindacalisti Chi non lavora non fa l’amore.

   Nel 1970 avevo 26 anni. Nell’aprile dell’anno dopo lasciai Mignano e andai a lavorare dai  Lettera a Mergellina, sempre come operaio vetraio, fu una vera fortuna poiché mi ritrovai con una bella famiglia, con padre e figli, poi stavo molto più vicino a casa. Ci restai per cinque anni, e fu un periodo che ricordo con piacere.

   I figli di don Eugenio il titolare: Salvatore, Antonio, Ciro e Gennarino (quest’ultimo mi portava spesso a Capri per lavoro, e mi fece conoscere i posti più incantevoli di questa isola meravigliosa), diventarono dei veri amici, ed oggi, dopo quarant’anni, quando c’incontriamo è sempre un piacere per entrambi. Anche dopo che cessò il rapporto di lavoro con loro, andavo spesso a trovarli .

   In quel periodo organizzavamo spesso partite di pallone al campo Densa di Posillipo, in alcune delle quali ci partecipò pure mio fratello Rosario, dopo che ebbe rinunciato alla vita di mare lasciando la Marina.

   In quel campionato 1970-71 il Napoli fece un gran torneo, si classificò terzo dietro le due milanesi. Lo scudetto lo vinse l’Inter.  Purtroppo devo registrare un’altra brutta pagina nella storia del Napoli. Al San Paolo era di scena il Milan, era una partita decisiva per lo scudetto. Volli portare, per la prima volta, Teresa allo stadio, che era gremito all’inverosimile, stavamo in curva B.

   Prima dell’inizio della partita ci furono spari di mortaretti e lanci di razzi in campo da parte dei soliti stronzi. Ad un certo punto un giocatore del Milan, colpito alla testa da un razzo venne portato fuori in barella. L’arbitro fece continuare l’ incontro per evitare guai peggiori. Ma la partita oramai non aveva più storia; infatti il Napoli perse poi la partita a tavolino 2-0, per colpa dei soliti teppisti, imbecilli, provocatori che non mancano mai.

   In Parlamento passò la legge Fortuna, con la quale gli italiani potevano divorziare, mentre gli americani passeggiavano ripetutamente sulla Luna.

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   Campionato 1971-72. Il mio ricordo più bello è relativo ad una partita al San Paolo contro la Roma. Eravamo nella curva, io, papà e Rosario che si trovava il licenza. Il Napoli vinse per 4-0, e tra i giallorossi giocava Cordova, un napoletano di Fuorigrotta che aveva giocato nella gloriosa Flegrea, squadra che poi scomparve. Il campionato lo vinse la Juventus, con un solo punto di vantaggio su Torino e Milan. Ma il distacco sarebbe potuto essere maggiore se i bianconeri non avessero subito il dramma Bettega, uno dei giocatori più bravi ed amati dagli italiani, il quale colpito da una grave malattia polmonare, non disputò buona parte del campionato. Si temé addirittura che non sarebbe più tornato sui campi di gioco. Ma ben curato, e in possesso di una forza di volontà non comune, guarì e tornò a giocare. Per il Napoli un anonimo piazzamento di centro classifica.  

   Il campionato era cominciato con un record negativo: nella prima giornata ci fu una invasione di campo compiuta dai tifosi napoletani a Firenze, dove gli azzurri persero per 2-1. La TV aveva messo in moto un aggeggio chiamato la moviola che diede ragione all’arbitro Concetto Lo Bello per un rigore assegnato ai viola nel finale della gara.

   Senza dubbio il 1972 fu l’anno più importante della mia vita. Stavo per compiere 28 anni, e in ottobre coronai il mio sogno d’amore sposando Teresa.

   Con le ottantamila lire che ci rimasero dopo aver pagato il pranzo al ristorante sul Lago d’Averno, partimmo con il treno per il viaggio di nozze. Trascorremmo una bella settimana a Venezia.

   Andammo ad abitare in un micro appartamento di Bagnoli, dove ci restammo per circa 16 anni e dove nacquero Anna ed Elisabetta.

   Il primo Natale da sposini lo trascorremmo in casa dei miei genitori, che abitavano pure a Bagnoli, in via Giusso. Nostri ospiti furono gli zii Peppino ed Antonietta, che erano stati i nostri compari di fede. Trascorremmo un bel Natale, c’erano anche i figli dei compari Titina e Giggino.

   Lo zio portò un bottiglione di vino di cinque litri con un collo lunghissimo, e che naturalmente si svuotò: eravamo tutti delle ottime spugne.

   I miei genitori alla fine di quel mese di dicembre traslocarono a Cercola e ci restarono per molti anni.

   Nell’agosto del 1973 diventai papà: Teresa mise al mondo una bambina dagli occhi chiari come la nonna ed alla quale fu dato il suo nome: Anna, che quando nacque ebbe problemi di respirazione per cui fu incubata e rimase per circa un mese all’Ospedale Pausillipon; fu in pericolo di vita, ma grazie alla bravura del professor De Filippo, la portammo a casa sana e salva.

   Quel campionato 1972-73, fu vinto dalla Juventus (che palle) con un ultima giornata di campionato al cardiopalma: il Milan aveva un punto di vantaggio su Juventus e Lazio; i rossoneri andarono a Verona dove, stanchi dopo la vittoriosa finale della Coppe delle Coppe disputata quattro giorni prima a Salonicco, persero rovinosamente per 5-3. La Lazio fu sconfitta a Napoli all’89.esimo con un gol di Damiani, e la solita opportunista Juventus vinse a Roma per 2-1 con un gol di Cuccureddu all’87.esimo! Dunque lo scudetto alla Juventus negli ultimi tre minuti di campionato! La squadra azzurra si classificò nona, e giocò con questa formazione base: Carmignani, Bruscolotti, Pogliana, Zurlini, Vavassori, Rimbano, Damiani, Iuliano, Abbondanza, Improta, Mariani, ma con il record di due anni di imbattibilità al San Paolo, che consolò debolmente i tifosi sotto shock, a causa del colera che quell’anno aveva colpito la loro città.

   La società aveva venduto Zoff alla nostra eterna nemica, la Juventus, in cambio di Carmignani e una bella sommetta.

   A Monaco le Olimpiadi furono turbate da un assalto di terroristi arabi alla squadra israeliana: ci furono quindici morti. Lo sport non fu più al riparo dalla violenza. In antichità le Olimpiadi facevano sospendere le guerre. Dopo quell’attentato le guerre misero in discussione lo svolgimento delle Olimpiadi.

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   Campionato 1973-74. Per la prima volta nella sua storia calcistica, vinse il campionato la Lazio di Giorgio Chinaglia.

   Il Napoli si classificò terzo dietro la Juventus; perdemmo l’imbattibilità in casa dopo due anni ad opera del Milan che espugnò il San Paolo per 2-1. Il ricordo più bello è legato alla partita con la Lazio; finì 3-3 sempre nello stadio di Fuorigrotta, segnò tre gol Chinaglia e due Clerici, un altro grande bomber.

   Il centravanti laziale fu anche protagonista di un Inghilterra-Italia, vinta dagli azzurri a Wembley per 1-0. Una prolungata, determinata azione di Giorgione, che sembrava racchiudere la rabbia del giocatore che ricordava i difficili anni della sua adolescenza trascorsi in Gran Bretagna, consentì a quattro minuti dal termine il gol vincente a Capello. Fu quella la prima vittoria azzurra sul suolo britannico, e che amareggiò assai gli inglesi che in quei giorni festeggiavano le nozze di Anna, la figlia della regina d’Inghilterra.

   Nel 1974 furono disputati i mondiali in Germania. L’Italia, battuta dalla Polonia,  fu eliminata al primo turno. Ricordo che vennero a vedere la partita in TV a casa nostra, mio cognato e grande amico Armando e sua moglie Graziella.

   Quell’anno ci fu pure il referendum per abolire la legge per il divorzio. Esso risultò negativo, gli italiani lo volevano proprio il divorzio.

   Alla fine dell’anno 1974 Rosario si congedò dalla Marina Militare dopo sei anni di ferma; s’imbarcò su una petroliera e cominciò a girare il mondo, riuscì pure ad andare a trovare la zia Elvira, sorella di papà a Brooklyn negli USA. Nel dopo guerra due sorelle di papà, Elvira e Antonietta, avevano sposato due americani, pertanto vivevano in America.

   Agli inizi dell’anno 1975, morì nonna Clelia dopo molte sofferenze. Di lei ho già raccontato qualche cosa che ne ha rivelato un carattere patriarcale ed autoritario. Anche nel giorno dei suoi funerali accadde un episodio triste. Ci fu una furibonda lite tra la perfida zia Chiara, l’indomabile zio Adolfo grande talento della pittura ma, anche lui di carattere estremamente duro, e lo zio Luigi. E per pochi soldi sborsati, non per il funerale, a questo ci aveva pensato già sensatamente la defunta, ma per regalie elargite ai terrasantieri. Dopo questo triste episodio, lo zio Adolfo se ne ritornò nella sua città adottiva Palermo e più non rivide la sorella Chiara e il fratello Luigi.

   Un pensiero particolare a zio Luigi al quale volevo molto bene. Mi avevano messo il suo nome poiché durante la guerra, non si avevano più notizie dal fronte e fu dato per disperso.

   Abitava, con la sua famiglia in una bella villa a Torre del Greco, dove ci andò a vivere poi il primogenito Antonio con la sua famiglia; al matrimonio di questo mio cugino con la moglie Maria, che venne festeggiato in un circolo al Monte di Dio a Napoli, ci andai insieme a Teresa. In seguito la madre di Antonio, la defunta zia Maria Cataldo, poiché aveva un negozio di modista a Torre del Greco, come regalo di nozze, prestò a Teresa l’abito da sposa. Oltre ad Antonio, professore di scuola e pittore, lo zio Luigi aveva altri due figli, Enzo ed Elio.  

   Apro una parentesi:

   Dopo molti anni di non voluto silenzio, ci siamo riavvicinati io e mio fratello Rosario, ai nostri cugini Antonio ed Elio in particolare, tutti e due  vivevano a Torre del Greco, poiché la loro madre, Maria Cataldo, come ho già scritto, aveva un negozio in quella città. Oggi mio fratello Rosario, ed Elio stanno effettuando un importante lavoro di ricerca sul nostro avo Francesco Mastriani, con la speranza di far conoscere alle nuove generazioni l’illustre romanziere napoletano dell’800, che tanto scrisse sulle sorti della nostra amata Napoli. Grazie all’aiuto di Elio, all’età di 63 anni riuscii a prendermi la licenza di scuola media.

   In quel campionato 1973-74 ci fu un grande Napoli, secondo posto, a soli due punti dalla solita Juventus. Ricordo che nel Napoli giocava il capellone Braglia, che segnava tanti gol, ma se ne mangiava anche un sacco. La formazione base del Napoli era: Carmignani, Bruscolotti, Pogliana, Burgnich, La Palma. Orlandini, Massa, Iuliano, Clerici, Esposito, Braglia. Allenatore Vinicio. Si può dire che lo scudetto la Juventus lo vinse grazie a due regali avuti dal Napoli: il portierone Dino Zoff e l’attaccante Josè Altafini che con un gol da rapina, nella decisiva sfida per la conquista del titolo, in seguito al quale venne chiamato dai tifosi azzurri core‘ngrato, costrinse il Napoli alla resa al Comunale di Torino per 2-1. Per inciso, Zoff aveva negato poco prima del gol di Altafini, il gol del vantaggio della sua ex squadra, con una grande parata.

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   Nel febbraio del 1976, avevo 32 anni, mi licenziai dai Lettera e aprimmo un negozio di vetrai a via Campegna, con una sontuosa collaborazione economica di Rosario, frutto dei suoi guadagni da imbarchi sulle navi petroliere. Questa avventura, negativa purtroppo, durerà solo tre anni.

   Nel settembre del 1976, Rosario sbarcò definitivamente, tornò a Napoli e collaborò con noi nel negozio. Penso che l’ unica cosa positiva per lui in quel periodo sia stato l’incontro felicissimo con Pina, che abitava da quelle parti e divenne poi la compagna della sua vita.

   Nello stesso anno, oltre al negozio di vetri, papà prima ed io e mio fratello poi, per incrementare le entrate, facemmo gli autisti presso una scuola privata, la Minerva, due volte al giorno, con due pulmini; la mattina prendevamo i bambini dalle loro abitazioni e li portavamo a scuola, per poi riportarli alle loro case al termine della giornata scolastica.

   La sera del 14 marzo del 1976, all’Ospedale Fate bene Fratelli in via Manzoni era nata Elisabetta, la mia seconda figlia.

   Per il campionato 1975-76, il Napoli aveva acquistato per una somma mai vista prima, due miliardi di lire, l’attaccante del Bologna Beppe Savoldi, che fece un discreto campionato, di lui ricordo un grandissimo stacco di testa e la sua strana andatura in campo. Il Napoli non andò più in là del quinto posto. Il titolo se lo aggiudicò il Torino di Pulici e Graziani, tornato grande dopo la tragedia di Superga.

    Seconda Coppa Italia per gli azzurri che batterono in finale il Verona 4-0.

   In Spagna con la morte di Franco, crollò un’altra dittatura e il re Juan Carlos ristabilì una monarchia costituzionale, mentre l’Italia piangeva le vittime del terremoto in Friuli

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    Il campionato 1976-77, fu vinto dalla Juventus (e son 17) fortissima di Bettega, Causio, Scirea, Cabrini, giocatori che formarono l’ossatura della nazionale che disputò, l’anno dopo, un buon mondiale in Argentina. Per il Napoli, penalizzato di un punto per cumulo di squalifiche del campo, un campionato di centro classifica. Supremazia del calcio torinese. Al secondo posto si classificò il Torino, ad un solo punto dai bianconeri e che precedette la terza classificata, la Fiorentina, di ben quindici punti!

   Scomparve in Cina Mao Tse Tung, mentre una tragedia scuoté il calcio italiano: il giocatore della Lazio, Re Cecconi, per uno scherzo, si finse rapinatore, venne ucciso dall’amico gioielliere con un colpo di pistola. La vicenda sottolineò l’ irrealtà e l’isolamento culturale in cui vivevano i giocatori italiani.

   Ci fu gloria per il tennis italiano che in Cile, per la prima volta nella storia, vinse la Coppa Davis con Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli.

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   Campionato 1977-78. Paolo Rossi rifiutò il trasferimento al Napoli (bella latrin!). In questo stesso anno andammo a vedere il Napoli in trasferta a Perugia, in pullman. Perdemmo 2-0 ma trascorremmo una magnifica giornata. Aveva organizzato tutto Gabriele, cognato di Armando. C’erano anche Rosario e nostro cugino Franctiello. Al secondo gol del Perugia, i tifosi del Napoli che erano dietro la porta della squadra azzurra, lanciarono addosso al malcapitato portiere Mattolini, che fece una papera colossale, di tutto: scarpe, ombrelli eccetera. Il campionato lo vinse la Juventus davanti alla rivelazione L.R.Vicenza di Paolo Rossi e al Torino. Per il Napoli un anonimo sesto posto.

   In novembre un altro grave lutto colpì il calcio italiano: durante la partita Perugia-Juventus morì il giocatore Renato Curi. Il suo cuore non era a posto e le responsabilità per questa morte si persero lontane.

   L’Italia, ancora scossa dal rapimento e dall’assassinio di Aldo Moro partì per il mondiale in Argentina. Trascinata dall’ esordiente in azzurro Paolo Rossi, e con un’ottima ossatura della collaudata squadra juventina, l’Italia disputò un buon mondiale, arrivando alla finale di consolazione, persa contro il Brasile; ma in compenso fummo l’unica squadra in quel torneo a sconfiggere la squadra, l’Argentina, che vinse quel mondiale battendo l’Olanda in finale.

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   Nell’anno 1979, avevo 35 anni, ci fu una svolta importante nella mia vita. Dopo tante peripezie trovai un lavoro importante tramite un annuncio sul giornale. Venni assunto dalla ditta De Laurentiis, come autista, posto che lasciai in seguito a mio fratello Rosario, in quanto io passai magazziniere. In quella ditta di rappresentanze, ci restai per 14 anni.

   Per il Napoli quello del 1978-79, fu un campionato anonimo, si classificò al sesto posto. Il titolo lo vinse il Milan di Rivera, Capello e Baresi, che diventò la terza squadra, dopo Inter e Juventus, a fregiarsi della stella dei dieci scudetti conquistati. Al secondo posto la rivelazione Perugia che terminò il campionato imbattuto, mentre la sorpresa dell’anno precedente, il L.R.Vicenza, retrocesse in Serie B.

   Dopo soli 33 giorni di pontificato morì Papa Luciani, la cui morte è ancora avvolta nel mistero. Il Conclave elesse Carol Woytila, un papa straniero dopo cinque secoli.

   Sarà Giovanni Paolo II e cambierà la storia. In Persia lo scià lasciò il comando all’ayatollah Khomeini, e cominciò in tal modo la sanguinosa rivoluzione islamica, e non solo in quel Paese. La Thatcher, prima donna nella storia inglese, prese il timone della politica britannica. In Italia si sposò Gigliola Cinguetti… ormai aveva l’età!

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   Nel campionato successivo 1979-80, il Napoli del dopo Iuliano ebbe degli alti e dei bassi, in verità più bassi che alti. Nelle sue file non c’era più Totonno, ma giocatori come Vinazzani, Speggiorin, Ferrario, Capone ed altri. Undicesimo posto in un campionato vinto dall’Inter, e che verrà ricordato per motivi molto lontani dallo sport: scandalo delle scommesse clandestine e delle partite truccate. Milan e Lazio vennero dichiarate  colpevoli  di illecito sportivo e retrocesse in Serie B.

   Squalifiche anche per giocatori importanti come Paolo Rossi (meno male che non volle venire a Napoli), Wilson, Giordano, Albertosi, e altri meno conosciuti.

    Un razzo, prima dell’inizio della partita, lanciato dalla curva romanista uccise il tifoso laziale Vincenzo Paparelli. Si giocò lo stesso, ma lo sport uscì avvilito dalla vicenda. Pietro Mennea conquistò il record mondiale sui 200 metri, alle Univesiadi di Mexico City, record che resistette fino al 1996!

   Nel settembre di quell’anno 1980 Rosario e Pina si sposarono e andarono ad abitare in una villetta, in affitto, nei pressi del Villaggio Coppola a Castelvolturno e dove nacquero Marcella e Marco.

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   Nel campionato 1980-81, vennero riaperte le frontiere calcistiche, chiuse nel 1966, dopo il fallimentare campionato del mondo dell’Italia in Inghilterra. Il Napoli, con Iuliano come dirigente, riuscì a portare all’ombra del Vesuvio il fortissimo difensore olandese Ruud Krol, e fece un ottimo campionato, classificandosi terzo dietro alla solita cessa Juventus di Brady, campione d’Italia, ed alla Roma di Falcao.

    Ci fu una clamorosa sconfitta decisiva per la conquista dello scudetto, il Napoli perse per 1-0 in casa al San Paolo, contro il già retrocesso Perugia.

   La formazione base del Napoli di quell’anno era: Castellini, Bruscolotti, Marangon, Guidetti, Krol, Ferrario, Damiani, Vinazzani, Musella, Nicolini, Speggiorin.

   Eloquente una dichiarazione di Krol, ad un giornalista che gli fece un’intervista, disse il difensore olandese: andai a casa dopo una partita vinta dal Napoli ed avevo ancora nelle orecchie il mio nome acclamato dai cinquantamila tifosi… Rudy… Rudy… Rudy…

    Di quell’anno ho un bruttissimo ricordo. Il 23 novembre (e chi so scord mai) un catastrofico terremoto fece più di tremila vittime; interi paesi cancellati dalla cartina geografica. Le zone più colpite furono la Basilicata, la Campania, ed in particolare l’Irpinia che ebbe la peggio, molte vittime anche a Napoli. Un intero palazzo crollò a Poggioreale, dove ci furono centinaia di morti. Molti edifici subirono gravi danni, e tra questi anche quello dove era ubicata la nostra ditta.

   Per un breve periodo ci rifugiammo nella casa di mio fratello Rosario a Castelvolturno.

   Quell’anno morì assassinato il cantante ex Beatles, mio idolo John Lennon, colpito da un lurido fanatico drogato. Il trentenne turco Alì Agka, sparò al papa polacco, ferendolo gravemente, in piazza San Pietro a Roma. Nello stesso anno, in estate, ci furono le nozze favola, tra Carlo d’Inghilterra e lady Diana.

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   Nel 1982 ci stavamo pian piano riprendendo dalla tragedia. La camorra aveva già messo le mani sui soldi per il dopo terremoto, amen.

   Il Napoli fece un buon campionato 1981-82 e si classificò quarto, nonostante che si fosse rafforzato con due bidoni: Palanca e Maniero.

   La formazione base era la seguente: Castellini, Bruscolotti, Citterio, Guidetti, Krol, Ferrario, Damiani, Vinazzani, Palanca, Criscimanni, Pellegrini. Il campionato lo vinse di nuovo la Juventus, che conquistò il suo ventesimo scudetto e il diritto di fregiarsi della seconda stella.

   Quell’anno ci consolammo con il mondiale. Infatti, a sorpresa, l’Italia di Bearzot vinse il titolo in Spagna. Grazie ai gol di Paolo Rossi, gli azzurri riuscirono a superare squadroni come l’Argentina di Maradona e il Brasile di Zico e Falcao. In finale battemmo la Germania per 3-1. Il Presidente della repubblica Sandro Pertini esultò in tribuna accanto al re Juan Carlos di Spagna. Eravamo campioni del mondo per la terza volta.  

   Nelle isole Falkland ci fu guerra tra Inghilterra e Argentina. La violenza divenne elemento inquietante della nostra vita.

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   Campionato 1982-83. Il Napoli comprò Ramon Diaz (il puntero triste), compagno di nazionale nelle giovanili argentine di Maradona, che a quei tempi giocava nel Barcellona.

   Quell’anno pigliamm nu sacc e mazzat, rischiando la retrocessione in Serie B. Lo scudetto se lo aggiudicò la Roma di Falcao, Conti e Pruzzo, dopo 41 anni dal suo primo e unico titolo. Il 20 febbraio Dino Zoff compì 40 anni, anziano, ma sempre in prima fila come atleta e come uomo: un esempio inimitabile nello sport.

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   Campionato 1983-84. Idem con patatine: un disastro. Ci salvammo dalla Serie B grazie al compianto Dirceu e Celestini che prese tante botte e tanti… rigori. Lo scudetto lo vinse la Juventus di Platini, Scirea e Boniek, davanti alla Roma di Falcao, Cerezo, Pruzzo. Nello stesso anno la Roma perse all’ Olimpico la finale di Coppa dei Campioni ai rigori contro il Liverpool, la partita era finita 1-1 anche dopo i tempi supplementari. Per la disperazione degli 80 mila romani, l’ ultimo rigore lo sbagliò Bruno Conti, una bandiera giallorossa.

   Una domenica del mese di dicembre di quell’anno ci fu una sciagura che fece passare in secondo piano la giornata calcistica. Un pullman carico di marinai in gita premio, da La Spezia doveva raggiungere Torino, dove era in programma la partita Juventus-Inter. Il pullman saltò da un viadotto e i giovani marinai perirono quasi tutti. Mio fratello Rosario (ex marinaio) e tutti i tifosi nazionali, rimasero addolorati.

   Alle Olimpiadi di Los Angeles l’Italia conquistò significative medaglie d’oro: i fratelli Abbagnale nel canottaggio, Cova in atletica, Numa, Giovannetti Dorio nella scherma. Erano atleti giovani, il mondo passò nelle loro mani. La musica rock sembrava essere il loro inno

   In quell’anno 1984 mio fratello Rosario, che nella ditta De Laurentiis era passato nel reparto assistenza, per divergenze con il titolare della ditta, fu licenziato. Fu uno dei momenti più tristi per me, perché non fui in grado di far niente per lui, poiché aveva offeso gravemente, con parole dure, fuori luogo, la famiglia De Laurentiis, lui era fatto così.

  Insieme ad un altro collega della nostra ditta, il suo amico Lello Calabrese, tentarono la fortuna in proprio, aprendo un centro assistenza in via Pisa. Ma non gli andò bene, e l’anno successivo fece le mappatelle e con la sua famigliola si trasferì a Sassuolo.