6 GENNAIO 1891

     «Il Piccolo» di Napoli

   È morto Francesco Mastriani, il romanziero napoletano, l’autore della Cieca di Sorrento, del mio cadavere, dei Vermi, di cento volumi che ebbero sotto tutte le forme, nelle appendici dei pubblici fogli, nei libri, in teatro, centinaia di migliaia di lettori, di uditori.

   Francesco Mastriani nacque in un paese, il quale obbliga quasi tutti i suoi figli a scrivere una lingua che non parlano, e che non aveva e non ha neppure oggi una speculazione libraria; nacque quando il giornale, da cui dopo tutto, egli ricavò anni di miseria piuttosto onorata, non esisteva neppure allo stato di sicurezza qualsiasi, sebbene lontana, che potesse pagare uno scrittore. E in condizioni simili, Francesco Mastriani fu una specie di Alessandro Dumas (padre) napoletano; e preluse quasi alle audacie di Zola. Come Antonio Ranieri, con l’Orfana dell’Annunziata, prima del Sue, avea creato proprio qui, sulle sponde del povero Sebeto, il romanzo sociale, così Francesco Mastriani, previde e intravide, molti anni prima dell’Assommoir, il romanzo naturalista. Mi ricordo sempre, in non so più quale dei suoi libri, d’una setta napoletana di così detti Mennoni, che avrebbe fatto l’invidia del caposcuola francese; così altre cento prove si potrebbero assegnare del talento insigne d’invenzione, che non fu inferiore nel Mastriani a nessuno dei moderni; e un esame attento dell’opera sterminata del romanziero napolitano condurrebbe a ragionamenti che non vogliamo fare; né oggi né mai prenderemo il morto per gettarlo addosso ai vivi; tanto più che, non ostante l’olimpico disdegno, molti vivi non vissero mai tanto quanto questo morto!

   Certo però è oggi morto il romanziero napolitano; il solo che il popolo, proprio il vero popolo di Napoli, leggeva e comprendeva; il solo di cui il nome era conosciuto nelle botteghe, nei tugurii, dovunque la gente povera ed umile si annida. E naturalmente è morto povero, stentando fino all’ultimo per le poche lire del suo lavoro quotidiano.

   Sia pace all’anima sua e benedetta sia la sua memoria. Egli non adulò mai nessuno, neppure il popolo che lo leggeva e lo comprendeva e che ha perduto oggi il suo autore.

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   LETTERA AL  «Roma»

   Ill.mo Sig. Direttore del Giornale Roma.

   Addolorati profondamente del triste ed inaspettato annunzio della morte del celebre romanziero Prof. Francesco Mastriani, sentiamo il dovere di fare alla S. V. Ill.ma le nostre  più sentite condoglianze per la gravissima ed inestimabile perdita d’uno dei migliori collaboratori del Roma. Francesco Mastriani, il celebre e simpaticissimo romanziero, il difensore delle classi lavoratrici, modello d’onestà esemplare, severo monito alle generazioni presenti, lascia questa Napoli, ch’egli tanto amò, ricordi dolci ed ineffabili.

   Noi, appassionati lettori delle sue pregevoli opere letterarie, schiantati dal dolore, ci associamo al lutto generale.

   Rinnovandole le più sentite condoglianze, le porgiamo i nostri omaggi, pregandola di crederci con la dovuta considerazione.

                                                                  Di Lei devotissimi

   Ercole Scognamiglio, Federico Tarantino, Luigi de Rosa, Vincenzo Collo, Amalia Romano, Raffaela Cappiello, Vincenzo d’Alessio, Gennaro Palumbo, Salvatore Falanga, Michele Benigno, Matteo Balzamo, A. Caprio, Errico Caprio, Luigi Tedesco.