INTRODUZIONE. 8 gennaio 1846

   Mal abbia chi il primo appiccò un’ Introduzione al suo giornale! Questa sciocca usanza che si è di poi talmente diffusa che oggidì egli è un vero scandalo, se nel cacciar fuori un nuovo periodico, o al cominciar di un novello anno, un povero giornalista non mandi il cervello a sparviero per dire due pappolate d’Introduzione.

   Domando un poco quale utilità ne viene all’opera? Forse che la mercanzia da spaccia si fa più bella o più pregevole per via di cotesti ampollosi scilomi, i quali se cangi la forma, si rassomigliano quasi tutti nella profusione di promesse che si fanno agli innocenti associati? Queste introduzioni rassembrano perfettamente ai teatrali prospetti di appalto, nei quali sono infinite le proteste di sviscerato amore pel pubblico che fanno gli intraprendi tori, per accalappiare gli inesperti e i corrivi.

   Questa volta però non possiamo tenerci dal dire due cosarelle ad obbietto di far conoscere ai nostri lettori la novità, o per meglio dire l’ammiglioramento che offriamo loro, incorporando nel nostro giornale il Dagherrotipo, che da qualche tempo il gentile nostro amico culto giovane Gaetano Somma dirige con tanta perspicacia. Il Sibilo e il Dagherrotipo sonosi dato un simpatico amplesso col quale hanno deposto l’uno in sen dell’altro le proprie forze per formare un giornale che vieppiù pretender possa a favorevole opinione ed a benevol accoglienza. Ingrandendosi notabilmente, come vedete, nella forma, il Sibilo estenderà eziandio le rubriche dei suoi articoli, e la svariatezza dei subbietti. Le chiare e dotte penne che fregiavano le pagine del Dagherrotipo, non lasceranno di arricchire il Sibilo di bei lavori letterari. Con questa riunione dei due giornali abbiamo voluto dare agli associati argomento del nostro animo grato al buon viso che han fatto finora alle nostre fatiche.

   Il Sibilo comincia dunque il terzo anno della sua carriera, e quel che è peggio, questo fanciullo borosietto minaccia ora di vivere lungo tempo perché ha molto fiato in corpo, e molto spazio a percorrere. Modesto in pari tempo ed altiero, la satira e la lode gli sono indifferenti, purchè proceda con coscienza nell’intrapreso cammino. La letteratura periodica è la letteratura del popolo, e nel popolo non mancano di quei monelli che per mal talento sparlano di così bella istituzione; ma molto antica è la guerra dei pigmei col sole, e più vieta è ancora la irriverenza degli stolti per ciò che non intendono o non vogliono intendere, che misero ad un tempo e nobil mestiere è quello del giornalista! Consumare la vita e l’ingegno su pagine volanti che dai più vengono lette per ispirito di critica o di derisone; lavorar pel bene del proprio paese: essere martire della versatilità del proprio ingegno; e ottener per guiderdone il nulla… o peggio. Vorrei dire qualche cosa di lieto e di ghiribizzoso agli associati, e massimamente alle colte e gentili donne che onorano con le loro firme questo nostro giornale; e tanto più mi verrebbe il talento di celiare, quanto che lo schiudersi del nuovo anno 1846 mi porgerebbe argomento di auguri e di felicitazioni. Ma che volete! Sovente io mi lascio trasportare dall’atrabile, e allora la mia penna sfugge di toccare cose liete ed amene. Non però vi prometto, amatissime donne, di narrarvi certe novellette, le quali (così baldanzosa è la mia speranza) avranno il dolcissimo vanto di richiamare sulle vostre labbra il riso o almeno il sorriso. Piacciavi secondare questa mia bella intenzione con la naturale ilarità del vostro animo, al quale io auguro perfetta pace e letizia. State sane, ed amate il vostro umilissimo servo.

            Francesco Mastriani

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   Fu pubblicato sul giornale La Domenica, l’11 novembre 1866