LA BIRRA

   Signori, noi siamo in Napoli, almeno finora abbiamo creduto di trovarci sul solito Sebeto e sotto il solito bel cielo più o meno capriccioso e incantevole come tutte le belle; ma abbiam preso un granchio a secco; abbiamo aperto le carte geografiche, abbiamo dato un occhio a’mappamondi, abbiamo consultato la sfera armillare, e non ne abbiamo capito niente: giacchè abbiamo perduto la bussola. Abbiamo alzato la testa e guardato in cielo per verificare i gradi di longitudine e di latitudine sotto i quali sia situato il clima di Napoli, e non abbiamo veduto quelle tali linee onde i geografi si ostinano a rigare le loro carte come se dovessero farne una scacchiera; onde non ci è stato possibile di prendere qualche schiarimento per questa via, e ci abbiamo rinunziato. Abbiamo dato uno sguardo verso l’oriente e non abbiamo ritrovato il Vesuvio tale e quale ce lo dipingono i pittori, e per conseguenza abbiam creduto che la montagna lì piantata non fosse propriamente il Vesuvio. Abbiamo consultato le guide e gli almanacchi, e non siamo stati più avanzati nelle nostre ricerche. Finalmente abbiamo osservato i costumi del paese, e ci siamo perfettamente convinti che noi siamo in Germania, in Inghilterra, a’Paesi Bassi e in altre nordiche regioni, ma non mai in Napoli. Egli è avvenuto certamente che la terra ha fatto un movimento di rotazione un poco più violento del consueto, e ci ha balzati dal Mediterraneo all’Oceano.

   Sì, signori, giurate sulle nostre parole che Napoli è andata a farsi una passeggiata sul Tamigi o sul Meno. E ve lo dimostreremo.

   Voi avete inteso a parlare di quella bevanda che fa fare più o meno le smorfie a chi la tracanna? di quella bevanda esotica che ha certi colori e certi sapori e certi profumi che ricordano qualche funzione organica del cavallo? di quella bevanda che per parodia allo sciampagna, spumeggia e freme ne’bicchieri? di quella bevanda in fine, di che fa uso, anzi abuso tutto il Settentrional cedoco sito, il quale non patisce la crittogama per la semplice ragione che non ha vigne? In somma, voi conoscete la birra, l’avrete assaggiata e quindi sputata, conoscete questa bevanda che i Francesi chiamano bière, dando lo stesso nome anche alla bara? Ebbene, signori, oggi la birra è in fiore nel nostro paese; e ciò vuol dir propriamente che i napolitani non sono più napolitani.

    Andate nelle sale da caffè, nelle trattorie, nelle case private, e non vedrete che bevitori di birra di prima forza, i quali non indietreggiano neppure innanzi alla terza bottiglia. Vi sono di quelli qui font la mons, come direbbero i birristi della Senna, ma costoro vi si avvezzano a poco a poco, come si avvezzano a fumare, non ostante le sofferenze che il sigaro lor procura in sul principio.

   Era ben giusto che nel secolo de’cavalli l’orzo fosse anche l’elemento costitutivo della principale bevanda dell’uomo. E noi portiamo opinione che non andrà guari e le carrubbe diventeranno il cibo più alla moda e più ricercato.

   Pochi giorni fa, noi andavamo per quella strada che a Napoli si chiamava Capodimonte. L’ora del tempo e la bella stagione c’invitarono ad entrare in una specie di bottiglieria che è a mano dritta. Appena giunti sulla soglia del Restaurant, un parlar novello ne colpì gli orecchi, era propriamente il linguaggio che si parla in Sassonia, a Wurtemberg, a Lipsia. Entrammo, una scala ci condusse ad un recinto fiammingo, dove scorgemmo una gran pira, che ci fece ricordare la felice memoria del Trovatore, e poi una specie di terrazza, dove bellamente ordinate si scorgeano molte tavole, intorno alle quali molti lions puro sangue erano seduti bevendo, mangiando e fumando. Un garzone ci presentò due bottiglie di birra, e ci domandò se volessimo due pasticcetti cui egli diede un barbaro nome.

   La birra era in tutta la sua verve in quel luogo; ivi non si beve che birra e non si mangia che roba tedesca. Caflish manda i suoi bucanieri da Toledo a Capodimonte, ed il pubblico è ben servito. L’ate, il porter, le beer, la Small beer, tutto è squisito, eccellente, confectionnè a maraviglia.

   Ora sì che noi sfidiamo la crittogama. Il gragnano, il maraniello, l’asprino che un tempo formavano la delizia de’nostri genitori, son rimasti dolci memorie. Omnia tempus habent, ed ora è il tempo della birra, che siede regina sulle mense, alla barba del Sillery e di tutte le altre composizioni della Chimica moderna, alle quali gli appassionati si ostinano ancora a dare il nome di vino.

                                   FRANCESCO MASTRIANI