LE LAVANDAIE DEL VOMERO

 

 

   Signori, il mondo non è più quello di una volta; questo già lo sapete; il secolo nostro è il secolo della maraviglia che non fanno più maraviglia. Abbiamo veduto il sole indisposto fiscalmente, la luna ammalata d’itterizia, le stelle passeggiare in pieno meriggio sulla strada di Toledo, abbiamo contemplato l’anno passato senza sorprese le scimmie e i cani di Casanova eseguire de’ ballabili e de’ passi a due meglio che le ballerine di rango francese; abbiamo assistito ad occhio secco a tutte le tragedie inurbane e abbiam letto senza commuoverci tutte le miserie sentimentali, di cui i nostri poeti ci han fatto confidenza nelle strenne. Onde non vi arrecherà nissuna maraviglia il sapere che le famose lavandaie del Vomero, quelle povere e innocenti creature che una volta richiamavano appena lo sguardo di qualche annoiato villeggiante, ora han dato un calcio alle più eleganti damine  de’ salotti e assorbono gli aurei pensieri de’ più affumicati leoni della capitale.

   Si, signori, il mondo è cambiato, i gusti sono mutati, e l’amore, discacciato a fischi da’ salotti, se n’è scappato nelle campagne del Vomero, pigliando il suo posto nelle conche de’ bucati, e ha consegnato le sue frecce alle callose mani delle ninfe che popolano i bassi del Vomero. La villeggiatura non è finita per un gran numero di garçons, i quali, ristucchi delle solite moine delle solite damine delle solite periodiche, han fissato il loro domicilio nelle circostanze d’Agnano, Belvedere, Arenella, e hanno affidato i loro cuori alle belle figlie del sapone. Parlasi di varî matrimonî in prospettiva; e più d’una di quelle tortorelle fresche e vermiglie avrà l’onore di apparire col cappellino e col talmà; almeno questa è la speranza che lor si fa concepire, speranza alimentata ogni dì dalle dolci paroline de’ loro amanti miste a’ buffi de’ loro sigari.

   Abbiamo veduto nello scorso ottobre queste gentili contadinelle, che sdegnano ormai la compagnia de’ loro uomini, sfolgorar di vezzi naturali in qualche salotto di casina a ballar la polka e anche la varsovienne; abbiam veduto i guanti paglini stringer la mano di Filomena, di Carminella, di Luisella, di Agnesina e strascinarle ne’ vortici del ballo attuale.

   Il mondo è cambiato. La tarantella si balla nei salotti dell’aristocrazia e il valser tedesco ne’ cortili del Vomero. Evviva il gusto de’ nostri giovani alla moda!

   Presto, presto, belle signorine della capitale abbandonate da’ vostri amanti, volete riacquistare i loro cuori? Presto, ora è carnevale, travestitevi da contadine, correte alle casine dove questi signori se la intendono colle nuove signorine, e, dimenticando la squisitezza della vostra favella e de’ vostri modi, fatevi lavandaie del Vomero. Non dimenticate di aggiungere un poco di belletto a’ vostri volti; giacchè la gelosia li renderà assai pallidi; e quelle signorine non peccano del colore del sentimentalismo.

                                                                                                Francesco Mastriani

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   Fu pubblicato sul giornale Il Palazzo di Cristallo il 30 gennaio 1856