MASTRIANI IL TESTIMONE PER ECCELLENZA DELLA REALTÀ NAPOLETANA

   Relazione pubblicata sul libro « Francesco Mastriani. Nel Bicentenario della sua Nascita», Aversa Tipografia Bianco, 2019, pp. 111-122, in occasione delle celebrazione per il bicentenario della nascita dello scrittore.

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.  Per prima cosa un immenso ringraziamento a tutti coloro che, con il loro impegno, hanno reso possibile la realizzazione di questo evento, e cioè la celebrazione del Bicentenario della nascita di Francesco Mastriani, obiettivo che ci avevamo preposto una decina d’anni fa mio cugino Emilio ed lo scrivente Rosario.

   Questo Convegno è stato fortemente voluto da noi, discendenti di questo scrittore napoletano dell’800, che ancora oggi, secondo il nostro parere, non è riuscito ancora a trovare un posto, nella letteratura italiana, pari al suo indubbio talento di letterato.

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   Ricordo con commozione un giorno in cui ci incontrammo mio cugino ed il sottoscritto, nella mia casa di Fiorano Modenese; non ci vedevamo da oltre trent’anni, e tra una forchettata di rigatoni al sugo, e un buon bicchiere di lambrusco, dopo aver scoperto che entrambi avevamo la passione per lo studio del nostro antenato, ci promettemmo di scambiarci notizie, opere e quanta’altro che l’uno possedeva del nostro avo e all’altro mancava, nonché di studiare in maniera più approfondita lo scrittore.

   Mio cugino Emilio, bontà sua, mi diede in seguito il ruolo di ricercatore di questo studio, funzione che accettai ben volentieri, anche se devo dire che ad esso ci sono arrivato quasi per caso. 

   Appassionato fin dall’adolescenza per la lettura (i miei primi autori sono stati, come da prassi giovanile, Salgari, Verne, Dumas padre, insomma quegli scrittori che dell’avventura facevano il loro subbietto), i primi romanzi di Mastriani li lessi grazie al mio nonno materno Ciccillo Santangelo, che gestiva una bancarella di libri e giornaletti usati, a via Foria, antica strada di Napoli. Dell’editore Lucchi di Milano lessi, dapprima La cieca di Sorrento, La Contessa di Montes e La Sepolta viva, poi cominciai in seguito a scoprirne e leggerne altri finché Mastriani divenne il mio autore preferito, e non solo per appartenenza genealogica.

   Devo dire che la lettura di nessun autore mi ha fatto mai provare le emozioni del nostro avo. Non so quante volte ho letto La Cieca di Sorrento e I misteri di Napoli, eppure mi succede sempre che, nel rileggere alcune pagine di quei romanzi, mi ritrovo gli occhi umidi.

   A parte il lato sentimentale, mi piaceva leggere quei romanzi per vari motivi; intanto diversi di essi, e in particolare quelli storici, si svolgevano in un periodo, quello delle Guerre d’Indipendenza del nostro Paese, a me particolarmente gradito.

   Il narratore, essendo nato il 1819, aveva vissuto, infatti, in prima persona il burrascoso 1848 – come lui lo definiva – per cui era stato un testimone diretto di quel lasso di tempo, e ciò che ha scritto in alcuni romanzi, inerenti quel periodo, va letto e valutato con la dovuta attenzione.  

   Direi che leggendo le opere di Mastriani, si riesce a capire a fondo come era la Napoli della fase borbonica e quella post unitaria.

    Ho cercato poi nel corso della mia vita, di completare la collezione completa dei lavori del nostro avo, girando per le librerie di Napoli e in seguito, attraverso l’aiuto telematico, percorso che ha seguito anche mio cugino Emilio. 

   Attualmente possediamo di molti romanzi svariate edizioni, alcune delle quali originali. Il nostro sogno era di riuscire a procurarci la collezione completa delle opere di Mastriani, ben 105 titoli; ma ciò all’inizio era impossibile poiché ben trentadue di essi non avevano mai visto la luce in volumi, ma erano stati pubblicati solo a dispense sul quotidiano Roma (da qui anche l’aggettivo di feuitellonista attribuito al romanziere).

   Noi due cugini, però caparbiamente, ed in seguito ad una laboriosa collaborazione durata una decina d’anni, siamo riusciti a completare la raccolta e possiamo dire che oggi forse siamo gli unici a possedere la collezione completa di tutti i romanzi di Mastriani, che possiamo affermare sen’alcun dubbio che è composta da 105 titoli che sono tutti in nostro possesso.

    L’unico dubbio rimasto riguarda il titolo La gente per bene, presente nella biografia autografa di Mastriani e di suo figlio Filippo. Al momento non siamo riusciti a reperire alcuna edizione, né altra notizia.

   È probabile che il titolo La gente per bene è un rifacimento dei Figli del lusso, da identificare con quello intitolato Oro e fango-Storia infernale, pubblicato in appendice sul Roma. In un elenco della Casa Editrice Salani di Firenze, in nostro possesso, il titolo completo che danno al libro è La gente per bene o schizzi di costumi contemporanei.  In definitiva i romanzi di Mastriani, se vogliamo considerare La gente per bene e Novelle Scene e racconti, ne sono 107, mentre senza i due summentovati, ne sono 105.

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   Emilio, a suo tempo, come faceva già suo padre Luigi, si recava nella Biblioteca Nazionale di Napoli nella Sezione Lucchesi Palli, e fotografava dalle ingiallite pagine del Roma le dispense dei romanzi dello scrittore, foto che poi salvava sul PC, le stampava e le inviava al sottoscritto che le rielaborava, ed ora sono in nostro possesso in versione digitale.

    È ovvio che per portare a termine tale lavoro, mi capitava di dover rileggere gli inediti più volte. Ma a dir la verità, quasi tutti i romanzi di Mastriani li ho letti e studiati diverse volte e proprio grazie a questa mia passione sono riuscito a scoprire delle cose che erano sfuggite a chissà quanti bibliografi.

   Io sono convinto (e non sono il solo a crederlo!) che nessun studioso in nessuna epoca si è presa la briga di leggere tutti i 105 lavori di Mastriani.

   Grazie anche all’aiuto della Prof.ssa Cristiana Anna Addesso, all’impegno di mio cugino Emilio e del sottoscritto, possiamo affermare con assoluta certezza di aver realizzato la più completa bibliografia dei romanzi di Francesco Mastriani.

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   Nel mio lavoro di ricercatore ho fatto diverse scoperte, alcune molto importanti come quella del titolo Una passione fatale, che per molti bibliografi viene dato per opera incompiuta di Mastriani, mentre è un altro titolo di La maledetta. Altra scoperta importante è stata l’ aver rinvenuto pubblicazioni di uno stesso romanzo con titoli diversi.

   Di seguito l’elenco dei romanzi con tali anomalie: 1) Arlecchino, edito anche come Il muratore della Sanità o Ridi Buffone; 2) Un muscolo cavo oppure La trovatella; 3) La figlia del muratore o Storia di ogni giorno; 4) La sonnambula di Montecorvino o Peppe il brigante di Sora; 5) Il signor Bruno o Il ratto di Laura; 6) Un destino color di rosa edito anche come Felice Belcore alla ricerca di una disgrazia; 7) Il conte di Castelmoresco o Armando Asmodeo di Voltierra; 8) Matteo l’idiota o Un’eredità; 9) Una figlia nervosa o Il mal di nervi; 10) I figli del lusso è anche Oro e fango-Storia infernale; 11) Due feste al Mercato pubblicato anche come Luigia Sanfelice Memorie del 1799; 12) Il padrone della vetraia all’ Arenaccia o La Carolina della Pignasecca; 13) La figlia del boscaiuolo o I mostri della campagna; 14) Pilato lo strangolatore è anche I misteri di Napoli.          

   Alcuni romanzi, pubblicati postumi da editori senza scrupoli, erano invece dei capitoli di altri suoi lavori, Libertinaggio, per esempio, era un capitolo dei Misteri di Napoli, mentre Occhio di Bufalo-La rivoluzione del 1848, era stato tratto da I Lazzari.

    Torno a ripeterlo: tutte queste anomalie sono potute venire a galla solo grazie all’impegno di Emilio e del sottoscritto, di aver potuto leggere tutti questi romanzi.

   Evidentemente altri, anche esimi studiosi, che non hanno avuta la possibilità di leggere tutta la produzione del Mastriani, non hanno potuto rilevare tante incongruenze e contraddizioni.

   Altra cosa importante è stata la possibilità avuta, grazie a questo nostro lavoro di ricerca, di riconoscere con assoluta certezza tutti i romanzi che erroneamente sono stati attribuiti allo scrittore, come ad es. Amori e delitti dei briganti Cipriano e Giona La Gala Che è stato attribuito a Francesco mentre invece l’autore era Filippo, suo figlio.

   Queste sono le anomalie che siamo riusciti a scoprire; ma chissà quant’altre ce ne saranno ancora. Lo stesso Mastriani nella sua prefazione a Sotto altro cielo, ci tenne a sottolineare «Queste sono per sommi capi, le principali bindolerie che mi furono fatte e che vennero a mia conoscenza; ma ho quante ne ignoro ancora […] che somma sventura è il nascere in Napoli!». [1]

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  Negli ultimi tempi ho cercato di documentarmi anche sulla biografia critica, e devo confermare quanto detto in precedenza, e cioè che nessun critico, probabilmente, ha letto tutta la vasta produzione di Mastriani.

   Mi è sembrato, inoltre, che non molti studiosi siano riusciti a dare una definizione omogenea sul genere letterario onde collocare il romanziere: verista, naturalista, realista, socialista, appendicista, gotico, primo romanziere giallo della letteratura italiana …

   Francesco Mastriani si considerava un ricercatore dei drammi della vita [2]. Egli le sue storie le andava a cercare per i vicoli, nei bassi e nei luoghi più luridi della sua Napoli, fonte inesauribile di storie e di drammi umani, per cui non gli si può dare torto nel modo più assoluto quando afferma di esser stato lui, prima di Zola ad aprire l’arditissima scuola del realismo.

   Francesco Mastriani esternò il suo giusto sfogo a riguardo la questione verista. Nella prefazione del romanzo I drammi di Napoli .

   «E qui mi sia concesso il dire qualche cosa di me.

   Evvi una malintesa modestia o timidezza; e questa è quella che ci fa restii a far valere i nostri diritti. Un pubblicista napolitano, il cui nome è assai chiaro nelle lettere, disse che il romanziere francese Emilio Zola ha creato per primo quella scuola che dicesi del realismo o del vero. Questo pubblicista o si mostra ignorante delle patrie cose, e questo è imperdonabile in chi si occupa di critica letteraria, o è in mala fede, e questa è cattiveria che si sconviene a chi per la coltura della mente debbe avere ingentilito il cuore; od è invidioso della fama de’ propri concittadini, e questa è vergognosa codardia.

   Come si può avere il coraggio di dire che il Zola è stato il primo a creare la scuola del realismo nel romanzo, quando io, Francesco Mastriani, apersi nel romanzo questa arditissima scuola co’ miei Vermi colle mie Ombre, co’ miei Misteri di Napoli? Non ispetta a me certamente il giudicare delle opere mie; ma parmi ch’io mi abbia il dritto di levare alta la voce contro una insinuazione che puzza d’ingiustizia a un miglio di distanza» [3] .

   Mi sembra appropriata in definitiva la definizione che hanno coniato Emilio e Rosario sul loro antenato Francesco:

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Il verista per eccellenza della realtà napoletana

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   In seguito all’invito rivolto da Croce a critici e letterati di interessarsi di più a Mastriani, Gina Algranati si cimentò nel suo saggio Un romanziere popolare a Napoli [4].

     Ma probabilmente la Algranati non poté leggere per intero il corpus delle opere dello scrittore, anche perché molte di esse erano introvabili. Nel saggio della scrittrice è riportata anche la bibliografia nella quale sono riportati molti errori ed inesattezze. La Algranati elenca addirittura 114 lavori del Mastriani.

   Oltre ai presunti 114 romanzi citati dalla scrittrice occorrerebbe aggiungerci anche tre titoli accertati: La figlia del boscaiuolo, Povero cuore! e La maledetta, arrivando alla cifra di 117.

   Errore imperdonabile della Algranati è quello di aver inserito nell’elenco molti romanzi con due titoli: evidentemente non li aveva letti, altrimenti se ne sarebbe accorta.

    Nell’elenco viene segnalato un altro titolo: Pilato lo strangolatore che fu pubblicato sul Roma come rifacimento dei Misteri di Napoli, nell’anno 1906. Nel romanzo Il parricida ovvero il capraio di Ottocalli annota che si dovrebbe intitolarlo invece Matricida. In effetti nella tragica storia viene assassinata una donna, la madre del capraio, ma non penso che Mastriani abbia commesso un errore nel titolarlo Il parricida, infatti sia nel vocabolario dell’800 Fanfani, che nell’odierno Zingarelli, per parricida s’intende anche l’uccisione della propria madre o un parente prossimo.

   Il giudizio critico dell’Algranati su Mastriani è stato molto severo, scrisse: «All’arte egli non giunse, né vale giustificare che i suoi grandi nemici, la fame e la fretta, sempre in agguato, gli tarparono le ali, non c’era in lui la potenza della creazione vera e la dimenticanza che lo ricopre a vent’anni dalla morte è una limpida prova che ciò che non è bellezza non si perpetua, e che morì sperando in una gloria postuma che non gli fu attribuita» .

      Evidentemente l’Algranati, non avrebbe mai potuto immaginare che alcuni romanzi dello scrittore sarebbero stato pubblicati non solo nel XX secolo, ma anche nel XXI secolo.

   Anche Antonio Di Filippo ha pubblicato un saggio Lo scacco e la ragione-Gruppi intellettuali, giornali e romanzi nella Napoli dell’800 – Mastriani [5] .

   Direi che il saggio di Di Filippo è molto esauriente dal punto di vista statistico anche se in questo lavoro manca un giudizio critico letterario sull’opera di Francesco Mastriani.

   Anche in questo lavoro ho rilevato diversi errori sia sulla vita che sulle opere dello scrittore.  Scrive Di Filippo: «Mastriani mori il 5 giugno del 1891 (invece passò a miglior vita il 5 gennaio di quell’anno) e si spense mentre lavorava al suo ultimo romanzo in appendice al Roma, Una passione fatale, rimasto poi incompiuto sulle pagine del Roma», ma in realtà sappiamo che esso è, invece, un altro titolo di La maledetta, edito da Salvati nel 1883, romanzo questo completo.

   Nella biografia di Di Filippo sono elencati 105 titoli, però in essa sono inclusi due lavori di Mastriani che non sono considerati romanzi né dallo scrittore stesso, né da suo figlio Filippo: L’Eruzione vesuviana del 26 aprile 1872 edito da G. Nobile nel 1872, dove nel sottotitolo si legge: Memorie Storiche di Francesco Mastriani, e Elogio Funebre di Vittorio Emanuele II Prima Re d’Italia, edito a Napoli nella tipografia nel Reale Albergo dei Poveri nel 1878.

     Nell’elenco, però, non ci ha messo i titoli La gente per bene e Novelle scene e racconti. Ho altresì riscontrati errori in alcuni titoli di romanzi: I figli del diavolo, è invece Il figlio del diavolo; La caverna delle Fontanelle è, invece, di Le caverne delle Fontanelle; La chioma di sangue è Una chioma di sangue; Il talamo della morte è, invece, di Il talamo di morte; Il padrone della vetrata all’Arenaccia è, invece, Il padrone della vetraia all’Arenaccia.

     Concludo la mia rassegna sulla biografia critica di Mastriani con Domenico Rea. Molto interessante la presentazione al romanzo più famoso di Francesco Mastriani, La Cieca di Sorrento [6].

     Leggiamo in queste pagine « I centoquattordici romanzi di Mastriani (senz’altro avrà preso in considerazione l’elenco errato della Algranati), pubblicati in 43 anni di massacrante lavoro sono da considerare come una sorta di voce recitante del quarto stato purgatoriale napoletano […]

   Mastriani è nato in mezzo ai poveri, vive tra i poveri, ha sposato una povera Concetta, ha avuto quattro figli e ne ha perduti tre, è angariato dalla vita di tutti i giorni come i suoi protagonisti […]

     I poveri sono poverissimi e i ricchi ricchissimi. Queste due categorie, Bene e Male si affrontano di continuo e con tuono; giocano d’astuzia, seminano ciascuno sul cammino dell’altro trabocchetti in cui chi cade è perduto per sempre.

   Il funerale, è ovvio, fu poverissimo e napoletanissimo. La famiglia dovette ricorrere ad altri per le spese del trasporto della salma al camposanto. Nulla di male. In ogni angolo di Napoli – gli snob e i letterati esclusi – la gente mandava a mente due quartine di versi anonime (o corali):

Ei, punse i ricchi e i nobili, che adorano un solo Dio: il Dio dell’oro; che, sprezzando il popolo, calpestan dignità, fede, decoro… Piangi diletta Napoli, il gran Maestro tuo non è più! Chi ti farà più fremere? Chi ti sarà di sprone alla virtù?

      Ottandadue anni dopo – conclude Rea – possiamo tranquillamente rispondere: nessuno».

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     In questa mia rassegna della critica biografica, ho preso in considerazione solo alcuni critici, del XX sec. ma tanti ancora ve ne sono e molti di essi hanno lasciato dei segni tangibili della loro opera: Luigi Russo, Libero Bovio, Sandro Castronuovo, Carlo Alvaro, Antonio Palermo, tanto per fare qualche nome.

   Oggi sembra esserci una riscoperta di Mastriani, ne sono la prova i molti studiosi che si stanno cimentando con studi e ricerche sul romanziere napoletano, tra i quali: Pasquale Sabbatino, Tommaso Scappaticci, Francesco Guardiani, Carlo Avilio, Carla Borrelli, Anna Geltrude Pessina, Patrizia Bianchi, Nadia Ciampaglia, Cristiana Anna Addesso, etc. 

          Di articoli su quotidiani, e non solo di Napoli, ne sono stati pure scritti a centinaia e per le più svariate occasioni, per cui tentare di quantificarli o di segnalarli è del tutto impossibile.

     A dispetto di quanto pronosticò la Algranati, sulla dimenticanza che lo ricopre a vent’anni dalla morte, io credo che di lui se ne occuperanno anche le future generazioni.

     A conferma di questa mia supposizione, mi sembra opportuno citare due giovani studiosi, Emanuele Cerullo, Chiara Coppin, Elvira Trovato, che sulla vita e sulle opere di Francesco Mastriani, hanno dedicato alcuni loro studi e ricerche.

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     Secondo le nostre osservazioni, Francesco Mastriani pubblicò 78 dei suoi 105 romanzi in appendice su giornali (Omnibus, Il Tempo, La Rondinella, Il Nomade L’Occhialetto, Il Campanello, Il Diavolo Zoppo, La Domenica, Il Pungolo, Roma.), anche quelli più famosi come La Cieca di Sorrento, Il mio cadavere, I lazzari ecc.

     La maggior parte di questi titoli, pubblicati in appendici, furono anche editi in volumi, ma l’autore non ebbe il tempo e la possibilità di rivederne le bozze e migliorarli laddove lo riteneva opportuno.

     Lo stesso Mastriani infatti, scrisse « La maggior parte dei miei romanzi pubblicati nelle appendici dei giornali furono incontanente messi a stampa in volumi dai miei editori, senza darmi il tempo di leggere le bozze per arrecarvi quella lima, senza la quale riesce imperfetta ogni scrittura. Si sa che la prima pubblicazione di un lavoro nelle appendici di un giornale è come una prima pruova di stampa. L’autore vi ritorna con maggior posatezza; e vi raspa, pulisce racconcia le cose abborracciate in fretta» [7] .

     La sua collaborazione con il Roma, iniziò nel giugno del 1875, con la pubblicazione, sempre in appendice, del romanzo Nerone in Napoli, e non terminò subito con la sua morte, avvenuta il 5 gennaio 1891, ma le dispense continuarono ad essere pubblicate fino al 26 luglio 1891.

     Alcuni romanzi che pubblicò, sempre in appendici sul Roma non furono presi in considerazione da alcun editore, per cui si possono considerare dei romanzi inediti. Ne sono 32, il primo è L’assassinio in via Portacarrese a Montecalvario, pubblicato in dispense sul Roma dal 25 settembre al 12 dicembre 1882 e l’ultimo fu La nonna, pubblicato sempre sul Roma dal 1 aprile al 29 maggio 1891, quindi è un romanzo postumo di Mastriani, come I delitti dell’eredità, pubblicato dal 6 febbraio  al 31 marzo 1891. 

     Nei nostri progetti su Francesco Mastriani c’era pure il desiderio di rivolgerci a qualche editore per veder pubblicati questi romanzi mai dati alle stampe. Ma oltre agli inediti, ci sono altri romanzi di Mastriani che andrebbero rivalutati.

    Grazie all’Editore Guida di Napoli, nove dei 32 inediti sono stati pubblicate negli ultimi tre anni. Essi sono: La malavita (2016); La jena delle Fontanelle (2017); Carmela (2017); Rosella la spigaiola del Pendino (2017); L’assassinio in via Portacarrese a Montecalvario (2018); Karì-Tismè memorie di una schiava (2019); Pasquale il calzolaio del Borgo S. Antonio Abate (2019); Lucia la muzzonara (2020). Il campanello dei Luizzi (2021). Di prossima pubblicazione Il suicida.

   Anche l’editore Vincenzo D’Amico, di Nocera Inferiore, ha pubblicato un inedito Cosimo Giordano e la sua banda (2019).

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    Francesco (Giovanni, Raffaele) Mastriani nacque in Napoli – città dalla quale non si è mai allontanato nel corso della sua vita  – il 23 novembre 1819, in via Concezione Montecalvario n° 52, [8] da Filippo e Teresa Cava.

  «Io non ho che a rari e brevi intervalli lasciato Napoli, mio paese nativo, al quale sono avvinto da un amore stragrande, ed al quale ho consacrato tutto il mio povero ingegno. Ho studiato il mio paese coll’amore di un figlio, di un innamorato, di un artista. Nelle lunghe e inaudite sofferenze che ho durate e duro tuttavia nella spinosa e sterilissima via delle lettere, unico conforto al mio cuore è la stima de’ miei concittadini e la soddisfazione di avere, nella sfera delle mie facoltà, contribuito a spargere qualche lume di civiltà e di progresso tra le classi del nostro popolo che la mala signoria avea tenute asservate nella ignoranza e nella barbarie» [9]

  In cinquant’anni di lavoro Francesco Mastriani ha dato alle stampe 105 romanzi, 263 tra novelle e racconti, 248 articoli diversi, 49 poesie tra serie e giocose, 40 tra commedie, drammi e farse e poi conferenze, dissertazioni discorsi funebri ed accademici per un totale di circa NOVECENTO lavori.

 Due giorni prima di esalare l’ultimo respiro, Francesco Mastriani, dolente per l’estrema debolezza in cui era caduto il suo povero corpo, pronunziò queste parole: «se avessi le membra forti e vegete come ho la testa in questo momento abbozzerei altri dieci romanzi!».

    La vita di Francesco Mastriani fu un continuo sacrificio: lottò sempre contro l’avverso destino e con la costante fatalità che ha sempre perseguitato tutti i Mastriani.

   «Se Dio mi concederà agio e salute di scrivere le mie Memorie, dirò cose della mia vita che parranno il più maraviglioso romanzo ch’io abbia mai scritto. Nessuno scrittore in Italia fu più operoso di me; come nissuno ebbe a lottare con più costante avversità di fortuna. Se la simpatia de’ miei concittadini fu largo compenso alle mie sudate fatiche, non fu pertanto meno penoso il calvario, in cui mi lasciarono quelli che aveano l’obbligo di ricordarsi di me» [10] .

   La scrittrice Matilde Serao scrisse un articolo necrologo per la morte di Francesco Mastriani, e che riassume tutta la tragicità della vita dello scrittore. L’articolo fu pubblicato sul giornale Il Corriere di Napoli, dell’8 gennaio 1891, e che si concluse nel seguente modo:

  «Non ha egli scritto le sue ultime appendici sul suo letto di morte? Non è egli passato dalle pagine di un romanzo al gelo della tomba? Egli non ha avuto riposo che nell’ultimo sonno: noi pensiamo a lui, pieni di un profondo rammarico, poiché la sua sorte fu troppo amara, poiché la penna finisce per essere, per tutti quanti, anche una croce» [11].

  E in effetti la vita di Francesco Mastriani fu una sofferenza continua, sia dal lato economico che dal quello fisico e morale.

   Senz’altro la morte di tre dei suoi quattro figli, contribuì al decadimento fisico del povero Mastriani, la cui salute era già minata da malanni cronici.

   Ricordo che perse il primo figlio Adolfo alla tenea età di quattro anni, colpito da un male repentino che lo portò alla tomba in una settimana.

   Il terzogenito Edmondo morì all’età di 23 anni, dopo un vero calvario.

   La primogenita Sofia, alla quale lo scrittore era particolarmente legata, morì anch’ella abbastanza giovane all’età di 33 anni, l’unico superstite fu Filippo (per fortuna! Sennò non starei qui a scrivere questa relazione!). 

   Francesco Mastriani ebbe la possibilità di cambiare la sua condizione economica; nel 1854 la fortuna fu per arridergli, ma non ne seppe approfittare; anche a causa della dissuasione dei parenti, rifiutò un impiego presso la milionaria casa di Rothschild di Parigi.

   Morì dunque povero, lasciando come eredità a suo figlio Filippo soltanto un nome onorato.

   Appropriata dunque la dedica che realizzò Giovanni Bovio, che venne scritta su una targa che fu murata sulla facciata del Teatro San Ferdinando il 31 maggio del 1925.

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FRANCESCO MASTRIANI

FU L’INDIVIDUAZIONE DI QUESTO POPOLO NAPOLETANO

LAVORARE E SOGNARE SOFFRIRE PAZIENTEMENTE E MORIRE

S’INTENDEVANO L’UN L’ALTRO

EGLI AVEVA VISITATO L’ULTIMO TUGURIO E IL POPOLO

SI RICONOSCEVA IN LUI

IN ALTRO PAESE SAREBBE DIVENUTO RICCO

MA L’ITALIA POVERA COME LUI NON MERITA RIMPROVERO

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 Il 5 gennaio alle 20 entrò in agonia. Mancavano dieci minuti per la mezzanotte di quel triste e piovoso giorno 5 gennaio 1891 allorché l’anima benedetta di Francesco Mastriani volò in grembo al Signore.

                                               ROSARIO MASTRIANI

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[1] Napoli, G. Salvati, 1881

[2] Forza morale (Appendice del Roma), nella prefazione del suddetto romanzo.

[3] I drammi di Napoli, Napoli, G. Regina, 1878, nella Prefazione, pag.X.

[4] Napoli, S. Morano, 1914.

[5] Lecce, Milella, 1987.

[6] Monza, Bietti, 1973.

[7] Sotto altro cielo, Napoli, G. Salvati, 1881.

[8] Da un documento in nostro possesso, risulta esser nato Francesco Mastriani non in Via Concezione a Montecalvario n° 52, bensì in Via Figurella Montecalvario n° 10; è probabile che Teresa cava, madre di Francesco, andò a partorire nella casa di suo padre Filippo Cava, che abitava appunto in quel luogo.

[9] Napoli, G. Salvati, senza anno (dopo il a881) cap. XXIII p.103.

[10] Francesco Mastriani, La rediviva, Napoli, G. Regina, 1877, vol.VII cap. XVIII p.27

[11] Filippo Mastriani, Cenni sulla vita e sugli scritti di Francesco Mastriani, Napoli, L. Gargiulo 1891.