NECROLOGIA

    Un ultimo tributo alla memoria di ANTONIO PASCALE

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    Che vale il compianto sulla tomba degli estinti, se eterno è il vuoto che lasciano nel cuor de’superstiti? Il duolo che provien da’sepolcri non ha sollievo che nelle speranze del cielo, e il simbolo della nostra augusta Religione che posa sulla terra de’morti è il più grato e possente conforto per le anime orbate degli oggetti più cari. Taccia la fanatica filosofia, taccion le sterili parole degli uomini, e parli soltanto al cuore la voce di Dio solenne ed ineffabile. Vincoli di fraternità più che di amicizia mi ligavano al culto giovine Antonio Pascale. Comunanza di profondi e severi studi, non che di amene lettere stretti ci avea per modo che l’un di noi non trascorrer potea la giornata senza l’altro; ed eravamo amici non per iscambio di officiose leziosaggini, non per mire di privato interesse, non per gittarci scambievolmente l’un addosso all’altro la noia delle ore, ma per virtuosa corrispondenza di fraterni affetti. Troppo è ormai ovvio e comune il costume di esser êlegi alla memoria dei trapassati, ed è però che mi taccio sulle doti dell’animo del mio amico, e sul peregrino suo ingegno, di cui senza dubbio avrebbe un dì la patria giudicato, se la somma modestia di lui nonché l’immatura fine non gli avesser troncato il cammino della gloria quando appena ei mostravasi all’entrata. Oh perché la morte miete sempre i più bei fiori di questa valle! Perché stan sempre saldi e rigogliosi gli sterpi ed i bronchi, quando cadono i gigli e le rose! Antonio Pascale non è più! Colpito da incurabile morbo, egli rendeva al cielo la sua bella anima, quando appena forniti aveva 22 anni di questa esistenza scura e dolente. La medicina era la sua professione cui egli amava con vera passione: insigni e felici cure aveanlo già renduto caro agli amici ed ai suoi professori Prudente, Bindo e Moina. Da me iniziato nelle lingue  francese inglese spagnuolo e tedesco, egli era giunto coi suoi studi a parlare e scrivere ottimamente questi quattro idiomi stranieri, a segno che sovente io meravigliava della somma perspicacia della sua mente… Povero giovine! ma più ancora poveri genitori! La piaga del loro cuore è troppo viva e profonda perché io la ridesti con vane parole. Possa una mano meno tremante della mia, ed una pagina meno efimera e peritura di questa, raccomandar ai posteri il nome di un giovine, che se non giunse all’altezza di gloria cui pretendere ed aspirar poteva, non fu sua la colpa, ma bensì della morte, pronta sempre a troncar quelle vite che più tentano di sfidar la voracia dei tempi.

                                                                                                              FRANCESCO MASTRIANI