NOTA 1987

Se non avesse avuto altre implicazioni, del tutto improprie, avremmo potuto scegliere come epigrafe per questa nuova edizione di Da Mastriani a Viviani, poniamo, un passo della Prefazione di Luigi Capuana ai suoi articoli di cinque anni prima raccolti nel Teatro italiano contemporaneo (1872). Ci riferiamo alla forte sottolineatura del criterio ripropositivo da lui seguito: «Sarebbe costato assai poco correggere ma non ci ho nemmeno pensato». Se si ricorda poi che questa Prefazione comparve pari pari venti anni dopo in un altro dei suoi volumi compositi, Libri e teatro del 1892, c’è perfino il rischio che questa stessa mancata epigrafe possa risultare assai poco casuale.

In realtà vano sarebbe cercare di mostrare la natura pacifica di un tal modello di riferimento per la riproposta di queste nostre pagine, ché il modello opposto quello dell’ ʽaggiornamentoʼ, che dà conto e magari fa i conti con la successiva letteratura sull’argomento, è divenuto sostanzialmente egemone, per lo meno nella considerazione in cui è tenuto, se non nella effettiva prassi. E qui, a favore di questa alternativa non prescelta, il nuovo lettore di Da Mastriani a Viviani può additare, per esempio, tutti i «recente», «di recente», ecc. riferiti ad opere che avevano visto la luce all’inizio degli anni Settanta, ossia al tempo proprio della maggior parte di queste pagine edite nel X vol. della Storia di Napoli (altre nel giugno 1970 sulla rivista torinese «Sigma», quindi (1972) nella prima edizione presso la casa editrice Liguori.

Ma entrando nel merito, questa obiezione risulta assai debole, consente cioè essa stessa di rilavare, ci pare, la principale ragione della nostra scelta di fedeltà (al di là della eliminazione [?] dei refusi). Vogliamo dire che il motivo del mancato aggiornamento sta tutto nel fatto che, purtroppo, non vi era molto da aggiornare. Badando al cuore della bibliografia più specifica, si fa presto infatti ad accorgersi che i quindici-venti anni non hanno certo rivoluzionato la situazione testuale della densissima stagione letteraria che va appunto da Mastriani a Viviani. Anzi, si direbbe che l’hanno connotata, rispetto al felice avanzamento critico-filologico di quelle coeve, dalla lombarda-piemontese alla siciliana, proprio per la sua singolarissima stasi (vige ancora in questo caso la teoria della letteratura come rispecchiamento della società?). Naturalmente, non sono mancate le eccezioni: in testa alle quali c’è sicuramente l’ediz. del Romanzo della fanciulla di Matilde Serao curata da Francesco Bruni (Liguori 1985), cioè un intervento esemplare su un autore tra i più bisognosi di veri e propri accertamenti del testo. Va quindi menzionata la copiosa messe, si può dirlo, di opere di Imbriani variamente riproposte, che ha contribuito in maniera determinante all’unica novità critica relativa a questa stagione. La riscoperta di uno straordinario scrittore, come mostreranno del resto gli Atti del primo convegno a lui dedicato (Napoli 27-29 novembre 1986), può essere considerata l’unico dato ormai storiograficamente acquisito, di fronte, come si diceva, a una generale situazione di ʽnapoletanaʼ rimasta assai vicina alla clandestinità.

Successive alle pagine di Da Mastriani a Viviani sono stati la nostra edizione del romanzo di Giuseppe Mezzanotte La tragedia di Senarica, nella «Biblioteca dell’Ottocento italiano» del compianto Gaetano Mariani (Bologna, Cappelli, 1977) e il cap. Le vie del dialetto di Letteratura e Contemporaneità (Liguori 1985). Va segnalato infine che questa terza edizione è accresciuta di una seconda appendice, Lo spessore dell’opaco, un testo nato in occasione di un numero monografico di «Sigma» dedicato a  «Convenzione e invenzione nella letteratura popolare», Le parole dell’essenza (1978, nn. 2/3). Il numero nacque come ʽrispostaʼ a un’indagine di Gian Luigi Beccaria, che ne fu quindi il coordinatore.

 

ANTONIO PALERMO