PARIGI

   Un rapido sguardo a Parigi, come in questo momento ce lo presenta la fiera cosmopolita dell’Esposizione universale: Parigi dalla strada, Parigi dai Boulevard, Parigi dal Campo di Marte, Parigi delle carrozze, dei battelli, degli omnibus, dei pedoni, Parigi esotica, Parigi invasa, Parigi de’provinciali, degli stranieri e delle stranezze. Questo colpo d’occhio distrae per un’ora e sollazza ancora. È uno spettacolo che vi solletica, purché non duri molto – Che immensa folla! Che vasta moltitudine d’uomini e di donne venuti di quà e di là! che stravaganza in questa riunione d’antitesi, d’originalità, e qualche poco anche di ridicolo! È il caos di una lunga festa pubblica, che in fondo non ha d’importante e di attraente che l’idea che ognuno se ne forma ed esagera ed il cui allettamento viene ad accrescersi con le attenzioni secondarie e con i piaceri che Parigi offre in gran copia in tale straordinaria occasione. Si viene a vedere l’Esposizione per veder Parigi. Il pretesto del viaggio è bello e trovato. È questo l’obbietto cognito, l’altro è in petto.

   Il mese di aprile del corrente anno enumerava cento mila viaggiatori di meno a fronte di quelli dell’anno scorso venuti nelle ferrovie che mettono a Parigi; in questi mesi di maggio e di giugno ve ne saranno due cento mila di più, perché ognuno si era riserbato di fare la campagna dell’Esposizione. Non si sono ancora veduti quei carichi animati di Americani, che sbarcano armi e bagagli dal Leviathan per mostrarsi a Parigi in tutto lo splendore del loro brillante uniforme di volontari. Il grand e beu monde neanche annovera ancora i suoi rappresentanti: ciò non per tanto vi si distinguono alcuni re e diversi principi e duchi che fanno risplendere quella moltitudine.

   Intanto già le masse arrivano in treni di piacere, e per le vie economiche. Questi visitatori fanno il possibile a Parigi di non esser ridotti nello stato poco piacevole di scorticati anatomici; epperò assediano i fiacri, gli omnibus, le mosche della Senna, e le piccole osterie. Molti di essi vanno a piede, e sono i fantaccini della grande armata, i quali vengono da lontano per far conoscenza del fango e della classica polvere di Parigi. Infine queste masse corrono come torrenti sfrenati sull’asfalto e sul macadam, ed a guisa di fiume e suoi affluenti vanno a sgorgare nel palazzo dell’Esposizione, immenso coliseo di ferro e di fuoco, pei giorni torridi, fornace ardente ed in bollimento incessante, co’suoi trenta vomitori, che assorbono e respingono i flutti umani di ogni razza e di ogni origine, assordante pandemonium di tutt’i mestieri, di tutte le arti romorose e pacifiche, di tutte le industrie inventate da 6000 anni, di tutto ciò che l’uomo ha creato di grandioso, di piccolo, di mezzano, di bello, di terribile, di grazioso, di brutto, di utile, di superfluo, di straordinario, per tutte le combinazioni della sua esistenza sociale, per vivere od uccidersi.

   Dal catalogo di tutte le cose mirabolane, che pesa un chilogrammo e 450 grammi, potete immaginare l’immensità degli oggetti registrati in esso. Parigi, ingombro di tali carichi universali, è curioso a studiare. Se avete qualche maniera particolare di vestirvi, se avete premura per qualche foggia di abito ultra-individuale, secondate il vostro desiderio, e non ve ne preoccupate per niente.

   In qualunque modo siate abbigliato, uscite spensierato; diversamente fareste le spese d’originalità in pura perdita. Non sarete guardato; e se per caso un occhio sorpreso si ferma su voi, dirà: è un forestiero.

    Molte persone si divertono a fare all’Esposizione un corso di gastronomia comparata. Si va a far colezione o a pranzare, ora in Russia, in Inghilterra, ora in Ispagna, in Italia, in Austria, ovvero negli Stati dell’America, per ritornare a mangiare in Francia. Oggi i buffets inglesi prevalgono sugli altri, malgrado l’impulso patriotico dato ai buffets moscoviti da tutta la società russa al presente a Parigi.

   E anche verso le industrie inglesi, i suoi ferri, le sue macchine, le sue stoffe, le sue armi, i suoi cristalli, che la tecnicità de’visitatori trova forse le sue più vive soddisfazioni.

   L’Inghilterra si è parimente distinta col numero de’suoi pick-pockets: essa ha creduto che i cavalieri d’industria sarebbero stati magnificamente al loro posto in una Esposizione universale d’industria; ma bisogna convenire che non è riuscita ad inviarci ciò che aveva di meglio in questo genere. La loro destrezza, per buona ventura, non ha dato finora che mediocrissimi saggi. Molto sono stati presi, come fanciulli, sul fatto dello involamento delle borse, de’portafogli e de’fazzoletti. Come riconoscere in essi i membri di quella vasta associazione di borsaioli, di cui abbondano tutte le grandi città d’Inghilterra?

   Parigi è divenuta il caravansèrail del mondo, e vi è chi dice essere il suo harem, perché la gente contrabbandiere si è affrettata a venire da tutti gli angoli dell’universo per farvi le esposizioni delle sue amabilità. Un’onda esotica giunge, al domani un’onda va via; così la marea monta e rimonta, e come dicevamo ultimamente; ma ad una marea discendente succede un’altra che ascende anche di più. Quando avrà luogo la più forte? Senza dubbio ne’due prossimi mesi. Oh! come farà Parigi allora per contenere questi flutti impetuosi come quello della Gironda se non allunga le sue strade ed i suoi boulevards e se non trasforma le sue case ammobbigliate in alberghi di caoutchoue? Pei Parigini della grande esistenza è una consolazione tutta questa prospettiva, perché allora non saranno più esposti ai tumulti dell’Esposizione, lasceranno Parigi agli stranieri, ed in compenso andranno a stabilirsi nelle loro campagne in villeggiatura o in turismo.

   Almeno i forestieri non si lagneranno dell’ospitalità che loro offre Parigi in questi giorni di gioia: darà loro feste e balli nell’ordine officiale; li farà mangiare e ballare, mostrando loro un brillante specimen di ciò che Parigi può prodigalizzare quando vuol fare gli onori di casa con quel gusto e con quella intelligenza del saper vivere, che si bene possiede. I cupi nuvoloni che sembravano voler turbare l’orizzonte di gioia si sono dileguati. Ora tutto è bello; il Palazzo di ferro del Campo di Marte diverrà sempreppiù netto e lucido: dopo la folla de’visitatori mezzani, verrà quella dei grandi, cui bisognerà apprestare del pari appositi divertimenti. Parigi s’ingegnerà di moltiplicare i suoi passatempi, i suoi sports, i suoi incanti e la sua felicità. Si attendono da essa cose maravigliose; ed essa non mancherà di inventarne.

            G. F.

                          FRANCESCO MASTRIANI