CENNI SULLA VITA E SUGLI SCRITTI DI FRANCESCO MASTRIANI

    

 ………………………. Questa edizione è in possesso degli eredi Mastriani

 

  

                        Questa edizione è in possesso degli eredi Mastriani

 

….. PREFAZIONE

.   Ancora sotto la dolorosa impressione della irreparabile sventura che mi ha colpito, mi trema la mano nell’intraprendere il presente lavoro; ma l’animo mio trambasciato ha bisogno di dare sfogo alla piena dello affanno che lo dilania; e, scrivendo queste pagine, mi parrà di essere tuttora in compagnia del mio venerato genitore, non solo, ma di rendere un pubblico, modesto attestato di gratitudine a tutti coloro che onorarono mio padre del loro affetto, della loro amicizia, e me d’una parola di conforto.

   Imploro la venia di tutti coloro che leggeranno questo umile mio lavoro, se, in qualche punto, facendo velo alla mente l’affetto di figlio, io abbia a cadere in lodi che possano parere esagerate.

   Mi studierò perché ciò non avvenga. M’ingegnerò di mantenermi negli stretti limiti del vero, anche a costo di soffocare gli slanci del mio affetto filiale.

   Racconterò la vita del venerando uomo dall’infanzia, descrivendo come meglio saprò e senza commenti, senza abbellimento alcuno, i casi della sua vita da lui stesso, in parte, raccontati alla famiglia; ovvero desunti da documenti che sono in mio potere, o attinti dalla viva voce di qualche raro superstite compagno della sua giovinezza.

   Non trascriverò certamente, né citerò le centinaia di lettere, da lui gelosamente conservate, e nelle quali ogni frase è un complimento, ogni parola una lode. Né enumererò i cento e cento giornali che hanno, fin dal 1840, parlato di lui. Queste memorie che per me sono cosa sacra, pur non perdendo il pregio della verità, perderebbero bensì d’interesse.

   Citerò soltanto qualche brano di lettere o di articoli appartenenti a persone eminenti per grado o per ingegno.

   Mi propongo di esser breve per quanto veritiero; e, benché il ricordo delle sofferenze, delle sciagure, delle tribolazioni, dei sacrifizii del genitore non siano, né possono essere, di alcun sollievo alla mortale piaga lasciata nel cuore del figlio colla sua morte, pure esporrò le cose tali e quali accaddero.

   Farò cenno bensì dei suoi studi, delle sua passioni.

   Dirò che, allo studio della filosofia, (e fu della scuola del Galluppi, col quale ebbe affinità di parentela) egli accoppiò quello della letteratura, nel tempo in cui fu fioritissima presso di noi, la mercè degli eletti ingegni del Puoti e del De Sanctis, del Saverio Costantino Amato – pel quale ebbe speciale affetto ed ammirazione – e di molti altri suoi contemporanei. Che apprese il latino ed a fondo studiò gli antichi classici; ma predilesse sempre la patria letteratura, e con rapidità fenomenale scorse i volumi di quanti sono eccellenti prosatori e poeti italiani. Che attese anche allo studio della legale e della medicina, forse non per esercitarla, sibbene per la irrefrenabile voglia che lo invadeva di estendere le sue cognizioni su tutti li svariati rami della scienza. Ma che, pertanto, il suo ingegno era fatto più per le lettere, per gli ameni studii, per l’estetica, per l’arte. E artista fu per mente, per cuore, per feracità d’immaginazione, per l’affascinante metodo d’insinuarsi nell’animo dei colti e dei volgari.

   Che molti suoi lavori toccarono l’entusiasmo del popolino, a segno di essere ascoltati con quel fanatismo medesimo. Con quell’ebbrezza, quasi direi, di passione, con cui ascolta i casi meravigliosi dell’Ariosto. [1]

   Che ebbe sempre tra le mani la Bibbia, e come cristiano convinto, corroborò a quella fonte di divina sapienza e di verità eterna il suo travagliato spirito; per lo che, dopo un’aspra lotta per la esistenza, dopo innumerevoli disinganni e dolori, passò di questa vita col sorriso sulle labbra, con la sicurtà del futuro retaggio serbato a colui che soffre e spera in Dio.

   Che le massime di quel codice eterno si trovano diffuse in tutt’i suoi scritti, poiché egli ebbe sempre di mira di dimostrare al popolo, pel quale specialmente scriveva, come la sola pratica applicazione di quei Santi canoni basterebbe a scongiurare ogni manomissione di dritto, e per conseguenza ogni ragione di lotta contro il dispotismo del potere e dell’oro.

   Ed infine che scrisse i suoi volumi nell’amena forma del romanzo, manifestandosi propugnatore fervente del dritto, della verità, della giustizia. Che scrisse sulle miserie del popolo, ed in ispecie di questo ottimo per quanto sventurato popolo della nostra dilettissima Napoli; che ne additò i rimedii, i quali, se pure inascoltati rimangono finora, fruttificheranno un tempo, poiché il pensiero è forza potente cui nulla resiste.

   Dirò insomma di lui tutto ciò che saprò e potrò.

   Sicuro pertanto di non poter corrispondere, per la dappocchezza del mio ingegno, all’aspettazione dei lettori, imploro da essi compatimento. E quale altra più grande prova d’affetto potrei dare a tutti coloro che amarono mio padre di vera amicizia, oltre quella di raccontar loro tutta la sua vita? È un arduo compito, lo so; ed è di gran lunga superiore alle mie povere forze; ma l’abbraccerò con entusiasmo se con tal mezzo riuscirò a far cosa grata agli assidui lettori delle cose di mio padre, e a dare, ripeto, una pubblica testimonianza di affetto e di gratitudine a tutti coloro che, sinceramente commossi alla sventura che ha colpito la mia famiglia, vollero di loro presenza onorare la nostra casetta, ed avere per la derelitta mia genitrice [2] e per me, dolcissime parole di compianto.

   Tutti questi gentili tengano presente lo scopo che mi sono prefisso, la meta a cui agogno pervenire, e non guardino alle molte imperfezioni di queste mie modestissime pagine: mi siano indulgenti per la mia temerità che non ha altro scopo se togli quello di onorare la Santa memoria dell’uomo che fu mio padre; e di ricordare ai suoi amici la modesta e travagliata vita di lui.

                FILIPPO MASTRIANI

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[1] I nostri cantastorie, sul Molo una volta, ora alla Villa del Popolo, alternano tuttavia la lettura dell’Orlando Furioso con quella di alcuni romanzi di mio padre.

[2] Della mia amatissima madre, della fida compagna di mio padre, dell’assistenza esemplare da lei fatta al marito, delle lunghe veglie, dei sacrifizii suoi inauditi, parlerò a lungo alla fine del presente lavoro.

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   FILIPPO MASTRIANI nacque a Napoli il 16 Novembre del 1848 da Francesco e Concetta Mastriani. Fu l’unico a sopravvivere al padre, dal momento che i fratelli Adolfo, Sofia e Edmondo scomparvero prematuramente, Filippo invece convolò a nozze ben due volte ed ebbe sei figli: Sofia, Bianca, che morì nel primo anno di vita, Marta, Adolfo-Gaetano ed Emilio. Seguendo le orme del padre, anche Filippo fu scrittore. Il quadernetto autografo intitolato I Mastriani, conservato nella sezione Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale di Napoli, dono di suo figlio Emilio Mastriani, fissa la scomparsa di Filippo al 9 Marzo 1919.