RIFLESSIONI SUL PERITESTO NELLA NARRATIVA STORICA DI FRANCESCO MASTRIANI

 

   G. Genette ha individuato una serie di elementi che si collocano ai margini del testo letterario formando quello che viene definito il “peritesto”. Frontespizio, titolo, sottotitolo, prefazioni, dediche e note corredano l’opera divenendone parte integrante ed orientandone la fruizione da parte del lettore. Tra i generi letterari il cui peritesto ha acquisito una particolare rilevanza, certamente va menzionato il romanzo storico che, diffusosi in Italia grazie alla fortuna delle opere di Walter Scott e ai Promessi sposi di Alessandro Manzoni, a partire dal 1827 ha conosciuto una straordinaria fioritura.

   Francesco Mastriani, prolifico autore di opere narrative e teatrali, si inserisce nella folta schiera di coloro che si sono lasciati affascinare da questo particolare genere letterario componendo un consistente numero di romanzi storici ambientati in diverse epoche del passato: seguendo l’ordine dei periodi trattati, ricordiamo Messalina, Erodiade e Nerone in Napoli. Romanzo storico; Jelma o La stella di Federico II di Svevia. Romanzo storico (1877); Lo zingaro. Romanzo storico (1871), in cui compare la regina Giovanna II di Napoli; Il duca di Calabria (1879), ispirato al celebre episodio della congiura dei baroni (1485); Giovanni d’Austria. Romanzo storico (1871); La Comare di Borgo Loreto (1854) e L’ebreo di Porta Nolana (1883) che hanno come sfondo il viceregno di Don Pedro Téllez-Giròn, duca d’Ossuna; L’ossesso. Cronaca napoletana del secolo XVII (1872); Homuncolo o i gesuiti e il testamento. Romanzo storico (1878); Luigia Sanfelice. Romanzo storico (1870); Il campanello dei Luizzi. Cronaca napoletana del ’99 (1885); I lazzari. Romanzo Storico (1865); Il Largo delle Baracche (1882); Cosimo Giordano e la sua banda. episodi del brigantaggio del 1860 (1886); La figlia del croato. Romanzo storico (1867).

   All’interno di tale produzione, Mastriani dedica una particolare attenzione all’uso degli elementi peritestuali. Tra di essi, il titolo è quello che presenta immediatamente l’opera al destinatario ponendo in primo piano personaggi, eventi o situazioni che hanno ampio spazio nella narrazione. Scorrendo rapidamente i titoli citati, osserviamo che i romanzi ambientati tra l’epoca antica e il Seicento e la Luigia Sanfelice riportano il nome proprio dei protagonisti storici, un soprannome oppure un nome comune seguito da un’indicazione spaziale o temporale.

   Tale scelta mira evidentemente ad indirizzare l’attenzione sul personaggio attorno al quale gli eventi si raggruppano e si sviluppano offrendo al contempo un quadro del contesto storico in cui esso si muove. La centralità dei grandi attori della Storia (Messalina, Nerone, Federico II, Giovanni d’Austria ecc.) segna evidentemente la distanza dell’autore dal modello manzoniano in cui le vicende degli umili, solitamente dimenticati dalle cronache, hanno ampio respiro.

   Nel Lazzari, tuttavia, lo scrittore pone in risalto un personaggio collettivo corrispondente ad una compagine sociale popolare che ebbe un ruolo fondamentale nelle vicende che animarono la Napoli ottocentesca. Nel Largo delle Baracche, similmente, il riferimento ad un luogo della città, che vide i patrioti combattere nei rivolgimenti che anticiparono l’unificazione nazionale, sposta l’attenzione dal singolo alle masse protagoniste della storia moderna e contemporanea.

   Notiamo ancora, che alcuni titoli sono seguiti da sottotitoli che contengono precise indicazioni temporali o riferimenti a determinati eventi storici. Ciò risulta funzionale a far presente al lettore che nell’opera che si appresta a leggere i fatti frutto della fantasia si intreccino a episodi realmente accaduti e documentati già nel titolo, dunque, Mastriani presenta il suo lavoro come il risultato della commistione dei due principali ingredienti del racconto storico: la Storia e l’Invenzione. Notiamo, peraltro, che la specifica del genere letterario è presente nei sottotitoli di più romanzi. Era questa una consuetudine adottata da numerosi autori dell’Ottocento che si cimentavano in un genere “nuovo”, non codificato dalla tradizione letteraria e visto con sospetto dai classicisti.

   Assai spesso le narrazioni erano precedute da prefazioni in cui, oltre a presentare i contenuti del libro, gli scrittori riflettevano criticamente sulle caratteristiche del romanzo storico al fine di definirne le funzioni e affermarne la dignità letteraria.

   Mastriani ha fatto frequentemente ricorso a questo elemento del peritesto per introdurre gradualmente il destinatario nella trama delle sue opere e guidarli nella lettura. Tra i romanzi storici corredati di prefazione ricordiamo il Nerone in Napoli, in cui l’autore si confronta con un soggetto che aveva già avuto una certa fortuna letteraria:

   Molto si è scritto su Nerone. La vita di questo grande scellerato ha fornito ampia materia alla filosofia della storia ed alle opere di immaginazione. Renan scrisse non a guari una stupenda analisi dell’indole singolarissima di questo personaggio nel suo Anticristo: Alessandro Dumas ne fece un romanzo storico; e ultimamente il dramma del Cossa ha riscosso applausi su i principali teatri dell’Italia e dell’estero. L’umilissimo mio lavoro che io presento al pubblico non ha la pretenzione di gareggiare con queste lodate pubblicazioni, né di aggiungere alcun tratto caratteristico al ritratto di Nerone meravigliosamente dipinto da Tacito e da Svetonio. Del dramma neroniano ho svolto semplicemente gli episodi delle dimore in Napoli, de’quali hanno appena toccato gli scrittori latini di quel tempo. La conversione al cristianesimo d’una concubina di Nerone, fatto che si trova appena accennato nella storia della Chiesa, mi ha dato agio di allargarmi su taluni particolarità che, spero, non saranno prove di interesse. In quanto al resto, ho seguito le orme di Tacito e Svetonio, valendomi di quella latitudine che il campo della immaginazione offre al romanziere. Su i molti nei del mio lavoro imploro l’indulgenza dei benigni lettori.

   Nel brano, Mastriani oltre a dichiarare l’umiltà del suo lavoro, esprime una volontà integrativa rispetto agli studi storici antichi; sottolinea la centralità dell’ ambientazione napoletana negli eventi trattati e pone l’attenzione su un episodio particolare che ha grande spazio nell’intreccio, alludendo alla diffusione del messaggio evangelico in un mondo contaminato dal vizio. Osserviamo che l’intento moraleggiante soggiace a gran parte della narrativa storica dello scrittore partenopeo in cui il passato è assai spesso offerto al lettore come modello negativo da cui trarre utili insegnamenti. È interessante notare che lo scopo educativo è presente anche nella dedica del romanzo Erodiade all’amica Ersilia Alizeri:

   O dilettissima,

   in un tempo in cui la Fede de’nostri padri è scrollata ne’cuori per la febbre de’mondani guadagni per l’INDIFFERENTISMO che rode le visceri della nostra presente società, egli è debito di uno scrittore, che senta amor vero della umana famiglia de’suoi concittadini in particolare, il rialzare i principi ed il sentimento religioso, senza i quali non può essere né vera grandezza di un popolo, né sodezza di civili e domestiche virtù e né libertà solida e duratura.

   Avvegnachè ne’miei libri io sempre mi studiassi di ravvivare negli animi gli eterni principi della cristiana moralità, pur tuttavia giammai dianzi non avea preso a trattare direttamente un subbietto attinto alle pubbliche fonti: me ne astenni finora per una certa sfiducia delle proprie forze nel poter vincere le numerose difficoltà a cui sarei andato incontro.

   Ti confesso che da qualche tempo io vagheggiavo nella mente questo subbietto della ERODIADE; parendomi che tra i tanti episodi del divino poema della Bibbia, meglio questo si prestasse alla indole di un racconto rivestito delle forme dell’immaginoso. […] Io mi sono più strettamente attenuto a quanto nel capo sesto del suo Vangelo ci narra S. Marco, arricchendo il mio racconto co’colori del tempo e con altre particolarità desunte dagli storici sacri e profani.

   Come possiamo vedere, il testo svolge una sorte di funzione introduttiva. L’autore, secondo una collaudata convenzione letteraria, dichiara la propria piccolezza rispetto al soggetto che si è apprestato a trattare. Emerge, inoltre, l’ispirazione cristiana che anima la composizione alimentando l’immaginazione che arricchisce il racconto biblico e si intreccia ai dati cronachistici che ricostruiscono il contesto storico del regno di Erode.

   Altro caso in cui la dedica funge da prefazione al romanzo è la lettera anteposta ai Lazzari in cui Mastriani, rivolgendosi al fratello Giuseppe, espone i temi della narrazione esprimendo una profonda avversione nei confronti del dispotismo e un forte desiderio di giustizia sociale che permea tutta la sua produzione:

   Al mio amatissimo fratello Giuseppe.

   Sono molti anni dacché l’industrioso operaio è succeduto nel paese nostro al lazzaro il cui tipo si è perduto nella progredita civiltà dei nostri costumi. Pur, quanti torti, quante calunniose amenità dello straniero su questa classe del nostro popolo, che ebbe in ogni tempo i suoi splendori e le sue miserie e le glorie in maggior numero delle infamie!

   In questo mio libro mi propongo di dipingere al vero indole, i gusti, le tendenze, i costumi, il naturale insomma dei nostri popolani e tessere di loro sommariamente la storia civile e domestica pel volgersi dei secoli, e seguirli fino alla loro compiuta trasformazione avvenuta nei nostri tempi. Mostrare quali virtù civili si sarebbero sviluppate nei nostri lazzari ove l’opera della secolare tirannide non ne avesse snaturati i germi, sarà benanco lo scopo dell’opera mia. […]

   A te, che fosti sempre costante propugnatore del giusto e dell’onesto contro l’illegalità e l’arbitrio: che nutristi sempre sentimenti democratici, anche quando il dispotismo andava a ricercare il pensiero nelle latebre del cervello, a te dedico novamente questo mio lavoro, parendomi che i sacri affetti di famiglia consacrino un libro meglio che le cortigianerie ai potenti ed ai ricchi.

   Vivi felice, F. M.

   Napoli, 13 ottobre 1877

   Poco presenti ma alquanto significative sono le epigrafe che lo scrittore introduce in funzione di avantesto all’inizio di Erodiade, del Nerone in Napoli e del Cosimo Giordano per richiamare l’interesse del destinatario «anticipando il messaggio dell’opera» o alcuni suoi aspetti salienti.

   Nel romanzo ispirato alla celebre figura biblica, le parole tratte dal Vangelo di Marco pongono subito l’attenzione sull’uccisione di Giovanni Battista.

   «Ipse enim Herodes misit, ac tenuit Joannem, et vinxit eum in carcere, propter Herodiadem uxorem Philippi fratris sui, quia duxerat eam».

   Nel libro dedicato ai casi dell’antico imperatore, la citazione tratta da Tacito sottolinea il carattere istrionico del personaggio che a Napoli volle fare mostra delle sue presunte “doti” artistiche:

   …Acriore i dies cupidine adigebatur.

   Nero promiscuas scenas frequentandi: nam adhuc per domum aut ortos cecinerat Juvelanibus ludis quos, ut parum celebres, et tantae voci angustos spernebat.

   Non tamen Romae incipere usus, Neapolim, quasi graecam urbem, delegit… Cornelio Tacito. Liber XV Par. XXXIII.

   Infine l’epigrafe che anticipa il racconto incentrato sulla vita del Giordano sembra alludere alla commistione di interessi politici ed economici che spinsero i briganti ad appoggiare la fazione borbonica:

   Viva el rei, e dà cà a capa

   Viva il re e dammi il mantello

   (Proverbio portoghese)

   Nei primi due brani è interessante notare la scelta di conservare la lingua antica senza fornire alcuna traduzione, a testimonianza che Mastriani probabilmente intendeva rivolgersi ad un pubblico ampio ma istruito, capace di cogliere citazioni colte.

   Proseguendo la nostra indagine sull’impiego degli elementi del peritesto, osserviamo che nei romanzi storici in oggetto è presente un ricco apparato di note.

   Si tratta di una consuetudine assai diffusa nel genere letterario, i cui autori si servono delle note per introdurre riferimenti alle fonti adoperate, inserire descrizioni dettagliate degli avvenimenti storici che fanno da sfondo alla vicenda inventata oppure ampi brani di documenti ufficiali che contribuiscono ad attestare la veridicità del racconto, saldando il patto narrativo tra autore e lettore.

   Il romanziere correda le sue opere con una grande quantità di informazioni relative agli usi e costumi delle epoche trattate: fornisce spiegazioni di carattere linguistico; cita gli autori e i testi consultati per ricostruire episodi bellici e politici o per delineare il carattere dei protagonisti. Nelle note della Luigia Sanfelice, ad esempio, troviamo riferimenti espliciti alle opere storiche di P. Colletta, di C. Botta e G. La Cecilia.

   Raramente l’autore introduce postfazioni. Degna di nota è, però, la Conclusione posta al termine del Cosimo Giordano per trarre le fila del discorso, offrire un consuntivo degli eventi narrati, commentare la figura del protagonista di cui il romanziere, mostrando una non comune capacità di penetrazione psicologica, ha voluto tracciare un ritratto complesso, capace di coglierne l’efferatezza, ma anche l’umanità.

   Questo sciagurato malfattore non era forse nato co’feroci istinti del brigante: non era sanguinario; e, se la sua mano si lordò di sangue umano, vi fu indotto dalle fatali circostanze della sua vita.

   Era bensì avido di danari; e gli piaceva il vivere comodo e agiato: aveva istinti signorili.

   Benché analfabeta, la sua mente non era quella di un cretino; e più volte diede lampi di una intelligenza superiore al suo stato.

   Al termine di questa rapida indagine sulla presenza degli elementi peritestuali nei romanzi di Francesco Mastriani, possiamo pertanto affermare che essi svolgono funzioni non secondarie nel connotare l’opera divenendone parte integrante, «organismo compatto e omogeneo, capace di offrire fin dal primo momento le coordinate entro le quali situare il testo» affinchè il lettore possa comprenderne e apprezzarne i messaggi profondi.

                                                                                                       CHIARA COPPIN