SUL FITTO DELLE CASE IN NAPOLI

     

   – Qui est cet homme?

   Pardon; ce n’est pas

        un homme; c’est un

        propriètaire.

.                                   B.

.

   Vogliamo toccare questo doloroso e cruentissimo argomento, di cui abbiamo a lungo ragionato nella nostra opera I Vermi. Parecchi periodici della nostra città ci fecero l’onore di riportare nelle loro appendici quel brano dell’opera nostra che colpisce l’usura de’padroni di casa; e noi li ringraziamo più pel paese, per cui fanno opera veramente meritoria tutti quelli che in un modo o in un altro si studiano di chiamare l’attenzione de’nostri legislatori su questa vergognosa camorra.

   Quando si parla di proprietà, sembra che un timor panico invada i più arditi pubblicisti, che hanno paura di sfiorare l’epidermide di questo subbietto, come se si trattasse di metter la mano su l’ostia consacrata. A questo modo le grandi quistioni sociali rimarranno sempre indefinite e irresolute. Si è detto: La proprietà è sacra e inviolabile, e si è messo il bavaglio alla stampa, alla parola, alla discussione. Eh! perdinci, tante cose credute anche più sacre e più inviolabili della proprietà son cadute sotto il dominio della discussione, dell’esame e dello spirito analitico del secolo.

   Trincerati dietro al domma della inviolabilità della proprietà, i padroni di casa hanno gittato il guanto di sfida alle classi bisognose della società, ed han detto loro: «Assoggettatevi alle nostre tiranniche leggi, o andate a dormire a cielo scoperto» E gli uomini che seggono alle scranne governative han lasciato che quei lupi divorassero gli agnelli, perché han temuto scottarsi le mani toccando le pietre. Eppure, i governi non sono stati così timidi quando si è trattato d’incorporarsi i beni demaniali o i lasciti ecclesiastici; e poi sono di una timidezza infantile quando si tratta di far cosa che torni al vero bene dei popoli.

   Or vediamo che cosa può e dee fare il nostro governo per frenare queste impudenti usure che si esercitano su i ceti più vivi e più rispettabili della nazione, quali sono per lo appunto i ceti laboriosi, le classi che vivono col frutto delle loro oneste fatiche.

   E, prima di tutto, vediamo se è mai possibile ad un professore, ad un impiegato, ad un operaio il vivere in Napoli nelle presenti condizioni del caro de’viveri e de’fitti di casa. Prendiamo, per termine medio, un impiegato, con famiglia, il cui stipendio sia di cento lire al mese.

   Questo impiegato avrà, per esempio, la moglie e tre figliuoli. Per avere un qualche risparmio nella pigione, il nostro povero diavolo andrà a trovarsi una casetta nientedimeno che sul Vomero – Due stanze, la cucina e un terrazzetto, quaranta lire al mese!!! E il povero impiegato paga 40 lire al mese per abitare sul Vomero; costretto a scendere e a salire ogni giorno sotto la canicola e le grandine. Quel casino, venti anni fa, si fittava per quaranta ducati all’anno, cioè per circa tredici lire al mese – Vediamo di presente se il nostro impiegato potrà vivere con altre lire 60 al mese. Quanto volete che paghi per suo quotidiano sostentamento una famiglia di cinque persone? Meno di due lire al giorno, prendendo un sol pasto al giorno e senza vino? Ebbene, due lire al giorno formano 60 lire al mese, cioè più di quello che resta del suo stipendio al nostro impiegato, sottratta la pigione. E le vesti? e la biancheria? e i servizi di casa? e le scarpe? e le malattie? e le tasse, gli accidenti, i casi impensati? Ecco dimostrata, in termine medio, la vita impossibile nelle condizioni presenti delle pigioni. Né si dica che questo supposto impiegato che abbiamo preso ad esempio possa lucrare qualche altro spilluzzico di denaro all’ infuora dello stipendio.

   La tirannica pedanteria della burocrazia piemontese obbliga un infelice applicato a trovarsi al suo posto alle nove in punto del mattino per essere libero non prima delle cinque o delle sei della sera. Per trovarsi al suo posto alle 9, il nostro impiegato deve partirsi dal Vomero alle 8; dove si ritroverà, stracco morto nel grembo della sua famiglia alle sette della sera.

   Domandiam noi se è mai possibile che questo disgraziato trovi il tempo di lucrarsi un marengo come che sia in altro onesto modo. Ed ecco la necessità funesta delle disoneste pratiche, dello inadempimento agli obblighi assunti; delle vergognose transazioni colla dignità dell’anima propria; la necessità di chiudere un occhio sulla onestà della moglie o della figliuola!…. Ecco quello che producono i padroni di casa in Napoli, ed anco sentiamo nel resto d’Italia, e soprattutto in Firenze.

   Noi torniamo a riprodurre al governo una nostra idea che ci sta fissa nella mente, e che ci pare di non difficile applicazione. Invitiamo la stampa italiana a meditare su questa nostra idea; e, dove la esimi fattevole, non si periti a caldeggiarla ed a promuoverla con tutta ostinazione, insino a che i corpi legislativi dello Stato ne prendano nota e iniziativa. Questa idea, che già abbiamo esposta altrove, è una tariffa su le pigioni proporzionata alla tassa fondiaria.

   Noi non abbiamo la minima pretensione di farla da economisti; alla quale scienza ci dichiariamo profani del tutto; ma ci pare che il provvedimento che proponiamo non debba incontrare quelle difficoltà insormontabili da renderlo inattuabile. Combattere l’usura non significa combattere la proprietà. D’altra parte, se una tariffa è imposta alle carrozze da nolo, che sono pure altrettanto piccole proprietà, se i generi commestibili tengono la loro assisa; perché non frenare la cupidigia insaziabile di questi vampiri sociali, che, succhiando il sangue del prossimo, levaron su quattro pietre, e dissero bonum est nos hic esse? – malediteci, voi altri – eglino dicono nella durezza della loro faccia inalterabile – malediteci, imprecateci, ma pagateci; ma vendetevi l’anima per soddisfare a’vostri obblighi verso di noi; ma prostituite le vostre mogli e le vostre figliuole, ma impiccatevi per la gola, purché sborsiate la pigione. E, mentre faticherete giorno e notte per pagare il tetto che vi copre; mentre col freddo sudore della vostra fronte inaffiarete il tozzo di pane da gittare nelle fauci de’vostri figliuoli; mentre voi verrete manco per la fatica sulle vostre scrivanie o su gli strumenti del vostro mestiere, noi ci gratteremo la rotonda e ben pasciuta nostra epa, esclamando Catasius nobis haec otia fecit.

   L’usuraio è colui che presta il suo denaro ad un interesse maggiore del legale; usuraio è chi fitta la roba sua per un prezzo dieci volte maggiore che nol comporta  il valore della cosa fittata. Il proprietario adunque che fitta la sua casa per un prezzo dieci volte maggiore di quello che corrisponde all’interesse del capitale impiegatovi non è meno usuraio del capitalista che presta il suo denaro al quaranta per cento. La legge che protegge e difende i proprietari contro i pigionali morosi, allorché e conscia di queste succide usure, si rende complice degli usurai, ed attenta alle eterne leggi di giustizia e di eguaglianza di diritto.

   Un gran passo d’umanità e di civiltà è stato dato senza dubbio coll’abolizione dell’arresto personale, lurido avanzo di romana barbarie; ma i padroni di casa sanno ben rivalersi di questa formidabile arma che loro vien manco nelle mani. Eglino hanno inventato l’intera annata anticipata; il fitto obbligatorio per un anno da parte del pigionale, e per un mese da parte del proprietario, l’affitto a cambiale, e tante e tante altre maniere di spiritosi afforcamenti. Il gusto ed il genio d’impiccare la gente non manca mai a queste mignatte dell’umanità.

   Un’altra importantissima cosa, su cui ci piace richiamare l’attenzione dei nostri legislatori, è il fatto delle supposte infezioni che alcune malattie riconosciute dalla Legge come non contagiose, lasciano sulle preziose ed immacolate mura di una casa, al dire di questi cari Nabab. Non sappiamo comprendere nulla di più assurdo, di più ridicolo, di più ricalcitrante al buon senso e alla ragione, che questa minchioneria solennissima di credere che l’ultimo fiato (badate che l’ultimo solo è infetto) di un tisico si apprenda alla parete di una stanza ed aspetta che la detta stanza venga occupata da altri pigionali per istaccarsi momentaneamente dalla suddetta parete ed andare a ficcarsi in corpo di qualcuno dei nuovi abitatori di quella casa.

   Pare incredibile che nel secolo della ragione, della filosofia, dello scetticismo in tutto, la legge tenga mano a simili fole soltanto per favorire quei cari suoi beniamini che si chiamano padroni di casa.

   Cessino adunque in nome dell’oltraggiata umanità, cessino questi abusi; e pensi seriamente il governo a porre rimedio a questi grandi mali che ci affliggono. In primis et ante omnia LA TARIFFA SULLE PIGIONI PROPORZIONATA ALLA TASSA FONDIARIA; in secondo luogo, non permetta che si facciano fitti di casa per un termine più lungo di un mese pagato sempre anticipatamente; e ciò per evitare tante stolide pretensioni dei padroni di casa, come garanzie, doppie firme ec. ec. ec. ec; in terzo luogo, rigetti qualunque reclamo per rifazioni in caso di morti estimate contagiose. Il solo dritto che l’autorità dee lasciare a’padroni di casa si è quello di mandar via, senza bisogno di preventivi, il pigionale, il quale, scorsi i primi dieci giorni del mese, non avrà soddisfatto alla mesata anticipata.

   Adottandosi questo sistema, ogni buon galantuomo avrà il dritto di occupare quella casa che più convenga a’suoi gusti, a’suoi affari, senza che il padrone di casa abbia il dritto di rifiutar l’inquilino per nessun motivo, allorché questi paga esattamente la sua pigione mensuale anticipata. A questo modo si eviterebbe eziandio quella inconveniente e schifosa inquisizione, che i padroni di casa chiamano informi, e che mette la riputazione di un onest’uomo in balia del capriccio, del maltalento o della ignoranza di un portinaio, di un ciabattino o d’una donnaccia da strada. A questo modo un dabben’uomo non sarebbe obbligato di arrossare con un parente o con un amico per ottenere la firma di garanzia, che spesso vien rifiutata anche da’più intimi amici e da’più stretti parenti.

   Tutto questo pertanto subordinatamente alla prima essenzialissima riforma qual si è quella della tariffa delle pigioni.

   Vogliamo sperare che queste nostre parole non sieno gittate al vento. Preghiamo caldamente i nostri colleghi della stampa periodica di battere periodicamente su questo chiodo. Noi siamo sicuri che i governanti faranno orecchi di mercante; giacchè, disgraziatamente, i governanti appartengono al ceto de’possidenti; ma se la penna fa cadere gl’imperi, non arriverà a fare almeno inciampicare queste spugne assorbenti del sangue umano che si dicono padroni di casa?

                 FRANCESCO MASTRIANI