COONSIGLI ALLE SIGNORE E ALLE SIGNORINE

   Anche questa volta vogliamo occuparci di voi, signore donne. Confessiamo che ci fa più piacere l’aver da fare con voi che con questi furfantacci di uomini, che si seccano di tutto, ed anco di voi (scusate). Questa volta non intendiamo parlarvi né delle vostre vesti né dei vostri cappelli, ma vi ragioneremo di voi stesse, se egli è pur possibile di ragionare quando si discorre con voi, che faceste perdere la logica al più sennato capo di questo mondo.

   Da ogni parte vi sentiamo muovere lagnanze per le infedeltà de’vostri amanti e de’vostri coniugi o almanco per la loro indifferenza o freddezza. A tal proposito, vogliamo darvi alcuni consigli che, ove gli accettiate o li seguiate, vi faremo un gran bene; e ce ne ringrazierete di cuore.

   Vi parleremo col cuore sulle labbra, senza troppe cerimonie. Abbiamo la piccola pretensione di conoscervi abbastanza per dire de’fatti vostri quello che crederemo più confacente a’vostri veri interessi.

   E primamente, è innegabile che le Napolitane sono tra le più ingegnose donne d’Italia; eppure elleno non si sono ancora spastoiate da’pregiudizi della vecchia società. Noi amiamo ed apprezziamo nella donna il contegno, la modestia e il pudore, che sono le armi naturali onde la sua virtù si difende e si conserva; ma troviamo che quello star sempre avviticchiate alla gonna materna; quel continuo imbarazzo in cui sembrano impacciate le nostre damine del ceto medio; quella simulazione perpetua che siede su le loro fronti per effetto di private lezioni materne; quello eccedere sia nella ritenutezza sia nella loquacità, sia nella immobilità della persona, sia nella troppa vispezza dei movimenti; quel ridicolo tenersi la mano dell’una in quella dell’altra; quel sbaciucchiarsi senza proposito fra loro, inteso forse ad eccitare i desideri degli uomini; quel non saper ragionar d’altra cosa che di cuffie, di merletti, di nastri e di vesti; tutto ciò, salvo sempre le numerosissime eccezioni, pone le napolitane al di sotto delle altre donne italiane, con tutto che abbiano assai più ingegno, cuore e morale. Senza dubbio, l’arte di saper essere donna è un’arte assai difficile, la quale non si apprende che da quelle privilegiate figliuole di Eva, a cui Dio ha regalato molto gusto, molto spirito e molto discernimento. D’altra parte, bisogna aggiungere ad onor del vero, che le nostre donne sono buone, affezionate, casalinghe, riservatissime, di giocondo umore, di fantasia vivace, facili a perdonare, sensitivissime alle altrui sventure, leggiere ma non isventate, incapaci di grandi ed eroiche passioni, ma capacissime di nobili e oscuri sacrifici e di domestiche annegazioni.

   Ed eccoci ora a ricordare a queste nostre care due terze parti alcune verità che potranno avere non poca influenza sul loro benessere e su la loro domestica pace. Vorremmo che le nostre signore maritate non si affrettassero, come elleno fanno, a spoetarsi agli occhi de’loro mariti. Questo difetto, se così suolsi chiamare, è comune a quasi tutte le classi della nostra muliebre popolazione. Che cosa non fanno le nostre fanciulle per incatenare al loro gioco un amante? Con quanta arte non studiano di dissimulare i loro difetti fisici e morali? Con quanta gelosia non vegliano che altre non rapiscono loro l’oggetto del loro amore? Di quanta poesia non fanno di circondarsi agli occhi del loro amante? Or bene, non sì tosto questo amante divien marito, una trasformazione a vista si opera nelle nostre donne. Ottenuto lo scopo bramatissimo del matrimonio, elleno non si dànno più nessun pensiero di dissimulare agli occhi de’loro sposi i loro difetti fisici e morali; anzi par che si studino piuttosto di dissimulare a’loro occhi le buone qualità dello spirito; e né si curano più di attenuare, come faceano dianzi, per via d’una studiata acconciatura, i loro fisici difetti. Elleno si porranno allo specchio soltanto quando sono chiamate a comparir belle agli occhi degli altri; ma se dovranno rimanere da sole a sole co’loro mariti, non penseranno un fico a farsi meno brutte o più belle. Quasi sempre interviene che una delle nostre damine, la quale, pria di maritarsi, avea studiato con diligenza ed amore le arti belle, le lingue straniere ed altre nobili discipline, abbandoni il tutto non appena maritata – Le cure domestiche tolgono il tempo, esse dicono per colorare questo imprudente abbandono – Non è vero, diciam noi a queste damine; ma gli è perché codesti ornamenti di che vi facevate più belle agli occhi del vostro amante, li credete ormai inutili dacché l’amante diventò marito… Voi altre signore non vi accorgete che i vostri modi, il vostro linguaggio, il vostro volto, l’anima vostra, tutto è cambiato da un giorno all’altro. Il vostro sposo trova in voi un’altra donna, tutta diversa da quella che un giorno prima gli era apparsa dinanzi. Voi non vi accorgete che non sapete toccare altro tasto col vostro signor marito che quello spoetantissimo delle cifre. Per carità, angioletti miei, badate a questo. La pace domestica, l’avvenire della vostra famiglia, la felicità vostra dipendono dall’arte con cui la moglie non farà dimenticare l’amante. Pensate che voi dovete combattere, la mercé della più amorosa e dilicata civetteria, la pendenza che hanno gli uomini in generale pel frutto proibito. Pensate che la più brutta donna avrà sempre agli occhi di vostro marito più poesia di quel che ne avrete voi; imperciocchè il prohibitum ha la sua maledetta poesia fin da quel dì che il diavolo si mischiò nelle faccende dell’uomo. Pensate da ultimo di non menar mai vanto, all’altrui presenza, dell’amore di vostro marito, imperciocchè questo vanto umilia un uomo di spirito ed il pone quasi sempre in una imbarazzante posizione.

   Il parlare del proprio consorte in bene od in male disdice ad una donna, e fa sempre torto al marito.

                           FRANCESCO MASTRIANI