CRONACA DELLA SETTIMANA 8 SETTEMBRE 1867

   La succidezza in alcune contrade della nostra città fa schifo e ribrezzo. Noi potremmo additare ben cento e cento di questi centri pestilenziali miasmi. E i Padri della patria si occupano della Mecca o del Paraguay. Ma vivono si o no in Napoli questi signori? Hanno occhi e naso? Per castigo, noi li condanneremmo a stare mezza giornata, verbigrazia, presso la palizzata dirimpetto al teatro Bellini!!, nel fondo Avellino alla salita di Tarsia, nel Vico lungo di Pontecorvo, nella calata Fontanelle alla Sanità, nella calata Croce di Palazzo, nel Vico Nocelle all’Infrascata, e in altri luoghi somiglianti, di cui le più puzzolenti bolge di Dante possono appena adombrare un paragone.

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   Nella sezione Pendino, un proprietario, che era in arretrato della tassa su la ricchezza mobile, avea gravato di questo debito un suo pigionale moroso, il quale erasi alla meglio convenuto col precettore, quando pochi giorni fa un usciere con due carabinieri si presentò nella casa del detto pigionale intimantogli un sequestro, qualora non avesse immediatamente sborsato una sommetta. Il pigionale si richiamò al precettore, il quale disse di non aver mai spiccato mandato di sequestro contro di lui. Pare che in questo fatto l’usciere abbia voluto far mostra di soverchio zelo, contro la massima di Talleyrand Surtout, pas de zèle.

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   Sentiamo che nella strada Pignasecca una matrigna abbia tentato di avvelenare la figliastra con pasta vescicatoria. Dicesi che la rea femmina sia stata tradotta nelle carceri muliebri di S. Maria Agnone.

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   L’Ispettore di Pubblica Sicurezza signor Alessandro Avitabile moriva di colèra in Messina, vittima del suo dovere. Il patriottismo del sig. Avitabile e la squisita gentilezza de’suoi modi gli aveano conciliato la stima e le simpatie universali; onde la sua morte è da tutti sinceramente rimpianta.

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   La defunta ex-regina di Napoli Maria Teresa d’Austria lasciò al papa cinquantamila ducati per un requiem all’anima sua. Ecco pagato caro prezzo un posticino in paradiso!

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   L’alta carica di governatore del Palazzo Reale, dalla quale si è dimesso il principe di Ottaiano, è stata assunta dal principe di Piedimonte. Questa scelta è stata favorevolmente accolta nel paese.

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   Nel giorno 19 agosto ult. Con l’ultimo treno da Napoli arrivava alla stazione di Marcianise un giovane che durante il viaggio non avea fatto altro che vomitare. E per il vomito e per il collasso in cui era caduto si avea ragione di credere trattarsi di un caso di colèra. Il povero giovane avea bisogno di aiuto per potere scendere dal convoglio ed andare a casa in Marcianise; e questo aiuto gli venne dai Carabinieri di quella stazione, i quali lo fecero discendere non solo, ma sostenendolo per le braccia lo trasportarono fino ad una carrozza ove comodamente lo adagiarono.

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   Nel giorno 11 dello scorso agosto, nel tenimento di Capua, e propriamente nella casa rurale del signor Domenico Scialò, trovavasi il cadavere di un uomo che all’ apparenza mostrava di avere un 70 anni e di essere un mendicante. Sottoposto a minuta ispezione, nulla offriva che attribuire si potesse a reato; esposto legalmente il detto cadavere non fu riconosciuto.

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    Leggiamo nel giornale Roma:

   Allorché fu pubblicato il programma delle materie su cui sarebbe versato l’esperimento per i maestri municipali, di cui già ci occupammo, ognuno, che del loro ufficio ha giusto concetto, non poté non esclamare: – Deh! quanto mai vien trascinato nel basso! Non era infatti quistione di esperimentare l’attitudine pedagogica didattica de’concorrenti; ma… di vedere se sapessero di ortografia – se fossero buoni a stendere, su traccia data, un racconto o una lettera! – Pure, anche a forzare le parole del programma, poteva ritenersi che la Commissione da cui emanava, avesse dovuto aver questo in mente: «Poiché lo studio ortografico è così negletto, facciam sì che i concorrenti dieno prova di sapere de’metodi più acconci e sicuri secondo cui insegnare l’ortografia italiana» – E per l’altra parte: «Poiché si esce dalle scuole e non si è ancora buoni a fare un racconto od una lettera a modo, troviamo tra i concorrenti chi sappia de’metodi migliori secondo cui guidare, con certo profitto, gli allievi nei primi gradi della composizione – destarne l’inventiva – addestrarli nella disposizione – istruirli in una corretta esecuzione e via dicendo » – Questa almeno, se non ci falla il giudizio, sarebbe stata prova da maestri: invece che si è chiesto? «Dell’uso dell’apostrofo, dell’accento ecc. ecc.!

   Ma, buon Dio, qual mediocre scolaro di grammatica non risponde bene a simiglianti quesiti? E sarà mai per questo reputato atto, ancorché avesse i 18 anni compiuti, ad insegnare ortografia? Qual mediocre scolaro di ginnasio non sa stendere un racconto, su traccia data? E vorrà dir questo che egli sappia e possa ammaestrare nel comporre? Che logica, che criterio è mai questo? E sono dunque stati esami da maestri i nostri, e non prove da scolarelli?

   Or fino a quando ciascuno che sappia leggere e scrivere alla men triste si terrà per questo in grado di farla da maestro, le sorti della popolare istruzione saranno mai sempre in naufragio – Dalla professione siffattamente avvilita, si terranno lungi quei che di metodo e d’insegnamento s’intendono un pochino – o se anche egregi giovani laureandi vi si accosteranno, non sarà certo per la professione; ma… forse pel provvento che assicura – Nell’un caso e nell’altro lo scapito è manifesto.

   Gli studi pedagogici in Italia non sono troppo in fiore, che che se ne dica dai tanti raffazzonatori di libricciattoli nuovi e nuovissimi. – Ma che dire, quando mostrano ignorarne il valore e l’estensione coloro appunto, cui sono affidate le cure della pubblica istruzione? Ripetere l’acconcio detto tractent fabrilia fabrit.

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   Ci viene spedito il seguente indirizzo. Sentiamo il debito di pubblicarlo tal quale, giacchè il desiderio in esso espresso si accorda con quello che già manifestammo in uno de’nostri articoli su la malattia dominante:

   All’Illustris. Sindaco di Napoli

   È il terzo anno di seguito che questa infelice città è sacrificata dal ferale morbo.

   L’esperienza ha mostrato ad evidenza in questo periodo di tempo due fatti troppo eloquenti.

   Il primo riflette ad una classe, cui la sociale educazione ha resa più sensibile ed impressionabile nel suo modo fisico di sentire.

   Il secondo colpisce sventuratamente la classe artistica indigente, che vive del lavoro giornaliero del primo. L’una, tocca dalla Paura, alimentata inconsideratamente dal Giornalismo, che non per anco ha compreso il danno e le vittime che più del morbo egli miete alla giornata, fugge ed emigra nelle vicine campagne. L’altra, priva di mezzi, languisce nella fame, e – per mancanza di sussistenza giornaliera – è suo malgrado astretta a cibarsi di alimenti di poco conto e malsani – ciò che più l’ammazza, e non le fa sentire tutte le fatali conseguenze dell’epidemia divoratrice.

   Chi n’è la causa motrice di tante sciagure?

   La giornaliera pubblicazione del Bollettino sanitario, che – senza neppure pensarlo – viene riportata dal Giornalismo.

   Qual rimedio apporvi?

   Una Circolare del primo Cittadino alla stampa libera del Paese, con che si prega ciascun Direttore di Cronaca, di raccomandare, in cotesti momenti solenni, o un moderato silenzio, o una Cronaca di conforto, ricordando loro – Cha la Paura è un’idea non sottoposta all’umana volontà.

   Questa e non altra è stata la condotta del Municipio di Milano e di tutte le altre Città italiane.

   Gradisca i sensi di stima

         Napoli 3 Settembre 1867.

                                      Il Popolano

                                      L.Agostini

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   Riceviamo dal Prof. Fedele Devenal di Torino la seguente lettera. Crediamo di pubblicarla nel solo scopo di mostrare che i nostri sforzi tendenti a rialzare le condizioni della donna nella civil società  trovano simpatia e incoraggiamento. L’egregio Professore ci perdonerà se togliamo dalla sua lettera qualche brano che ci riguarda.

                  

Egregio Signor mio

         Benchè io non ho il bene di conoscerla personalmente, la conosco abbastanza per i suoi scritti, i quali rivelano un’anima ispirata al bene dell’umana famiglia.

   Lei mi permetterà pertanto ch’io mi congratuli secolei per la sua nuova pubblicazione, di cui sono un associato, Le Ombre.

   Coraggio, mio buon amico (mi permetta che così la chiami): l’opera che Lei ha intrapresa è nobile, giusta e santa; e quest’opera non poteva nascere, non doveva essere parto che di un essere ispirato dalla santità del concetto, dal vero e sentito amore che deve avere l’uomo per la sua compagna quaggiù.

   Piacesse a Dio, che, di cuore ce lo auguro e lo bramo pel bene dell’umanità, Le Ombre fossero apportatrici di luce e di progresso, e fossero di sollievo alla femminea prole.

   La donna! qual’essere si può trovare quaggiù più degno di venerazione, più degno di riguardo e rispetto?

   Eppure l’uomo che la dovrebbe adorare, proteggere, farsene il santo tutelare della famiglia, sì, l’uomo che ne inventò la schiavitù, che trovò il mezzo di renderla vile deturpandola; il sacerdote che la trovò impura ma che non ne rifiutò, anzi ricercò il contatto, il legista che la privò della protezione dei diritti civili rendendola inetta in giudizio, ma che rea la condanna; tutti e tutta la caterva maschile si scatenò su quest’ arcangelo di luce che Dio diede all’uomo, ma che egli sconobbe… Sì, caro Mastriani, facciamoci campioni e protettori di quest’essere, di quest’opera sì vaga uscita dalle mani dell’Eterno fattore, e se arriveremo ad alleviarne le pene noi avremo ben meritato dell’amor suo e dell’amor di Dio suo fattore.

   La donna, vergine qual fiore d’un ridente aprile, quest’Essere cinto d’una luce che imparadisa, è dimenticata, avvilita. Vergine, l’avida voluttà del libertino la circonda di mille insidie, la colma di mille vezzi da cui esala il tanfo della più nera menzogna seduttrice; vintane la debolezza, quel maledetto segnato da Dio sarà il primo a farla segno di disprezzo, a calpestarne il tradito pudore.

   Caro Mastriani, vogliamo lenire le piaghe che affliggono tanto l’ente femmineo?

   La nostra sferza colpisca anzi tutto l’uomo, sì, colui che arrogantemente si eleva giudice di un colpevole che egli stesso spinse al delitto.

   La santa missione dei cultori del vero a Lei non è ignota; perciò

«Sotto l’usbergo del sentirsi pari»

   dobbiamo sferzare impavidamente, e coraggiosamente smascherare la turpitudine ovunque si nasconda, e ripetere col Cristo:

         «Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra.»

   Voglia pertanto gradire i sentimenti della mia profonda stima, e la sincera e cordiale amicizia che umilmente le offro, mentre di cuore me lo professo suo

                                                                                     Affez. Amico

                                                                           PROF. DEVENAL FEDELE

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   Il Signor Domenico Jaccarino ha fondato qui in Napoli una Scuola Dantesca popolare in dialetto napolitano. Riportiamo le sue parole:

   «Lo stato di abbiezione, in cui si trova il nostro popolo, mi ha mosso ad inaugurare un Corso di Lezioni sopra la Divina Commedia di Dante; onde poter istruire ed educare le masse popolari, coll’idioma volgare, parlando loro la vera fede e la Religione del Cristo-Dio; a quelle masse popolari che finora non ebbero che superstizioni e dispotismo, schiavitù e bastone.

   «Io non poteva scegliere né un autore migliore, né un libro più adatto all’uopo; poiché in Dante vi è l’ideale dell’uomo giusto, probo ed intelligente, nella Divina Commedia vi sono racchiusi i germi delle Scienze, Lettere ed Arti, ed è il semenzajo di tutte le virtù, sì private che pubbliche, sì cittadine che nazionali. Non potea quindi inspirarmi in un’opera più grande.

   «Le mie intenzioni sono pure e disinteressate; io non ho altra mira che insegnare le massime della vita civile, che si trovano racchiuse nel Divino Poema. Non invoco quindi, per la installazione di questa Scuola, né l’appoggio materiale del governo, né quello del municipio, ma la protezione de’cittadini, ch’è superiore a quella dell’uno e dell’altro. Ne’governi liberi ciascuno deve fare da sé, promovendo il bene del proprio paese.»

                                                                                                            FRANCESCO MASTRIANI