CRONACA DELLA SETTIMANA. 21 APRILE 1867

   La passeggiata di giovedì e di venerdì, secondo l’antico costume napolitano, ha offerto largo campo alla critica de’salotti. Venerdì a sera le conversazioni furono animatissime, e parecchi intrighetti scandalosi formarono il subbietto de’comenti delle belle e della invidia delle brutte, che volentieri sacrificherebbero la loro riputazione purché si potesse dir di loro altrettanto.

   Una delle avventure che ha dato più materia al femmineo cicaleggio è stato la sparizione della signora C… dalle braccia del suo sostenitore. Il caso è stato bizzarro e curioso – Giovedì sera, la signora C…, bella e graziosa figlia della Brenta, con un nasino in su da fare invidia alle più vispe parigine, con una vitina da vespa e con certe forme di rara perfezione, passeggiava sotto al braccio del suo Cassiere amoroso.

   Arrivata la scelta coppia appo il Gran Caffè del Palazzo Reale, un giovine elegantissimo, amicissimo dell’uomo della bella, esce dal Caffè e va incontro alla coppia felice. Il giovinotto si slancia al collo dell’amico, lo bacia su ambo le guance, e non sa trovar parole da esprimere la sua gioia di rivedere quel raro amico. Dopo infinite esclamazioni di giubilo, dopo reiterate strette di mano, il giovinotto offre la sua servitù alla dama, che sembra accoglierla con molta freddezza. Di che non iscuorato l’espansivo elegante afferra pel braccio l’amico, che ha sempre sotto al braccio la bella Veneta, e lo costringe ad entrare, sempre colla leggiadra Veneta sotto al braccio, nel Caffè per prendere qualche ristoro.

   Il giovinotto si mostrò davvero garantissimo e generoso: un profumato biglietto da venti lire ritornò cambiato in una succida e schifosa carta da due lire. Diciotto lire erano state in mezz’ora divorate dall’affamata e assetata bella Veneta e dal suo compassato sostenitore.

   Nello uscire dal Caffè, il giovinotto offre il braccio alla bella: il sostenitore va appresso.

   Le tenebre cominciavano a cadere su la terra; la folla diveniva sempre maggiore, e il rumore dello strascico delle vesti rassembrava al fremito delle onde del mare.

   Il sostenitore fu un momento trattenuto da un importuno. Sbarazzatosi da costui, il nostro uomo si caccia nella folla a furia di spintoni per trovar la sua tosa.

   Ma la tosa era sparita col suo nuovo cavaliere.

   Dio sa a quest’ora su quali sponde si trovano!

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   Un altro avvenimento non meno bizzarro è quello che accadde venerdì sera.

   La signorina Bettina…, la più leggiadra brunetta che abiti nella strada di Chiaja, e che porta un obelisco di capelli in testa, andava alla passeggiata sotto al braccio d’un suo fratello ventenne, sciocco come tutti i fratelli che accompagnano le sorelle al passeggio di Toledo il giovedì e il venerdì santo. Bettina menava il paziente fratello su e giù per la strada di Toledo, che essi avevano misurato tre o quattro volte in tutta la sua lunghezza. I fratelli e i mariti non si avvedono mai di niente; essi hanno la vista corta, epperò Peppino (immaginiamo che il fratello di Bettina si chiami Peppino, perché tutt’i buoni fratelli si chiamano Peppini) non si era accorto che un satellite di sesso maschile, barbuto come un ebreo, costeggiava la Bettina, che talvolta (quando la calca era maggiore) abbandonava la sua destra, come per distrazione, alla pressione d’una sinistra, che si trovava sempre pronta ad accogliere quella ospite cara. Fatto sta che la Bettina è di quella che in fatto di adoratori amano più il numero plurale che il singolare; ed in questo non sapremmo darle torto; è meglio averne parecchi per ogni circostanza, ed anche perché variety pleases.

   È probabile che qualche altro satellite seguisse pure l’astro dal crine arruffato; perciocché una volta che (colto un momento di affollamento) la solita mano si abbandonò per ricercare le falangi maschili, non una ma due mani si avventarono a godere della dolce pressione; ma disgraziatamente le due mani non appartenevano allo stesso individuo: i due satelliti si erano incontrati nella stessa ellittica…Uno schiaffo sonoro fu udito nel mezzo della folla… Un orribile subuglio arrestò i curiosi passanti. Si temea per una scena di sangue… Bettina era svenuta nelle braccia del fratello, che, al solito, non si era accorto di niente.

   Sentiamo che i due rivali avessero la sera stessa vidè l’affaire… nel restaurant al Vico Rotto S. Carlo.

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   Passiamo avanti.

   Una dama, elegantissimamente vestita secondo l’ultima moda, passeggiava venerdì a fianco d’un uomo di una certa età. Una gonna di cascemirro turchino increspato; una veste corta in taffettà bruno carico, frastagliata a denti orlati di trina nera, e un palettò diritto come la veste e frastagliato allo stesso modo, componevano l’acconciatura di questa distinta signora, i cui bellissimi capelli biondi arricciati erano sormontati da un grazioso berretto in velluto nero adorno di piume di paone. L’alta ed elegante statura di questa passeggiatrice, il suo nobile e maestoso portamento, le sue avvenenti sembianze la facevano distinguere nel mezzo della folla delle comarelle che battevano Toledo co’più o meno alti calcagni de’loro stivaletti: ella ricordava quella tale Calipso che passeggiava nella sua isola in mezzo alle ninfe. Ella avea passeggiato dalle 7 fino alle 10: tre ore toste di cammino!  Poi si dice che la donna è sesso debole! Noi crediamo che ella aspettasse a Toledo qualcuno che non venne. Se noi conoscessimo questo qualcuno, il vorremmo additare alla esecrazione de’presenti e de’posteri. Ma fin dalle 9 e mezzo, una gran sofferenza si leggea su le ormai pallide guance della dama. Un attento osservatore avrebbe scorto sul volto di lei una lotta terribile ch’ella sosteneva nel suo sé. Questa lotta, sostenuta per qualche tempo, finì col trionfo della natura su l’arte. La donna svenne, e fu trasportata nel Gran Caffè. Una folla di eleganzi circondavano la bella dama, la quale per mezzo dell’uomo che l’accompagnava, e al quale avea detto qualche cosa all’orecchio, fece pregare quegli officiosi signori di allontanarsi e di lasciarla libera. Quando si vide sbarazzata dagl’importuni che l’aveano circondata, la dama si piegò e… si tolse lo stivaletto del pie’dritto. Un callo crudelissimo era stato la misteriosa causa di quelle sofferenze e di quello svenimento.

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   Seguitiamo a narrare la cronaca della classica passeggiata.

   Un giovanotto si accosta a un gruppo di signorine e chiede il permesso di godere della loro compagnia durante il passeggio. Il permesso è accordato con piacere. poco stante, una di quelle signorine esprime il desiderio di prendere qualche cosa fredda. Pare che la passeggiata avesse messo in caldo la ragazza. Il povero diavolo non può schermirsi dalla botta dritta – Si entra in un Caffè – La cosa fredda fu accompagnata da altre cose  tra tiepide e semi tiepide – Il conto ammontò a lire cinque e centesimi 20. Il giovinotto non avea in saccoccia che due cartoscelle da due lire ciascuna. Lasciamo pensare i sudori freddi che inondarono il corpo dello sventuratissimo accompagnatore.

   Non sappiamo come la cosa andò a terminare. Probabilmente un anello del giovinotto restò di guardia sul banco della principale.

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   Domenica a sera assistemmo con piacere ad un concerto sacro che dava la Società Corale Sebezia, fondata e diretta dal Maestro Giacomo Lombardi nello antico Istituto diretto dal preclaro Filippo Piccinini.

   Dobbiamo un tributo di ammirazione a quei valorosi giovani dilettanti, che vi presero parte.

   Le nostre congratulazioni al solerte direttore di questo Istituto sig. Piccinini, che promuove sempre i buoni studii, ed educa in pari tempi i suoi allievi ad utilissimi esercizi. Un sincero elogio alle signorine dilettanti De Angelis soprano, Clelia Piccinini, Amalia de Napoli ed Ernestina Pugliese contralti, come pure al signor Mascia che dirigeva la parte strumentale.

                            FRANCESCO MASTRIANI