COMMENTI

   Il presente romanzo è considerato di genere umoristico del narratore, gli altri sono Un destino color di rosaQuattro figlie da maritareLe anime gemelle I vampiri.

   Gina Algranati, nel suo saggio Un romanziere popolare a Napoli – Francesco Mastriani, Napoli, Stab. Tip. Silvio Morano, 1914, è abbastanza critica nel confronto di Mastriani e definisce i suoi romanzi umoristici dei libercoli dove a lettura finita, ci si domanda: umorismo? – e dove? –  e si conchiude senz’altro con lo stabilire che questi romanzi sono la negazione dell’umorismo stesso. Conclude l’Algranati il suo giudizio su questo genere umoristico di Mastriani, scrivendo: la volgarità di cui il Mastriani riesce ad inverniciare i suoi personaggi, raggiunge il più alto grado; né vale la pena di soffermarci ancora a discorrerne.

   Una risposta all’Algranati sembra che gliela abbia data 65 anni prima lo stesso Mastriani nella sua breve prefazione al romanzo Un destino color di rosa, ma la stessa nota dell’autore è appropriata a questo come agli altri romanzi umoristici da lui scritti « Benchè io sia nemico delle prefazioni, le quali considero come le solite scuse di raucedine che i cantanti accademici fanno innanzi di schiudere i loro organi vocali, cionnondimeno veggo la necessità di dire quattro parole di passaporto a questo mio libro ch’io metto alla luce soltanto per condiscendere alle gentili premure di qualche amico. Or son parecchi anni ch’io gittava i capitoli di questo romanzetto nelle appendici di un giornale che si pubblicava in Napoli. A questo mio scherzo letterario, e dico scherzo letterario, giacchè sarebbe un fargli troppo onore lo appiccargli la qualità di romanzo, branca di letteratura, la quale ho cercato, con tutt’i miei deboli sforzi, di rendere proficua alla mente e la cuore, indirizzandola ad un nobilissimo scopo morale […] leggetelo nelle ore in che non avete a fare di meglio. Non vi aspettate a trovarvi altro scopo che quello di sferzar ridendo qualche vizietto sociale.[…] e ciò dimostra ch’io non intesi che ritrarre una così detta eccentricità nel solo scopo d’una lettura di ricreamento».

   I fatti narrati si riferiscono all’anno pre-unitario 1858. L’azione si svolge per lo più a Napoli e a san Rocco: «S. Rocco è un presepe in sulla via che mena a Secondigliano; una gentil pineta adombra i fianchi della sua strada principale; pecorai, soldati doganali, villici ed ogni qualità di bestie sono le creature nelle quali v’imbattete». [1]

   Anche il presente romanzo umoristico, dunque, non ha pretese letterarie, pure in esso ci sono diverse citazioni e detti latini, e citati diversi personaggi della letteratura come Dumas, Byron, Sue, Sand, e di Dante ci troviamo un verso della Divina Commedia: «più che il dolor potè il digiuno». ( XXIII canto dell’Inferno). [2]

                                                                        ROSARIO MASTRIANI 

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[1] Francesco Mastriani, Una figlia nervosa, Napoli, Luigi Gargiulo, 1865, cap. IV. pag. 53

[2] Ivi, cap. VI. pag.93

 

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   I fatti narrati si riferiscono all’anno pre-unitario 1858. Da notare che l’anno non è dichiarato all’inizio, come spesso accade in Mastriani, ma lo si scopre da un conto degli anni fatto da due personaggi [1].

   Lafiglia nervosa si chiama Giulietta e i genitori, Ignazio ed Eufrasia si Camporotondo, sono dei parvenu, aspiranti alla nobiltà; sognano per lei un matrimonio che serva ad elevare la famiglia al rango degli aristocratici. Ma Giulietta è innamorata di Isidoro, uno sfaccendato giovanotto di belle speranze e pochi quattrini, ed è per il non riuscire ad appagare il suo desiderio amoroso che le vengono i nervi. Questo è capito soltanto da cugino del padre, don Pasquale Forbicetti, che è anche il personaggio più informato dei fatti della famiglia Camporotondo.

   A Giulietta viene una crisi di nervi per non essere riuscita a parlare con l’innamorato proprio quando, con notevole ritardo, il pranzo viene servito a tavola. Tutti si alzano nello scompiglio generale all’infuori di don Pasqualino Forbicetti che continua tranquillamente a mangiare. L’atteggiamento di don Pasqualino si spiega in duplice modo: conosce la ragione del nervosismo (amplificato dal medico don Filomeno che ricorre addirittura alla morfina), e conosce il passato del cugino Ignazio. Questi era stato un commerciante di formaggi di nome Gennaro Palude prima di mettere su casa a Napoli con altro nome.

   Don Pasqualino sa che la fortuna del cugino comprende 10.000 ducati rubati all’antico socio in affari Antonio Biagini. Questi praticamente rovinato dal furto (di cui non conosce l’autore), si è rifatto una vita lavorando da fittavolo di Pietro Scardoni di Cardito, zio di Isidoro, che è poi l’innamorato di Giulietta.

   Don Pasqualino Forbicetti scioglie ogni intreccio di trama e fa tutti felici disponendo per una (parziale) restituzione del denaro ad Antonio Biagini, favorendo le nozze di Giulietta e Isidoro e anche quelle del medico don Filomeno con Zeffirina, la cameriera francese.

   Il sottotitolo recitaromanzo umoristico, ma più che di un romanzo si tratta qui di opera teatrale, di commedia. Questo vuol dire che per Mastriani l’umorismo bene si lega allo stile teatrale, come rivedrà anche, chiaramente, nel Processo Cordier (del 1878).

   Ne La “figlia nervosa” affiora con evidenza la mordente ironia dell’autore. Vari sono i suoi bersagli: innanzi tutto, gli aristocratici del vecchio regime borbonico. Non per niente il tempo della narrazione, l’anno 1858, offre occasione per riflettere sulla decadenza, prima dell’Unità d’Italia, rappresentata dai grotteschi personaggi del barone di Crepastomaco e del conte Vertigine. Se i nobili del vecchio regime sono derisi, lo sono ancora di più gli aspiranti alla nobiltà, come i coniugi Caporotondo, e in particolare donna Eufrasia con le sue gaffe e i suoi strafalcioni.

   Altro bersaglio ironico del Mastriani è la coppia degli innamorati, Giulietta e Isidoro, semianalfabeta lei, inetto lui. Isidoro non è esattamente un figlio del lusso, ma è piuttosto il rappresentante ideale di quella classe di giovani sfaccendati e squattrinati, dedita al gioco e, occasionalmente, per gioco, all’avventura letteraria: scrittori di pettegolezzi di società o editori (falliti) di pubblicazioni periodiche alla moda.

   Con occhio indulgente è presentato infine l’astuto don Forbicetti (il diavolo) che si ride delle convinzioni sociali e fa sempre i suoi interessi con leggerezza e ironia.

                                                                                                             FRANCESCO GUARDIANI

  

[1] Francesco Mastriani, Una figlia nervosa, Napoli, L. Gargiulo, 1865, pp. 117-118.