COMMENTI

   Diversi i riferimenti  storici in questo romanzo, e in particolare quelle che riguardano re Ferdinando IV; infatti il protagonista principale del racconto, il figlio del diavolo Gabriele, è un figlio del re Lazzarone. In un altro romanzo di Mastriani, nella Medea di Portamedina, ci troviamo come protagonista, una figlia illegittima di questo re, Coletta Esposito, che al contrario di Gabriele, che viene allevato dalla madre naturale Giuditta, appena nata, viene messa nella Ruota dell’Annunziata.

   Di re Ferdinando viene descritto l’aneddoto del pranzo a base di fagiani, che offrì al suo confessore spirituale, per giustificare la sua cattiva condotta, nei confronti della regina Carolina, per le sue numerose scappatelle amorose: «Ma mi perdoni la Maestà vostra se io ardisca osservare che, quantunque il fagiano sia il più dilettoso mangiare, ciò non di meno, un’altra colazione come questa e d io detesterei i fagiani per tutta la mia vita – Bravo! esclama il re – quantunque la regina Carolina sia la più bella delle donne, sono ormai venti anni ch’io mangio sempre Carolina!». [1]

   Viene citato anche il supplizio della Sanfelice, nel capitolo «Mastro Donato» appellativo di colui che era addetto al servizio di boia: «Uno dei giorni più tristi della sua vita sì fu quello in cui, cauto infermo, non potè prestarsi alla decollazione di Luisa Sanfelice». [2]

   Di Gioacchino Murat, che nel periodo di svolgimento della trama era re di Napoli, un intero capitolo viene dedicato ad un sito che questo sovrano, aveva voluto creare nella città; un qualcosa di simile, già c’era in Francia: «Il giardino di Tivoli al vico Freddo era uno dei siti più frequentati da’forestieri si trovava: vi si passavano piacevolmente le ore. Il governo francese avea voluto crear quivi qualche cosa di simile a’pubblici divertimenti all’aria aperta così accorsati in Francia». [3]

   In questo romanzo ci troviamo alcune delle solite tematiche sociali di Mastriani, sui ricchi:  «In quanto ad istruirsi, che bisogno ne hanno i ricchi? È noto che la fortuna figlia dello spirito immondo che soffia il male su la terra, si diverte ad ingrassare i maiale del genere umano ed arricchire le più bestiali delle umane creature […] a quelli che hanno più sarà dato, ed a quelli che non hanno sarà tolto anche quello che anno». [4]

   La trama del racconto non è molto complessa; essa si intreccia su quattro storie d’amore, due delle quali si concludono a buon fine.

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[1] Francesco Mastriani, Il figlio del diavolo, Napoli, G. Salvati, senza anno, Parte Quarta cap. I. «Barabba» pag.137.

[2] Ibidem, Parte Seconda, cap. III. «Mastro Donato» pag.57.

[3] Ibidem, Parte Terza, cap. V. «Il giardino di Tivoli» pag. 101.

[4] Ibidem, Parte Terza, cap. VI. «Il casino misterioso» pag. 109.

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 Questo romanzo è caratterizzato da un intreccio narrativo notevole in cui sono coinvolti numerosi personaggi. Anche sul fronte tematico si deve registrare una non consueta complessità. Mastriani è sempre molto preciso nel dichiarare e nell’illustrare il periodo storico in cui si collocano i fatti narrati. Qui siamo negli ultimi anni dei napoleonidi. Gioacchino Murat è re e si ordisce una congiura di aristocratici filo borbonici per rovesciarlo. La congiura (un fatto storico riportato dal Colletta che è addirittura citato nel romanzo) non costituisce soltanto lo sfondo della narrazione, ovvero il suo background, ma è anche uno dei temi principali, per cui si potrebbe qui parlare di romanzo storico. Altro tema fondamentale è quello relativo ai misteri della scienza e della superstizione, intrecciato a storie di streghe, filtri magici, veleni, febbri cerebrali, morti apparenti e resurrezioni; questo tema è ricorrente in molti romanzi di Mastriani ed è da collegare al suo interesse per le scienze mediche e, in particolare, per la frenologia. Naturalmente non manca la materia amorosa. Si narrano storie d’amore in cui, con una sola eccezione (la fedelissima Biagina), le donne fanno una non troppo bella figura rivelandosi incostanti e frivole e meritandosi, per questo, i rimbrotti del narratore, censore moralissimo, saggio, onnisciente e a suo modo anche tollerante. Chi volesse parlare o scrivere dell’antifemminismo del Mastriani (un anacronismo, si capisce, ma pur sempre un argomento discutibile), troverebbe qui ampio materiale di riferimento. Peggio delle donne frivole e incostanti sono comunque trattati da Mastriani i “femminàccioli”, specialmente quando si tratta di parassiti e viziosi rampolli dell’aristocrazia napoletana. Il titolo del romanzo indica un personaggio, il figlio del diavolo, alias Gabriele Ramon, che compare piuttosto tardi nella narrazione. Rimane comunque il personaggio più notevole nell’intreccio narrativo e anche quello più psicologicamente caratterizzato (per quanto di una personalità così singolare che rimane alquanto misterioso fino alla fine). Il lettore di Mastriani con buona memoria, infine, nel personaggio di Gabriele, figlio del diavolo, non mancherà di riconoscere un parente della Medea di Porta Medina, anch’ella frutto di un amore illegittimo del re Lazzarone.

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          FRANCESCO GUARDIANI