COMMENTI

   È un romanzo particolare questo, per forma, e, soprattutto, per contenuto. La forma è simile a quella dei due romanzi “storici” coevi, Nerone in Napoli e Messalina. Il primo è del 1875 (con la prima appendice sul Roma del 28 giugno), l’altro del 1878. Ricordo che Erodiade esce nel 1876 (ma la dedicatoria è del 29 agosto dell’anno prima); quindi questo romanzo è più cronologicamente vicino, anzi contemporaneo a Nerone in Napoli.

   La forma, dicevo, è simile a quella degli altri due romanzi. Sennonché Erodiade presenta un intero volume, dei quattro cui è composta l’opera, dedicato alla Passione di Cristo, chiaramente dopo la decollazione del Battista, ovvero quando la storia di Erodiade è bell’e conclusa. Ritroviamo infatti il personaggio che dà il titolo al romanzo soltanto nella Conclusione dove apprendiamo che «la morte di Erodiade è avvolta nelle tenebre e nel mistero»[1]: informazione tardiva la cui utilità sembra essere quella di voler chiudere il romanzo ricordandone la “protagonista”.

   Ora, il dedicare un volume intero alla Passione di Cristo implica la scelta formale, uno stile narrativo che, si dirà qui sbrigativamente rimandando ad altro luogo l’analisi, sta tra il riassunto dei Vangeli e il commento moralistico che l’autore sceglie di fare a suo piacimento sulle fasi della Passione da cui si sente più stimolato.

   Sul fronte del contenuto, va innanzi tutto osservato che questa è l’unica opera del Mastriani interamente dipendente dalla Sacra Scrittura e quindi con poche possibilità d’invenzione. Mastriani, sappiamo, sul piano generico della fiction preferisce l’accoppiata novel + anatomy, ovvero la descrizione dell’ambiente che fa da sfondo storico, politico, sociale, ai vari personaggi, combinato con la riflessione filosofica e moralistica sul materiale narrativo presentato.

   Ben s’intende questo, già all’inizio del romanzo, alla dichiarazione d’intenti, ovvero dichiarazione dei doveri dell’autore, contenuta nella lettera di dedica a Ersilia Alizeri.

Egli è debito dello scrittore, che sente amor vero della umana famiglia e de’suoi concittadini        in particolare, il rialzare i principi e il sentimento religioso, senza i quali non può essere né vera grandezza di un popolo, né sodezza di civili e domestiche virtù e né libertà solida e duratura. [2]

Nello sviluppo della trama non ci sono affondi introspettivi sui personaggi che, per la verità, sono subito catalogati in due gruppi distinti: da una parte ci sono i buoni e dall’altra ci sono i cattivi. Ci sarebbe anche un terzo gruppo, per la verità, costituito da quelli che tentennano, come Erode Antipa e Salomè, ma essi confluiscono ben presto, anche loro come cattivi, nella categoria dei dannati.

TRAMA

   La predicazione di Giovanni Battista è sentita come un oltraggio dalla regina Erodiade, la quale, in verità, vorrebbe l’approvazione del Santo. Irritata dalla sua inflessibilità, lo fa imprigionare e torturare fino al martirio, ovvero alla condanna ala decapitazione ottenuta con l’inganno dal marito Erode Antipa per mezzo della figlia Salomè.

   È questa in sintesi, la trama. Mastriani la prende da lontano, ricostruendo la genealogia dei personaggi biblici, con note di storia sacra (sulla nascita di Cristo, sulla fuga in Egitto, sulla circoncisione) e con «Rapidi cenni sulla storia del popolo ebreo».[3]

   Erode Antipa, che martirizzò Giovanni Battista, era figlio di Erode il grande, quello della strage degli Innocenti. Erodiade, sua seconda moglie, carpita al fratello Filippo, era figlia di Aristobolo, fratello di Erode Antipa, re di Galilea; sicché Erodiade era nipote e cognata di Erode Antipa, prima di divenire sua moglie.

   Accanto a questo amore adulterino e criminale (Erodiade fece ammazzare, prima di Giovanni Battista, la prima moglie del re, la ripudiata Sefora, figlia del re di Petra), Mastriani presenta in maniera libera, cioè senza il peso di fonti obbliganti, il purissimo e travagliato amore a lieto fine, di due giovinetti, Fogor e Bessaida. Il primo è figlio di Abbassuero, la sinistra figura che dà vita alla tradizione (o mito) dell’ebreo errante; la seconda è figlia del fariseo ipocrita Simone. Da due padri scellerati due figli perfetti: anche qui, in questo romanzo, Mastriani tocca il tema della ereditarietà dei caratteri e non si fida dei luoghi comuni del tipo “tale padre tale figlio” o “buon sangue non mente”, ma anzi ne ribalta il principio.

   È l’amore di Folgor e Bessaida che vivacizza la trama, altrimenti scontata. A loro è affidata la rappresentanza della “purità” del Cristianesimo appena nato. L’altra dichiarata novità filosofica ed ideologica del Cristianesimo è la fratellanza.

                                                                                              FRANCESCO GUARDIANI

[1] Id., Erodiade, I-IV, Vallo Lucano, Ferolla, 1875, IV, p.104

[2] Ivi, I. p.5.

[3] Ivi, I, p. VII.

⁂⁂⁂

   Il commento del professor Guardiani è molto esaustivo. Aggiungo che il romanzo inizia con la dedica di Mastriani per Ersilia Alizeri, nella quale l’autore sottolinea come lui ravvisa nei suo romanzi gli eterni principi della cristiana moralità: avvegnachè ne’miei libri io sempre mi studiassi di ravvisare negli animi gli eterni principî della cristiana moralità, purtuttavia giammai dianzi non avea preso a trattare direttamente un subbietto attinto alle bibliche fonti: me ne astenni finora per una certa sfiducia delle proprie forze nel poter vincere le numerose difficoltà a cui sarei andato incontro. Nella stessa dedica, datata Napoli, 29 agosto 1875, l’autore fa notare: In questo giorno appunto del 29 agosto la Chiesa cattolica ricorda la Decollazione di S. Giovanni Battista.

   Dunque la dedica è dedicata ad una donna, Ersilia, perchè: Schivo di dedicare i miei libri a’potenti ed a’ricchi, perciocchè mai non discesi a cortigianerie di sorta veruna, dedico a te Ersilia, questo umile libro, a testimonianza di altissima stima e d’imperituro affetto; a te, nel cui cuore brillano di vivissima luce le due grandi virtù del Cristiano, la Fede e la Carità; a te, la cui mente fu nodrita ne’santi volumi e educata al gentil culto delle lettere.

   La risposta di Ersilia, a Francesco Mastriani, pur riportata nelle prime pagine del romanzo e datata, Milano, 1° settembre 1875, si conclude nel seguente modo: E accettando, e aggradendo l’altissima testimonianza d’affetto e di stima, le mille grazie riferetendone, faccio voti per te, che ti sia sempre propizio quel Dio, che per opera tua appresi a meglio conoscere e a maggiormente amare.

                                                  ROSARIO MASTRIANI