COMMENTI  

   

    Edizione consultata: Il Pungolo. Giornale della sera. 2 agosto-23 settembre 1876 (61 appendici) / Prima edizione: ibid. / [Elenco de’miei romanzi: 1876].

   La dicitura “romanzo storico” nel frontespizio, ovvero nella prima colonna dell’appendice indica, oltre alla materia, un’intenzione didattica. Mastriani, infatti indugia  a lungo, molto di più di quanto richiederebbe lo sviluppo della trama, sui fatti storici relativi alla vita e alle opere di Federico (o meglio, per Mastriani, Federigo) II.

   Il termine “stella” è qui da intendere, non solo in maniera simbolica, come un astro “personale” che emana influssi particolari sull’imperatore. Jelma è anche il misterioso personaggio cui l’imperatore si sente legato da un vincolo  fortissimo, che si rivelerà solo alla fine come quello della paternità. Jelma, anche lei condizionata da una fortissima attrazione, che sull’orlo dell’incesto si rivela filiale, esprime dunque il destino o meglio quello che Mastriani chiama il “fatum” lussurioso di Federico II. Questo fatum corrisponde ad una particolare predisposizione di ogni individuo per delle scelte di vita piuttosto che altre. Sembra proprio d’obbligo qui il riferimento al trattato di Notomia morale ossia Calcolo di probabilità dei sentimenti umani (1855) del fratello dell’autore, Giuseppe Mastriani. Sul fatum, nel corso del romanzo, l’autore promette di scrivere un libro intero, ovvero un altro romanzo. E mantiene la promessa, uscirà infatti, due anni dopo, Fatum o i drammi di Napoli (1878), interamente dedicato all’argomento.

   Il personaggio singolarissimo di Jelma sembra uscito da un libro di fiabe. Figlia putativa di un arabo (l’astrologo, tossicologo, indovino, medico Almodad), soltanto alla fine del romanzo, grazie alla riapparizione della madre (la catalana Ines, creduta morta, ma in effetti segregata dal marito geloso e offeso), saprà che è figlia dell’imperatore. Questo riconoscimento, avvenuto a Castel Fiorentino, nella Capitanata di Foggia, sarà anche la prova della veridicità della profezia di Asdente, il ciabattino di Parma menzionato da Dante nella Divina Commedia, che aveva predetto a Federigo che sarebbe morto in un “luogo di fiori” per mano dei suoi figli. Nella conclusione del romanzo, l’imperatore si spegne  a 56 anni, nel giorno del suo genetliaco (26 dicembre) nell’anno 1250 per mano dei figli Manfredi e Jelma, divenuta moglie di Gualtiero di Capua, nemico giurato dell’imperatore.

   Più che sulla particolare psicologia del personaggio Jelma, è il fatum di Federigo che indugia l’autore. Il carattere dell’imperatore viene definito dai suoi stessi desideri e dai suoi stessi successi sia sul fronte storico-politico, sia su quello creativo, e sia su quello sentimentale. Se una debolezza si riscontra nel carattere di Federigo è nell’essere votato a sfrenata lussuria. Sarà da questo che nascerà la sua rovina.

                                                                                 FRANCESCO GUARDIANI

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   Il commento del professor Guardiani è molto esaustivo, per cui ho poche cose da aggiungere.  

   Nell’Avvertenza l’autore ci tiene a sottolineare che non è la storia del «Leone di Svevia» che vuole raccontare, ma alcuni importanti particolari della vita di Federigo. E infatti parte del romanzo è dedicata a Federigo II di cui ne descrive vizi e virtù: Questo principe avrebbe superata la gloria di Augusto e Leone X dove bruttissimi vizi non avessero contaminato il suo carattere e deturpata la sua fama [1].

   Un intero capitolo è dedicato a Federico letterato e poeta; Mastriani lo descrive: Una delle più grandi figure storiche del decimo terzo secolo [2]; L’Italia deve in gran parte a Federigo II la creazione della bella lingua in cui poetarono di poi l’Allighieri, il Petrarca, il Tasso, l’Ariosto [3]

   Molto spazio e è dedicato alla storia degli Svevi, cominciando da Federico Barbarossa.[4]

   Francesco Mastriani è decisamente contrario alle teorie del destino, portate avanti da un protagonista del romanzo, l’astrologo Almodad: ricusiamo affatto la teoria del destino, contraria allo spirito del cristianesimo che professiamo [5].

   Nel capitolo in cui è descritta la dipartita da questo mondo della regina Violante, ci troviamo una lunga digressione sulla morte e su cosa ci sarà nell’altra vita: Perché ci trasse Iddio dal nulla per condannarci alla galera della vita? A’morti è noto un tal mistero, o rimasero essi nella ignoranza delle supreme cause? [6].

   Ci è un punto di somiglianza tra il giorno e la vita, tra la notte e la morte. la luce del giorno è per noi come il velame del corpo che ci nasconde l’infinito. La notte, come la morte, apre alla nostra vista i mondi che popolano l’infinito creato. Iddio ha posto ne’ cieli i grandi misteri che ci saranno rivelati dopo la morte. la notte solleva un velo di questi misteri.[7]

                                      ROSARIO MASTRIANI

[1] Francesco Mastriani, Jelma o la stella di Federigo II di Svevia, Napoli, G. Regina, 1877, vol. I. pag.102.

[2] Ibidem, vol.II pag.98.

[3] Ibidem, vol.II, pag.101.

[4] Ibidem, vol. I, pag.58.

[5] Ibidem, vol.I, pag.60

[6] Ibidem, vol.I, pag,30.

[7] Ibidem, vol.II, pag.28