COMMENTI

   Il romanzo inizia con la descrizione di alcuni eventi che avvennero a Napoli nell’anno 1631 e che lo fecero considerare come uno de’più infausti che sieno mai trascorsi in queste nostre regioni. [1] Gli eventi sono l’eruzione del Vesuvio che Dopo la vulcanica eruzione del 79, che seppellì Pompei, non fu altra maggiore di quella del 1631. [2] E oltre all’eruzione, vengono ricordate i terremoti e le inondazione dal mare, che ne seguirono.

   La catastrofe della notte del 16 dicembre 1631, fu annunziata nel settembre dello stesso anno, da una di quelle apparizioni a cui le popolari credenze annettono la prossimità di grandi calamità. Una cometa apparve in quell’anno, nel settembre, sotto la volta del nostro cielo. [3] Nello stesso capitolo, l’autore da un’ampia descrizione delle comete: sembra ormai assodato che questi vagabondi dello spazio non sono altro che mondi che si concretano o vero mondi che si disfanno, lavorio che nell’uno o latro caso richiede dell’opera dei secoli. [4]

    In quel periodo Napoli era governata da un viceré spagnolo, don Emanuele Fonzeca, conte di Monterey che era succeduto a don Ferrante Afan de Ribera. Governavano per conto de re Filippo IV di Spagna. Molto chiaro il pensiero di Mastriani, che non era tanto convinto che Napoli fosse governata dallo straniero: Ammirabile sopportazione di popoli che si lasciano governare da un padrone che vive sotto altro cielo, che parla altra lingua e che non conobbe mai né le terre dov’egli da lungi impera né le greggi a lui sommesse! [5]

  Potrebbe essere un racconto realizzato da fatti veramente accaduti, del resto il sottotitolo del romanzo è «Cronaca del secolo XVII»: per quanto abbiamo potuto raccogliere dalle cronache di quel tempo [6].

   La parte seconda, titolata «La masseria di Lotrecco»,[7] spiega le origini di questo nome, e in buona parte del capitolo ci sono notizie storiche, viene citato il generale francese Lautrec de Fois, comandante generale dell’esercito del re di Francia Luigi XII, dal suo cognome derivò poi l’aggettivo Lotrecco

   Nella masseria dove era accampato Lautrec, si sviluppò una pestilenza che uccise molti suoi uomini, che furono sepolti in quel luogo [8]. Lo stesso generale francese morì, il 15 agosto 1528, ma i suoi resti furono tumulati nella chiesa santa Maria la Nova di Napoli. La sua fine fu conseguenza di una decisione in apparenza brillante: per vincere la resistenza della città assediata, aveva distrutto le condutture dell’Acquedotto della Bolla, le cui acque si sparsero nei terreni vicini, e a causa della calura si sviluppò appunto la pestilenza che condusse alla morte lo stesso Lautrec.

   L’autore fa notare che migliaia di volte i francesi ebbero le busse dagli italiani [9].

   Buona parte di un capitolo è dedicata alla condizione di ossesso, ed è chiara la posizione di Mastriani a riguardo: Dopo questa importante citazione non abbiamo bisogno di aggiungere altro per dimostrare che può il demonio per permesso di Dio entrare nel corpo di un uomo e cagionarvi disordini e perturbazioni.[10]

   Lo stregone Giovanni Capuano, detto Tre-Scale, uno dei protagonisti del romanzo, abitava in una casupola situata nell’odierna Capodichino: giunse la brigata, ansante per la lunga corsa, al sito ordinato. Cioè Caput clivii, che fu detto Capo di china.[11]

                                                                                                              ROSARIO MASTRIANI

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[1] Francesco Mastriani, L’ossesso, Napoli, L. Gargiulo, 1972, vol. I. pag. 5.

[2] Ivi, pag.5

[3] Ibidem, vol. I. pag. 20.

[4] Ivi, pag. 22

[5] Ibidem, vol. I. pag. 8.

[6] Ibidem, vol. I. pag. 77.

[7] Ibidem, vol. II. pag. 29.

[8] Ibidem, vol. II. pag. 35.

[9] Ibidem, vol. II. pag. 36

[10] Ibidem, vol. II, pag. 103.

[11] Ibidem, vol. I. pag. 119.

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   Quanto l’Elenco dei miei romanzi sia affidabile per datare la prima edizione si capisce bene da questo passo: «Anche oggidì, nel 1872, anno in cui scriviamo la presente storia, il viandante che percorre la via di S. Efrem vecchio guarda con un certo spavento quei tristi e solitari valloni che sono alle spalle dell’Albergo de’ Poveri»[1].

   Il romanzo non è del 1869, dunque (come sembra ritenere il Di Filippo, evidentemente dalla data dell’ Elenco de’miei romanzi), ma del 1872 e di questo si deve tener conto nel ricostruire il percorso intellettuale dell’autore e l’ordito delle sue letture e scritture nell’ambito della parapsicologia, del fantastico e del metafisico. L’interesse di Mastriani per il paranormale sembra anche parallelo e connesso a quello per i fatti storici e di cronaca del Seicento napoletano.

   Per quel che riguarda la forma di questo romanzo, ne va senza altro riconosciuta la differenza rispetto ai romanzi propriamente da appendice, di cui appunto ogni appendice deve costituire (dovrebbe costituire) un segmento narrativo riconoscibile anche nella legatura dell’opera in volume. Non qui, invece, in questo romanzo di trama piuttosto esile e blandamente divisa in tre parti.

   I fatti narrati, come chiarito nel sottotitolo, sono di cronaca napoletana del Seicento, un periodo o meglio un secolo, su cui l’autore è più volte tornato per i suoi romanzi “storici”. Il termine “ossesso” vuol dire precisamente “indemoniato” per Mastriani, e corrisponde a un personaggio che incontriamo tardi nel romanzo. Prima ci troviamo di fronte a due “quadri” che seguono l’iniziale descrizione dei disastri ambientali degli anni ’30 (1630) a Napoli: eruzione del Vesuvio, terremoti, piogge torrenziali.

   Primo “quadro”. Per quel che è detto da una donna (Suora Stella) riverita come una santa, la causa delle sciagure è ritenuta la sepoltura irregolare di una ragazza ebrea. Suora Stella dice che «una santa del paradiso» le è venuta in sogno per rivelarle che le sciagure «non cesseranno in Napoli in sino a che non sarà ritrovata una fanciulla ebrea sepolta ne’visceri di questa terra»[2]. Bisogna riesumare il cadavere della giovane ebrea e bruciarlo, dopo aver trovato il luogo della sepoltura. Come fare? Si ricorre alla strega Gesualda. L’operazione è condotta da un religioso francescano («grosso e pasciuto come ogni buon frate francescano»)[3], un popolano di nome Peppe Farfariello (nome “diabolico”), e da un gigante sordomuto di nome Andrea Mangone. La strega, scovata e arrestata, fa il nome di Tre-Scale, un grande e potente stregone che sì, può sapere dov’è il cadavere della fanciulla ebrea. Il frate (che Mastriani chiana anche, indifferentemente “monaco”), Farfariello e il gigante sordomuto cercano e trovano lo stregone Tre-Scale e questi, a sua volta, sposta l’attenzione su un altro personaggio; dice che soltanto l’ossesso che vive nella Masseria di Lotrecco può sapere della ragazza ebrea.

   Il secondo “quadro” (che poi corrisponde alla Parte Seconda del romanzo) è quello, appunto della Masseria di Lotrecco e dei suoi abitanti, che sono tre: il giovane “energumeno”, cioè contadino (questo almeno, pare essere il significato del termine per Mastriani), Ermolao, che è sensibile, delicato di sentimenti, generoso e forte; la bella ebrea Evodia, tenuta qui nascosta dopo essere stata salvata dalle grinfie dello stregone Tre-Scale; e infine il gigante sordomuto Andrea Mangone che abbiamo già incontrato.

   L’ossesso/indemoniato, scopriamo è proprio Ermolao, che ha venduto l’anima al diavolo per essere ricco e sposare la bella ebrea. Quando Ermolao è portato a giudizio dinanzi al cardinale, la sua “ossessione” svanisce. Egli denunzia Tre-Scale (che viene giudicato reo, impiccato e bruciato) e quindi sposa la bella ebrea che, nel frattempo, si è convertita al cristianesimo insieme al padre Tobia.

                                                             FRANCESCO GUARDIANI

[1] Francesco Mastriani, L’ossesso. Cronaca del secolo XVII, Napoli, Perucchetti-Gargiulo, 1872, I. p.38.

[2] Ivi, I, pp. 50-51.

[3] Ivi, I. p. 47.