COMPAR BASILIO E COMPAR SAVERIO

   Scoccava l’ora del mezzogiorno: compar Basilio, la costui grossa metà e i loro otto figliuoli , si accingevano a portare alle loro labbra il primo boccone di maccheroni, quando udirono strillare il campanello.

   La famiglia di compar Basilio era composta, come abbiamo detto, dalla moglie donna Checca, savia provinciale che aveva portato in dote al consorte una virtù illibata e trenta caciocavalli; di quattro figliuole da marito chiamate Nicoletta, Antonetta, Marietta e Giulietta; di quattro ragazzi nomati dai genitori per vezzo Tatà (Gaetano), Fefè (Raffaele), Lilì (Luigi) e Sosò (Salvatore); d’una vecchia sorella di esso Basilio; e di quattro gatti, che essendo considerati come membri di famiglia, godevano perciò di tutti i privilegi accordati agl’individui di casa. Compar Basilio amava svisceratamente questa sua famiglia: e tutti i suoi pensieri, tutte le sue operazioni dirigevansi mai sempre alla prosperità d’essa. Uomo di vecchia stampa, e d’indole ritirata e casalinga, egli non permetteva che in sua casa traesse altra gente, all’infuora del suo diletto Compar Saverio, personaggio uscito dallo stesso torchio, e di un nipote per nome Benedetto. Soltanto una volta all’anno, il dì onomastico di Donna Checca, dava compar Basilio libero accesso in sua casa a tutti i figliuoli maschi di Compar Saverio, i quali educati con lo stesso rigor paterno, lor pareva di toccar il cielo con le dita quando approssimar vedeano il giorno della franchigia. Non è a dire se parimenti grato giungesse tal dì per le figliuole di Basilio le quali solamente in allor veder poteano quattro o cinque volti maschili; imperocchè sebbene ho detto più su che il cugino Benedetto era ammesso in casa loro, non debbesi però intendere che ciò avvenisse frequentemente non accordandogli tanto favore che rarissime volte, e non senza un debito permesso per ogni fiata che egli facea premura di visitare lo zio. Era poi veramente questo il motivo delle sue visite? Ben è gaglioffo chi se’l crede. Regola generale: tutte le volte che un giovane celibe frequenta una casa dove vi ha qualche ragazza, gatta ci cova cioè amore ci è sotto. Benedetto adunque era preso per una delle figliuole di Basilio. Ma quale? Per ora nol so neanche io; epperò non ve lo potrei dire; vedremo in prosieguo – Riprendiamo il nostro racconto. Il suon del campanello venne dunque a sturbar la prima inforcata di maccheroni che Basilio e la sua famiglia andavano a portare alla bocca.

   «Chi viene a disturbarci a quest’ora? – esclamò Don Basilio, dopo aver tranguggiato le fila dei vermicelli che pendevano dalla forchetta stuzzicanti ed umide di odoroso brodo stufato – Non sanno eglino che a quest’ora la mia casa è chiusa per tutti? Nicoletta spia dal buco della toppa chi è e non aprire se alcun sospetto hai di persone moleste»

   Nicoletta andò a spiare, e poco stante tornò dicendo che fuori della porta era un uomo da lei non conosciuto.

   «Un uomo!!» esclamarono atterriti don Basilio, la moglie e la zia, come se loro fosse stato annunziato il folletto, il ladro e peggio.

   «È giovine?» dimandarono le sorelle.

   Basilio, e donna Checca si alzarono, le figliuole lor tennero dietro per curiosità, e Tatà, Fefè, Lilì e Sosò corsero anche essi schiamazzando; i quattro gatti li seguirono.

   «Chi è?» gridò in coro tutta la famiglia.

   «Una persona di compar Saverio – rispose tremando il messo – ho un biglietto pel signor don Basilio».

   Queste parole dissiparono la diffidenza dal volto di Basilio, che tornato alla sua consueta serenità, schiuse la porta, e fec’entrare il messo – Don Basilio aprì la carta: sovra i suoi omeri  si aggrupparono per leggere Donna Checca, la zia e le figliuole mentre i ragazzi avviticchiati alle ginocchia paterne volevano anch’eglino esser posti a parte della novità – Il biglietto era così concepito:

   «Mio caro compare. Dopo trent’anni di amicizia, ecco il primo favore che ti chieggo. Vorrai negarmelo? Una sacra promessa mi obbliga di dar questa sera in mia casa una festa da ballo: v’interverrà qualche persona di riguardo… Puoi credere quanto ciò mi costi alle mie assuefazioni domestiche; ma non posso farne di meno; ti dirò il perché. Desidero però che tu venga con tutti i tuoi. Se ricusi di venire, crederò che non mi sei più amico. Ti aspetto dunque e ti abbraccio. Il tuo affezionatissimo compare Saverio».

   «Papà sì, papà sì» gridaron tutte le donne e tutti i ragazzi in un eccesso strabocchevole di gioia.

   Compar Basilio restò di stucco, restò come un Don Bartolo nel Barbiere di Siviglia: leggeva e rileggeva il biglietto, e non potea prestar fede ai suoi occhi. Compar Saverio lo invita a ballare! Che risolvere? Che fare? Un rifiuto non offenderebbe forse la vecchia amicizia del compare? Il messo era lì, che aspettava la risposta, le fanciulle gli si erano quasi inginocchiate dinanzi scongiurandolo di assentire per questa volta sola; Donna Checca unì le sue preghiere a quelle delle figliuole, perché le madri amano sempre che le figlie vadano a spasso, e ciò per loro particolar motivi, i ragazzi urlavano e piangevano, i gatti miagolavano… Il povero don Basilio dovette quindi pronunziare il terribile Sì!!! – Il messo partì. Qui mi vien meno la lena per descrivere la scena che seguitò non si tosto il sì fu pronunziato – Ricordatevi, signor lettore, di quel verso di dante: Voci alte e fioche, e suon di mano con elle.

   Non si pensò più a desinare: a questo pensarono bensì i quattro mici che saltati in su la tavola, diedersi a devastar maccheroni e carne, menando tal festa e gozzovigliando sì bene, che ne restarono sazi un mese – Le fanciulle corsero ad aprire tutte le cantere dei loro cassettoni per iscavare la roba migliore che aveano.

   «Antonetta io mi metterò la veste con tre guarnizioni» diceva la primogenita.

   «Ed io l’abito da sera» rispondeva Antonetta.

   «Ed io mi farò dare quel vezzo d’oro dalla signora Carmela che abita dirimpetto» saltava su a dire la Giulietta. Ed i ragazzi a gridare:

   «Papà, voglio mettermi anch’io la CHASSE come voi».

   «Papà, il calzone con le staffe».

   «Papà, i guanti bianchi».

   «Papà, il mio calzone è rotto alle cosce»

   Don Basilio andava su e giù, senza saper che farsi, tanto era lo scompiglio in cui lo avea posto quell’invito. Donna Checca gridava, schiamazzava, dava qui un comando, ivi una preghiera, uno scappellotto ad un ragazzo, un bacio ad un altro; spazzava, lisciava, rammentava e davasi la più grande fatica del mondo. Chi può descrivere l’esultanza delle quattro giovinette? Era un delirio, una pazzia… Immaginate un poco! un ballo per quelle ragazze che non vedeano il mondo più in là delle mura della casa! Ad un’ora di notte, come volle il cielo, poiché tutto il giorno si era faticato in cercar di far bella mostra, tutta la famiglia si era vestita e pronta: le fanciulle furono le prime a slanciarsi con gran festa fuori dell’uscio: avrebbero voluto divorar col pensiero il cammin che far dovevano per recarsi da compar Saverio; ma elleno furono richiamate dalla chioccia voce della madre per non so quale bisogna occorsa a Fefè, e per la quale facea d’uopo aspettare almeno un altro quarto d’ora – Si discesero le scale a salvamento, e si giunse fuori alla strada… Un grido di Sosò fece novellamente ristar la brigata con grande spavento dei genitori, e con grandissima noia delle figliuole… Si era rotto uno straccale al calzone del ragazzo!.. La famiglia tutta fu obbligata a risalire… Si uscì di bel nuovo dopo un altro quarto d’ora, e per la strada accaddero ancora altri malanni ai garzoncelli. A due ore di notte si giunse finalmente sotto il portone di compar Saverio. La gradinata era buia, secondo il solito; di che molto meravigliossi la famiglia, imperciocchè in simili  congiunture di feste suolsi di qualche straordinaria lampada lustrar le scale – montarono quatto quatto, e a tentoni i centoventi gradini che conducevano all’abitazione di compar Saverio. Quando giunsero all’ultimo gradino, Donna Checca, la quale per la sua eccessiva grandezza terribilmente affannava, mise tal sospiro che don Basilio corse in suo aiuto credendo le fosse accaduta qualche disgrazia; ma l’oscurità non permettendogli di veder la moglie, andò a dar di fronte contro ad un muro, e gettò un grido: i ragazzi strillavano e piangevano… il cane di compar Saverio bavava da dentro… Si giunse ad afferrar la corda del campanello, e si suonò… Soltanto il cane rispose con un lungo e terribile latrato, che cacciò lo spavento in corpo a tutti – Si suonò novellamente… Altro lungo ringhio e feroce latrato – Si suonò la terza volta…  Silenzio – La sorpresa e il dispetto della famiglia di compar Basilio erano tali che nessuno avea la forza di pronunziare le sue congetture sovra sì strano procedere… Compar Basilio in ispezialità facea strano sembiante, ed avea in cuor suo grandissimo cruccio contro l’amico. Si accingevano a partirsene con assai dispiacere, quando udirono un rumore di chiavistelli e di catenacci, e uno schiudersi di molte porte nella casa di compar Saverio… Finalmente la voce di costui tremante e rauca si fece udire in un CHI È? che indicava il terrore e la pretensione al coraggio.

   «Siamo noi, compar Saverio» rispose don Basilio.

   «Chi voi?».

   «La famiglia del tuo compar Basilio, e siamo venuti alla festa, cui tu ci hai invitati».

   «Che festa! che invitati! Chi siete voi? fatemi udir bene la vostra voce».

   Qui tutta la famiglia gridò, per farsi udire; e compar Saverio riconobbe la verità delle note acute dei ragazzi, a lui troppo NOTE. Si aprì la porta!! Comparvero Don Saverio in calzonetto e camicia con uno schioppo in una mano, ed una candela nell’altra, e dietro di lui i dieci suoi figli maschi tutti in calzonetto ma armati di coltello, di spiedi, di rasoi e di mazze.

   «Compar Basilio!!».

   «Compar Saverio!!». 

   Rimesse che furono dalla reciproca sorpresa le due famiglie, e sedutesi in galleria le afflittissime donne, compar Saverio e figli andarono a vestirsi più decentemente – Si venne alle spiegazioni – Compar Saverio non aveva mai sognato di scrivere quel biglietto d’invito… chi dunque si era burlato di loro? Poco stante il suon del campanello richiamò le due famiglie alla porta, le donne sperarono. Un garzone di caffettiere recò quaranta gelati. Questa volta don Basilio abbracciò il compare e gli perdonò lo scherzo, dicendogli che la sorpresa era stata gratissima. Don Saverio protestava la sua ignoranza, nessuno gli prestava fede; e tutti sorbivano i gelati. Don Saverio sarebbe uscito matto se un novello invitato non fosse giunto; fu questi Benedetto, il nipote di don Basilio, il quale dimandato perdono a tutti dello scherzo che aveva fatto, disse che egli avea voluto per mezzo dell’invito, riunire le due famiglie, per far parte a tutti della domanda di matrimonio che facea allo zio per la cugina Giulietta.

   «L’ultima!!» esclamarono tutti.

   «L’ultima – rispose Benedetto – se piace a mia cugina».

   Giulietta non rispose, ma sorrise e arrossì.

   E perché l’ultima? Perché le altre tre erano troppo serie…, cioè troppo brutte.

   Questa è una ragione che diamo noi, imperocchè Benedetto non ardì palesarla.

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                             FRANCESCO MASTRIANI