CONSIGLI PER BEN VIVERE NEL MONDO ELEGANTE

             Al Sig. G. L.

   Vi promisi nello scorso numero intrattenermi alquanto su le tesi che mi proponeste colla gradita vostra del 21 corr., ed eccomi ad attenere la mia parola.

   Avete ragione per ciò che dite intorno alla odierna costumanza di fumare in un salotto da ballo. Comechè oggi la moda premetta anzi prescrive che si fumi dappertutto, pure bisognerebbe avere un poco di carità pe’delicati polmoni delle damine, i quali, per la fatica della danza costretti ad accelerare il movimento delle loro inspirazioni, non trovano nell’aria atmosferica che fumo e carbonio; ed ecco perché Michelet dice che le carnaval remplit de femmes les hòpitaux et les cimitières.

   Il fumo non si vuol proscrivere del tutto dal programma di una festa da ballo; ma ci debbono essere salotti appartati, dove si raccolgono i vertebrati pensanti addivenuti vertebrati fumanti. È vero che oggidì il fumo è l’incenso più gradito agl’idoli della moda; ma l’incenso continuo finisce coll’accecare il povero nume.

   Voi mi chiedete qualche schiarimento e qualche consiglio sul modo di comportarsi di un giovine in società, su i suoi obblighi dopo la prima sera che è stato presentato in una casa ec. ec. Se avessi voluto parlare di tutte queste cose, avrei dovuto scrivere un apposito trattato che a’più sarebbe paruto inopportuno e fuori luogo, dacché il giornale non deve assumere le forme pedantesche e drammatiche del galateo. Le poche cose da me dette sugli sconci più ordinari che si commettono nelle feste da ballo, le ho dette senza la pretensione di farla da legislatore nel codice del mondo elegante. L’educazione, l’istruzione, lo spirito e l’uso del mondo dettar possono le norme del ben vivere nelle alte sfere e ne’salotti destinati alla colta e piacevole conversazione. Ci vuol gusto per definire il gusto, diceva Voltaire; ed io soggiungo che il gusto non si apprende né dai libri né da’maestri, ma è un dono particolare che Dio fa a certuni, come ad altri regala il genio, ad altri regala il così detto spirito, ad altri l’ingegno. Queste non sono cose da confondere l’una coll’altra. Uno scrittore può avere grande ingegno, e può non avere né spirito né gusto; un artista può aver genio e non avere né ingegno né gusto. Un uomo senza ingegno e senza istruzione può avere per tanto spirito e gusto. E questo è appunto ciò che richiedesi nel mondo elegante, in cui un uomo di spirito è meglio accolto di un uomo dotto, e un uomo di gusto è anche meglio accolto di un uomo di spirito. Spesso i più colti ingegni, i dottori e i saputoni in iscienze e in lettere non sanno dire due ciance a una donna; non sanno rispondere ad un complimento; s’imbrogliano nelle cose più triviali, e resterebbero un paio d’ore a fianco di una donna come idioti senza saper trovare il capo d’una conversazione.

   Nel gran mondo è necessario uno spirito audace e pronto fino alla temerità, purché sia accompagnato da un gusto direi quasi di discrezione. Quelli che mettono il piede nel mondo di convenzione badino a due cose: alla prima impressione, ed a non imporsi a nessuno. Tutto dipende dalla prima impressione. I giovani si facciano sempre presentare alle signore anzi che agli uomini; parlino poco e non si mostrino tanto fatui e leggeri: sollecitino appo il marito della signora di casa l’onore di ballare con lei la prima quadriglia, ove un simile onore non sia stato già conceduto ad un più avventurato cavaliere: non mostrino grande smania di ballare con altre dame; ed aspettino che la signora li presenti a qualche dama di sua conoscenza.

   È indispensabile che nel corso degli otto giorni dopo la presentazione il giovine presentato faccia una visita alla signora, badando d’informarsi s’ella riceve nel mattino o di sera. La visita non duri più di un quarto d’ora, e la vestitura sia scrupolosamente ricercata. Non si manchi in tale occasione con fino gusto e con bel garbo di fare sdrucciolare un dilicato complimento allo indirizzo della vanità della signora. Si badi pertanto di non prendere lo strafalcione grandissimo di lodare in lei ciò che appunto è in lei più difettoso.

   Ci ha de’giovani i quali, una volta presentati in una famiglia, si credono domini e padroni di casa, in guisa la seconda volta che ci vanno non si danno neppure il pensiero di ossequiare il signore o la signora, padroni di casa, e si occupano di trovare a divertirsi. Costoro corrono il rischio di vedersi presi per un braccio e menati fuori del salotto e della casa con gran loro vergogna e con grave scandalo della società. Di costoro non parliamo, chè ei danno indizio di non avere apparato neppure l’abbiccì della buona creanza.

   Nel numero venturo seguiterò a trattare di altre tesi consimili e di quelle altre che voi mi proponeste nella vostra gentile.

                                                     FRANCESCO MASTRIANI