CRONACA DELLA SETTIMANA DEL 18 NOVEMBRE 1866

   La cronaca di questa settimana ha da notare diversi furti commessi con audacia senza pari. Facciamo voti che un giorno non abbiamo a registrare che fatti onorevoli per la nostra civiltà. Ma nelle grandi e popolose città, per quanto oculata e zelantissima sia l’autorità di Pubblica Sicurezza, è quasi impossibile che le Classi pericolose [1] non dieno occasione a’cronisti di parlare delle insidie che esse tendono incessantemente alla civil società.

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.   Tra i furti più audaci commessi nel corso di questa settimana, quello che ha fatto più impressione nel paese è il furto commesso a danno della vedova ottogenaria signora Rispoli, dimorante alla strada Ferrandina a Chiaja.

   Vive quella signora senz’altra compagnia che quella di una fidata cameriera, la quale, sendo stata per molti anni a’servigi della Rispoli, era arrivata a metter su co’suoi risparmi una somma abbastanza considerabile per una donna di quella non felice condizione. Il frutto de’risparmi della onesta cameriera era custodito dalla stessa signora Rispoli. La quale, volendo trarre vantaggio da alcune stanze per lei superflue, pensò di darle a pigione.

   Ed ecco che tre giovani di onesta apparenza le si presentano per torre in fitto le stanze. Il contratto è stipulato; e, com’è da consuetudine, una parte della pigione è pagata anticipatamente da’ tre giovani che prendono tosto possesso della loro nuova dimora.

   Tanto la signora, quanto la cameriera non potevano chiudere bocca in lodare la gentilezza e il bel garbo dei nuovi pigionali, che usavano modi e linguaggio quali si convengono a persone assai ben educate. E soprattutto la cameriera parea contentissima che fossero capitati que’tre; e spesso diceva alla signora che, stando in casa due donne sole, era davvero gran ventura la loro che non si fossero imbattute in gente equivoca o di mal’affare.

   Stavano così le cose, quando, pochi giorni erano appena scorsi dacché que’tre erano entrati in casa, un mattino, assai per tempo, uno di quei giovani entra bruscamente nella camera della vecchia signora, ch’era a letto; e, facendole balenare su gli occhi un pugnale, le ingiunge di non fiatare e d’indicargli dov’erano le gioie. Atterrita da questa inattesa aggressione, la povera signora comincia dal chiedere in mercé la salvezza della vita. In questo, si cacciano nella camera gli altri due galantuomini; e, ligata la vecchia donna e impeditole il cammino della voce, si danno tutti e tre a scassinare gli armadi e i cassettoni. Tutto fu involato quanto la misera serbava di più prezioso; e nel bottino andò perduto anche il frutto de’ risparmi della cameriera, la quale non sappiamo se nel momento dell’aggressione fosse uscita per faccende di casa, o fosse stata eziandio ligata e imbavagliata da’tre mariuoli.

   Mentre questo turpe fatto commettevasi da que’tre, erano giù nel portone alla vedetta altri onesti compagni per dare l’allarme in caso di sorpresa.

   L’autorità di Pubblica Sicurezza è sulla peste de’rei.

   Dicesi che il furto ascendesse a oltre le 8,000 lire, compreso il denaro della fante.

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.   Domenica a sera, verso le nove, i signori fratelli Dionisio si ritiravano, colla moglie d’un di loro e con un domestico che recava una lanterna, al casino di loro proprietà a Miano. Eglino erano sul lungo stradone che da Capodimonte mena a questo villaggio; allorché di botto il lanternino che il servo portava venne da un soffio smorzato; e que’due signori udirono certe voci che non erano di amici. Per quanto le tenebre della notte permettevano discernere, i signori Dionisio si videro circondati e aggrediti da una decina di persone, di cui tre erano mascherate. Non ci era via di scampo. Fu forza cedere alle ingiunzioni di que’nottambuli e consegnar loro quanto era l’oggetto de loro desiderj. Ma ciò non parve corrispondere al vasto disegno che le maschere si erano formato nella loro fervida immaginazione, a cui forse i racconti de’pingui ricatti briganteschi aveano sorriso d’una luce d’oro. Ad uno de’ fratelli Dionisio vien comandato di recarsi al casino per prendere la somma di 500 ducati, mentre l’altro fratello rimaner doveva in ostaggio fino all’arrivo del chiesto ricatto. I signori Dionisio dichiararono che non avevano in casa questa somma. Allora quei professori di tenebroso comunismo cedettero di dovere scendere dalle loro pretensioni, e dissero che si fosse almeno consegnata loro la somma di 200 ducati. A questa seconda domanda fu risposto che neppure tal somma era reperibile in casa. Non sembrava che gli alunni della scuola chiavonesca volessero sentir ragione; e non sappiamo che aspetto avrebbero preso le cose, se un deliquio della sig.a Dionisio non fosse giunto opportuno a sciogliere il nodo della catastrofe. I ladri, che aveano fretta di svignarsela, visto che la faccenda del deliquio poteva imbrogliar le cose col peggior danno, abbandonarono l’impresa, e si perdettero nelle tenebre di quelle campagne, donde l’egregio signor Questore ha già snidato cinque di loro per consegnarli a’tribunali competenti.

   Gli altri cinque non tarderanno a raggiungere i loro compagni nelle carceri.

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.   Mercoledì, verso le cinque pomeridiane, un vecchiotto camminava per uno stradone di campagna. La pioggia avea fatta una leggiera sosta: onde quel pedone avea chiuso l’ombrello e se lo era cacciato sotto il braccio, affrettando il passo per non essere colto da un nuovo diluvietto, come quello che pocanzi era caduto da questo nostro sempre lodatissimo bellissimo cielo.

   Un monello, sbucato da una vicina macchia, si accostò correndo al vecchiotto, e tutto ansante gli domandò:

   ‒ Vecchiotto, avete veduto fuggire un ragazzo con un ombrello?

   ‒ No, figlio mio, rispose il pedone.

   ‒ Ed ora il vedrete, soggiunse il mariuolo, strappando l’ombrello di sotto al braccio del vecchiotto e dandosela a gambe.

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,   Un altro furto, non così spiritoso come il precedente, fu commesso Domenica scorsa, verso le 11 del mattino, in casa del signor Luigi de Luca al Vico Paparelle.

   Nulla che esca dal comune de’furti in questa scassinazione e depredazione. Non sappiamo a che somma ascende il danno patito dal signor de Luca, e se il ladro è stato assicurato alla giustizia.

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   Chiudo questa rubrica de’furti col citarne uno di cui io stesso fui vittima giovedì mattina, e che ha qualcosa del diabolico. Se io fossi spiritista, crederei alla esistenza di Spiriti ladroncelli.

   Ero uscito verso le otto dalla mia casa, e pensavo appunto a’ diversi furti di che avevo ad occuparmi in questa cronaca. Avevo fatto appena pochi passi, quando, per accendere il sigaro ad una delle funi che i tabaccai tengono esposte dinanzi alle loro botteghe, appoggiai il bastone ad un angolo di muro ivi presso, dovendo con una mano tenere il sigaro e coll’altra la fune. Terminata la difficile operazione dello accendimento del sigaro, e dico difficile, perocchè mi era capitato tra le mani uno di que’tubi di foglia che si possono dire assicurati contro l’incendio, mi voltai per riprendere il mio bastone; ma questo era sparito per opera e virtù di un incantesimo, il cui segreto è noto soltanto agli allievi della Casa di Custodia su le Cappuccinelle.

   Bisogna dire che un ladro invisibile ci sta sempre a fianco, come l’angelo custode.

   Il ladro del mio bastone pensò di darmi un soggetto per la mia cronaca.

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.    Un caso dolorosissimo contristò giorni fa tutti gli abitanti d’una delle nostre più belle contrade.

    Ogni sabato la colta e gentile signora D… riuniva in sua casa una eletta brigata di amici: si passavano in quella casa alquanto ore divertentissime: si conversava leggiadramente, si facea musica, si ballava. Gli amici che componevano quella scelta riunione aspettavano con impazienza la sera del sabato per godere dell’ onesto e gentile divertimento.

   L’ultimo sabato, la signora D… uscita il mattino per sue faccende, incontrava per via alcune signorine, del numero di quelle che abbellivano la sua periodica, e raccomandava loro di non mancare in quella sera, soggiungendo, in via di scherzo, che non arrivassero troppo tardi, com’erano solite, non essendoci bisogno di tanta acconciatura per un divertimento in famiglia. E, dopo aver scambiato con quelle gentili altre frase scherzose in su questo tenore, si separava da loro per trarre in sua via. Poco stante, erano altri amici in cui si abbatteva per la strada, e a’quali pur raccomandava di non mancare quella sera, dovendo venir da lei per la prima volta un giovine dilettante di qualche grido nelle accademie. E que’giovani ad assicurare quella garbatissima signora che non mai, per qualsivoglia ragione, ella avrebbe a dolersi di una loro assenza dalla sua riunione.

   Come ognuno s’immaginerà, nissuno de’soliti amici e degl’ invitati straordinari mancò quella sera… Ma… quella sera il salotto, invece che delle solite lampade a scisto e da’gruppetti di cerogeni, era lugubremente illuminato da quattro lente candele di cera, che rischiaravano un cadavere… Ed era quello della signora D…!

   Colpita nelle ore del pomeriggio da una specie di fulminante congestione cerebrale, la misera donna soccombeva verso l’ imbrunire alla ferocia del male, contro il quale non valsero i più efficaci rimedi dell’arte salutare.

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.   Poche sere fa, il Caffè di Testa d’Oro era assiepato di gente per l’apparizione colà d’una fioraia piemontese, vestita presso a poco alla foggia delle corifee di S. Carlo durante la rappresentazione di un balletto. Noi faremo osservare alla leggiadra Flora sabauda che un costume come quello che ella usava fa sempre un certo effetto su la calda immaginazione de’nostri meridionali; e però la consiglieremmo di adottare un altro più confacente agli usi del nostro paese; ed anco perché, destando ella per la sua foggia di vestir un certo chiasso per le vie, immischiar se ne potrebbe un tantin l’autorità.

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.   In questa settimana la Questura ha messo le mani sovra circa duecento vagabondi di bassa sfera. Noi non possiamo che lodare l’autorità di Pubblica Sicurezza per la sua avvedutezza ed operosità; bensì vorremmo che ella pescasse i vermi vagabondi non solo nelle basse regioni della nostra società, ma eziandio nelle alte, dov’è la peggiore qualità di vagabondaggio, quella che noi domandammo la Camorra elegante.

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.   Il pubblico e la stampa deplorano a ragione i vuoti che si verificano così spesso nelle diverse amministrazione del nostro paese, come quello tra gli altri delle lire 43mila trovato nell’ amministrazione del R. Albergo de’Poveri. Ciò dipende dalla scelta degl’impiegati.

   Noi non possiamo che raccomandare al governo l’oculatezza, la imparzialità e la giustizia su questo importante oggetto.

                                                FRANCESCO MASTRIANI

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[1] Ci siamo distesamente occupati di queste Classi nella nostra opera in dieci volumi col titolo I VERMI.