DONNA PEPPA

   Perdonate, o signori, se pigliomi licenza di menarvi con me alla Marina, togliendovi per poco alle aure infuocate del cuor della Capitale e dei marciapiedi di Toledo, dove ora s’incontrano e si salutano tante camice con altrettanti imbecilli al di dentro.

   Una celebrità è alla Marina, che merita un posto, distinto nel Palazzo di Cristallo, il teatro di Donna Peppa, non mai abbastanza laudato e celebrato, io son di parere che un Partenopeo, il quale non è stato da Donna Peppa non merita di esser Partenopeo; e quando penso che ci erano de’gonzi che pagavano tre grana al direttore del Diorama di noioso memoria, dacché con simil somma poteano godersi per due ore il dilettoso spettacolo diurno o notturno del teatro di Donna Peppa, compiango l’umana cecità e passo avanti.

   Signori, voi direte quel che vorrete, ma ognuno ha i suoi gusti, ed io vi confesso francamente che io vado pazzo pel TEATRO PETITO conosciuto comunemente sotto il preclaro nome di teatro di Donna Peppa. Lascio agli abbonati di S. Carlo e del Fondo il tristo privilegio di godersi la castellana di Giulietta, i singulti mortali di Donna Luisa, il corno di Arati e la lucernella della Viola; lascio agl’innamorati il teatro de’ Fiorentini e a’parrucchieri il Teatro Nuovo, lascio a’pipistrelli i Paesi Bassi ed agli extra-partenopei la Partenope e S. Ferdinando; io mi salvo da tanta noia, come dicea Don Dante, e mi ficco nel comodo locale del teatro sullodato.

   Avrei bisogno di dieci volumi in quarto per farvi toccare con mano i sommi vantaggi e diletti che si trovano a frequentar questo teatro; ma mi limito a’più spiccati che saltano agli occhi.

   E primamente, voi per andare da Donna Peppa avete bisogno di andare alla Marina, ed ecco la necessità di un moto salutare all’aria aperta e balsamica, igienica prescrizione raccomandata in tutti i tempi per conservar la sanità. E, se preferite di trarre colà per entro a’vicoli della vecchia Napoli, tanto meglio; chè allora farete un viaggio piacevole ed istruttivo, e vedrete facce nuove, originali, curiose, e vedrete quella porzione delle 44 mila che non incontrerete giammai su i marciapiedi di Toledo.

   Scegliete a vostro bell’agio qualunque ora per recarvi da Donna Peppa. Incominciando da quell’ora che move il desio fino alle undici della sera, voi giungerete sempre a tempo per godervi lo spettacolo. Non vi fermate perora innanzi al teatro dei Pupi, dove avrò il piacere di condurvi tra qualche giorno, e camminate fin là dove le ardenti faci, se giungerete di sera, vi segneranno la meta del vostro viaggio.

   Voi non avete bisogno di leggere i manifesti per sapere il titolo della produzione che si rappresenta: ad un tiro di schioppo sentirete la voce stridula d’un banditore che annunzia a’passeggieri il dramma, la commedia o la tragedia che si espone al rispettabile pubblico, e vi darà sommariamente un sapore de’punti più interessanti; e, siccome in questo mondo i gusti sono svariati, così l’impresa di questo teatro unisce il tragico al comico pel maggior diletto e soddisfazione de’suoi abbonati.

   Io per me non ho nissuna difficoltà di mettermi in platea in questo teatro, giacchè il pubblico di qualunque nuance è sempre rispettabile, e l’animale a sangue caldo che paga cinque o sei carlini a San Carlo non è dissimile dall’animale a sangue caldo che paga tre grana da Donna Peppa. Ma se siete un milord, un esclusivo, un animale a sangue freddo e a guanti paglini, allora pagate cinque grana, ed eccovi istallato in un palco di prima fila come un annoiato di prima forza. E se poi, facendo da Montecristo, volete fittare un palco tutto per voi, vi si userà la incredibile considerazione di far dipendere da voi l’ora dello spettacolo, per modo che non si leverà la tela se prima non vi siete comodamente sdraiato nella vostra stia.

   Signori, la coscienza non si trova che da Donna Peppa. A’Fiorentini, al Teatro Nuovo, e financo… a’Paesi Bassi! voi pagate tre grana per un pezzo di lava del vesuvio al quale si dà il nome di cuscino e che sottopone la parte inferiore del vostro organismo ad una specie di dura mistificazione. Ebbene, al teatro di Donna Peppa per un morbido cuscino voi non pagate che la somma d’un Palazzo… di Cristallo, vale a dire, la cifra tenue e discreta di un grano, ed è un cuscino e non già un fossile innominato non registrato ancora nella storia naturale de’minerali.

   Prescindendo dalla estrema comodità de’palchi, come vi dimostrerò più appresso, io per me ritengo che si sta meglio in platea, e ve lo dimostro, giacchè voi potreste che io faccia per Donna Peppa quello che l’Omnibus fece per l’impresa del Massimo; ma io non vi vendo lucciole per lanterne. Dunque, prestatemi tutta la vostra attenzione, come dice il solito automa parlante de’Paesi Bassi quando vien fuori il solito automa ballante. La platea di Donna Peppa non è già come tutte le platee di questo mondo teatrale, nelle quali più o meno, salvo pochissime eccezioni, un galantuomo si sente i magnanimi lombi carcerati tra due inesorabili spranghe di legno o di ferro, destinato a segnare i confini d’una organizzazione pagante da quelli di un’altra, in modo che impossibile riesce la benché minima usurpazione del terreno del vicino gaudente, anche quando un osso sacro non occupa ufficialmente questo terreno. Chez Donna Peppa, la cosa è diversa; i confini e le barriere tra uno spettatore e l’altro non sono che le persone rispettive; onde, quante volte non ci è piena, un membro del rispettabile pubblico può a suo bell’agio sdraiarsi sovra una intera mezza fila e coricarvisi anche se ne ha voglia, senza che gli altri membri trovino a ridire su questo libero esercizio del libero arbitrio.

   Veniamo a’palchi. Abbiamo due file, l’una in alto, destinata ad accogliere gl’infatigabili divoratori di spassatiempo, alias semi infornati di poponi, e l’altra in basso per l’aristocrazia del pubblico marinesco ed extra-moenia. La fila di sopra non è che una piccionaia come tutte le altre, dove si vanno a ficcare gli scrittori della Rondinella (Vedi Anno 1.° N.°1) e quelli del Biricchino (Vedi Anno 1.° N.°1); insomma una piccionaia dove si raduna il fior fiore della Marinella e della Pietra del Pesce, e dove non senti che uno sgusciar perpetuo de’sullodati semi di popone. Peraltro, la piccionaia di Donna Peppa è più sobria (nel senso letterale e figurato) di quella del Sebeto e del teatro al largo delle Pigne, e non è così ciarliera ed esigente. La fila di sotto ha degli scompartimenti che diconsi palchi, in ciaschedun de’quali, benché possano comodamente entrar tre sedie, pure non se ne veggono che due e non si fittano che due posti, gli occupatori de’quali possono a lor talento distendere le gambe. E passiamo innanzi.

   Signori, il maximum de’vantaggi che si trova nel frequentar di preferenza il teatro di Donna Peppa si è l’assenza quasi totale del bel sesso nel numero degli spettatori. Io mi sono recato quasi tutt’i giorni ad occupare il mio solito palchetto a prima fila, e non ho mai avuto il piacere d’abbattermi nel visino di qualche donna. dico che questo è un gran vantaggio, dappoichè le donne in teatro rappresentano un’altra produzione, qualche volta assai più interessante di quella che si rappresenta sulle scene; onde svagata è l’attenzione degli spettatori, i quali per ciò non gustano tutto il buono ed il bello di quello che avviene sul proscenio. D’altra parte, è noto che le donne non applaudiscono e non fischiano, e questo è un gran male per l’arte; ed ecco perché l’arte migliora sempre… al teatro di Donna Peppa.

   Ma eccoci a dire qualche cosa della Compagnia, la quale non la cede neppure a quella de’Fiorentini per intelligenza e naturalezza. E, prima di tutto, sapete chi è il Pulcinella di questo teatro? Egli è del medesimo sangue pulcinellesco che tanti onori ha ricevuto sulle sponde del Tevere; egli è fratello del classico Pulcinella, a cui i quiriti volevano innalzare un monumento. Il Pulcinella di Donna Peppa si chiama dunque Davide Petito ed è fratello di Antonio ed entrambi sono figliuoli di papà Petito. E quando vi ho detto questo, parmi che ogni elogio sia superfluo. Davide promette raggiunger la gloria del padre e del fratello. O Petiti, che in francese siete piccoli, voi siete grandi in napolitano; voi avete innalzata la maschera di Pulcinella all’altezza della civiltà de’tempi che corrono, e anche la somma gloria di strappar le risa agli annoiati figli di questo blasè di secolo decimonono.

   Mariella Toppa è la sercetta napolitana, e vi assicuro che pochi teatri di prosa hanno il vanto di possedere una servetta della forza di questa Toppa. Ella è tutta naturalezza e spontaneità, e recita con quella disinvoltura che tanto piace ed alletta. Non ricordiamo i nomi degli altri attori del pari valenti e accurati; ma ci proponiamo di parlarvi di qualcuno di loro a seconda che l’opportunità ce ne verrà offerta per qualche particolar fatica dall’un di loro esposta al pubblico.

   Da ultimo sentiamo il dovere di fare i nostri sinceri elogi all’orchestra, la quale, composta di egregi professori, non suona sempre il Trovatore e la Violetta, come quella de’Fiorentini, della Fenice e di S. Carlino.

                                                          FRANCESCO MASTRIANI