FATTI DI PARIGI. 17 MARZO 1867

   A Parigi qualunque altra preoccupazione è svanita di fronte allo spettacolo inaudito che ha presentato il condannato a morte Lemaire che acclamava il palco fatale con quello stesso accanimento con cui altri cercano di evitarlo. Assicurarsi che il direttore della Conciergerie, che mette insieme gli autografi di tutti i condannati a morte, avesse comandato a Lemaire alcuni versi della sua scrittura, e costui nell’istante di scriverli si fosse ricusato, per paura che se ne volessero servire per ottenere la sua grazia; ma promise di darglieli al momento di montare sul palco di morte. Egli dissertava filosoficamente su quelle vittime che avrebbe colpito le prime se gli fosse stato permesso di proseguire i suoi omicidi, e dichiarava che ove gli fosse accordata grazia, egli avrebbe ucciso tre o quattro persone all’ergastolo. Il signor Destorolles, il celebre chiromantico, chiamato a consultare la sua mano, vi ha riconosciuta la linea fatale dei grandi delinquenti; bisogna però convenire che l’aver portato un differente giudizio, sarebbe stato un portare un discredito alla chiromanzia.

   Diremo nel numero venturo i particolari della esecuzione di questo giovine parricida.

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   I concerti a piena orchestra dati a Parigi quest’anno da’signori White e Trombetta sono riusciti benissimo ed hanno offerto molto interesse. Ma merita speciale menzione una soirèe di Rossini data in occasione dello anniversario della sua nascita. L’illustre maestro, ancora giovine di spirito e di genio, ha raggiunto il settantacinquesimo anno. Oh tali uomini dovrebbero essere immuni da’colpi del tempo, ed il Grande Orologio, che segna i destini dell’umanità e delle cose, dovrebbe fermarsi per essi! Ma la legge è inesorabile, e la eguaglianza non ha alcuna eccezione ne’decreti della Provvidenza. Felici coloro, cui son concessi lunghi anni di vita, per godere della loro gloria e vivere nello splendore di essa. Tanto però è dato a pochi, e tra questi è annoverato Rossini, per la sua consolazione e per quella de’suoi amici.

   Costoro, la sera del 1.° Marzo, in gran numero ingombravano i saloni della strada Chaussèe- d’Antin! Tutte le notabilità dei nostri giorni erano presenti. Dei compositori e scrittori si osservavano Carafa, Auber, Thomas, Bazin, Cobon, Beer, Costa, Meyouvè, Nadand, Pacini, Dorè; delle persone del gran mondo e degli uomini politici si distinguevano il Nunzio Apostolico, M.r Aloisi, Barrot senatore, la coppia Foald, la Duchessa Colonna, il conte e la contessa Pisani, il conte e la contessa Marat, il visconte e la viscontessa di Grandval, il conte Willet-Pill, il visconte e la viscontessa Lanjuinais, il conte della Ville-le-Roulx, Berryer, il barone e la baronessa G. Rothschild, il barone e la baronessa di Laborde, la contessa dell’Hanvel, il visconte e la viscontessa Benlè, la contessa Pepoli.

   Non sarà discaro al certo far noto a’nostri lettori il programma, ch’ebbe luogo in quella serata. Il primo pezzo fu una bella ed allegra fanfara eseguita a quattro mani da Dièmer e Rossini, acclamato vivamente come pianista, e qui non devesi tacere ch’egli or tiene più al suo valor di pianista. Seguì il duetto buffo del Matrimonio segreto, cantato da Zucchini ed Agnesi, e quello della Traviata dalla signorina Patti e Gardoni. Poscia Plansè eseguì il Spècimen de mon temps, pezzo brillantissimo ed oltremodo variato di Rossini. La cavatina della Semiramide, ammirabilmente cantata dalla stessa Patti, ed il terzetto Papàtaci dell’Italiana in Algeri, detto artisticamente e con somma grazia da Gardoni, Agnesi e Zucchini, posero fine alla prima parte.

   Aprì la seconda parte delle Sedie con la commovente aria del Ballo in maschera, che non poteva dir meglio. Poi si eseguì dalla Patti, Gardoni e Galvani un terzetto da camera di Costa, la cui fine fece gustare deliziose armonie. Il lazzarone, nuova produzione originale del Maestro, cantata da Barrè, fu quella che soltanto ebbe l’onore del bis, con la toccante elegia del Fanciullo smarrito, cantata da Gardoni. L’introduzione della Semiramide, ridotta ed eseguita magnificamente da Plantè, gli procacciò una vera ovazione. In fine, si chiuse la Soirèe col quartetto del Rigoletto; e gli astanti rapiti, entusiasmati andaron via, gli uni andando in traccia di nuovi piaceri al ballo di M. Ridgway, e gli altri rientrando nelle rispettive case per meglio conservare il ricordo di sì deliziosa musica.

                                                                                                   FRANCESCO MASTRIANI