FATTI DIVERSI

   DUE BOMBE ALLA FESTA DEL CENTENARIO

   Un parroco di Valcamonica, recandosi a Roma la scorsa settimana pel Centenario di San Pietro, si avvisò di condor seco la sua Perpetua, certa Serafina D… che da cinque anni sta al di lui servizio. Temendo di provocare degli scandali, e volendo in qualche modo sottrarsi agli imbarazzi ed alle maggiori spese che si producono dal viaggiare, con una donna, il buon prete fece indossare alla fantesca degli abiti virili tolti a prestito dal sagrestano. Durante il viaggio, il travestimento non diede nell’occhio ad alcuno, e la Serafina malgrado le forme troppo pronunziate del suo sesso, attraversò le sale d’aspetto e salì nei vagoni senza eccitare sospetti.

   Arrivati a Roma, avvenne che, nella folle dei forestieri che in quel giorno si versavano nella stazione, il parroco e la Perpetua si trovarono d’un tratto separati. L’un corre da un lato, la fantesca corre dall’altro, chiedi a questi, interroga quello, la Serafina non riesce a rinvenire il suo don Abbondio. Frattanto due spie della polizia pontificia avevano posto gli occhi su quella singolare forma da sagrestano che correva qua e là con sembianze alterate.

   Ciò che più di ogni altra cosa attirò l’attenzione dei due zelanti impiegati della polizia, furono due prominenze piuttosto vistose che si pronunziavano dal gilet dello sconosciuto; e tosto entrati in sospetto che là dentro si celassero due bombe all’Orsini e che il forestiero fosse un emissario del partito d’azione mandato a Roma per suscitare dei torbidi, designarono ai carabinieri la sciagurata Perpetua e la fecero arrestare.

   Condotta la malcapitata donna all’ufficio del commissario di polizia, immediatamente ella venne sottoposta ad una perquisizione. Immaginate la sorpresa dei perquisitori allorquando nel mettere le mani tra le aperture del gilet per agguantare le bombe, vi rinvennero… altre cose.

                       (Popolo italiano).

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   SUICIDIO A PEGLI

   Ci scrivano da Pegli in data 27 corrente:

   Fino al giorno 18 andante una giovane svizzero  di circa trent’anni, che era collocata come cameriera presso il cav. R. che trovasi in villeggiatura alla villa Doria Pamphily, mancava improvvisamente dalla casa dei padroni, né ad onta delle più accurate ricerche si poté conoscere ove si trovasse.

   Avendo però sul tavolino della sua stanza lasciato poche monete di sua spettanza, un paio d’orecchini d’oro e due denti incisivi finti ch’essa portava, si facevano diverse congetture circa la sua sparizione, fra le quali per più probabile ritenevasi che si fosse gittata nel lago di detta villa che è profondo circa un nove metri; ed avvalorava una tale congettura l’essersi vestita della veste più logora che avesse, nonché alcune stravaganti domande che prima della sua mancanza avea fatto ora a questo ora a quello. Così per esempio si era informata se chi si gittasse sul binario della ferrovia al passaggio del convoglio rimarrebbe morta all’istante: a varie riprese poi aveva domandato della profondità del lago della villa.

   Infatti, questa mattina, verso l’alba, il giardiniere vide il cadavere dell’infelice cameriera galleggiare sulle acque colle braccia conserte al seno. Datone tosto avviso alla pretura di Voltri, alle ore 11 antimer. recavasi sul luogo il pretore con due carabinieri, ed estrattone il cadavere già deforme, redigeva l’opportuno verbale.

   Ignoransi finora le cause che abbiano potuto trarre l’infelice donna al passo disperato.

                       (Popolo italiano)

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   CARTEGGIO

   ‒ Al signore Nicola M. ͣ  DE FABRIITIS  ‒ Itri ‒ Egregio amico – Le scrissi in data del 10 dello scorso mese di giugno. Non ho ricevuto nessuna graditissima sua risposta. Suppongo che ella non trovasse costà nel tempo in cui vi dovette arrivare la detta mia. Aspetto con ansia un suo rigo, perocchè Ella sa in quanta affettuosa stima il La tengo.

   ‒ Al signor Giuseppe Costa – Gambolò (Lomellina) – Il non ricevere lettere da un amico come Lei mi fa stare in gran pensiero. La sua squisita amorevolezza non consente che io attribuisca ad altro il suo silenzio che a ragioni di salute o di assenza da codesto paese. Mi auguro che sia questo e non altro il motivo per cui mi veggo privo di desideratissime sue. I pochi veri amici che Iddio mi concede, io gli ami con fraterno affetto: della loro lontananza mi duole; e vivo inquieto ogni volta che il fattorino della posta non mi arreca di loro nuove. Ha ricevuto l’ultima mia del 28 giugno scorso?

                                                                           FRANCESCO MASTRIANI