FILOSOFIA PRATICA

   NON BISOGNA SPENDERE AL DI LÀ DELLE RENDITE

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   Ciascuno dee regolare le sue spese entro i limiti de’propri mezzi. Questo metodo è la vera essenza della onestà, perocchè, se un uomo non si studia di vivere onestamente co’frutti del proprio lavoro, dee per necessità vivere disonestamente co’frutti del lavoro altrui. Coloro che non vanno ribadati nelle loro spese personali e non pensano che a soddisfare le loro voglie, si accorgono troppo tardi del valore e dell’uso del denaro. Quantunque generose per natura, queste persone scervellate sono spesso tratte da ultimo a commettere atti riprovevoli. Egli sciupano il loro denaro nella stessa guisa che il tempo; traggono cambiali sullo avvenire, divorano in erba i proventi futuri, e sono per tal modo costretti a strascinarsi dietro una catena pesante di obbligazioni e di debiti che inceppa la loro libertà ed indipendenza. Il denaro spiccio che molti spendono spensieratamente è peggio ancora, formerebbe spesso una solida base di ricchezza e d’indipendenza per tutta la vita. Questi dissipatori sono i peggiori nemici di sé medesimi, quantunque trovansi generalmente tra coloro che accusano il mondo di egoismo o d’ingiustizia. Ma se l’uomo non vuole essere l’amico di sé stesso, come può pretendere che altri lo sia? Gli uomini assegnati, per quanto modesti sieno i loro mezzi, hanno spesso di che soccorrere altrui, laddove i prodighi e scialacquatori che spendono tutto quanto guadagnano non trovano mai un’occasione di allievare il prossimo.

   È dovere impreteribile di ciascuno guardare in faccia i propri affari, a tenere stretto conto delle entrate e delle spese. Un po’d’aritmetica domestica riuscirà vantaggiosissima. La prudenza vuole che il tenor di vita sia al di sotto piuttostochè al di sopra de’nostri mezzi, e ciò non si può conseguire se non vivendo ordinatamente. Il filosofo Giovanni Locke raccomanda ciò con molto calore.

   «Nulla – dice egli – è più atto a tenere l’uomo a segno che lo avere di continuo davanti gli occhi lo stato regolare dei propri affari».

   Il Duca di Wellingtou tenea conto accuratissimo di tutto il denaro che incassava o spendea.

   «Io mi fo uno stretto dovere – diceva egli – di pagare io stesso i miei conti, e consiglio di fare a tutti altrettanto. In addietro io costumava incaricare di questa bisogna un fido servo; ma fui guarito di questa follia di ricevere in un bel dì con mia somma sorpresa conti vecchi di uno o due anni. Il galantuomo avea fatto speculazione col mio denaro e lasciato i miei conti in asso».

   Parlando de’debiti lo stesso Duca osserva:

   «I debiti rendono l’uomo uno schiavo. io ho spesso provato che cosa sia aver bisogno di denaro, ma non ho mai fatto un debito».

   Washington non era meno assegnato di Wellingtou in maniera di affari, ed è cosa notevole che egli non isdegnò mai di esaminare scrupolosamente le spese più piccole della sua casa, risoluto com’era di vivere onestamente secondo i suoi mezzi, anche mentre occupava il posto supremo di presidente degli Stati-Uniti.

                                                                      (Dal Caserta)

                                                                                                    FRANCESCO MASTRIANI