GLI UCCELLI E I FIORI

 

 

   … E si amavano come due colombe – egli aveva sessant’anni, ella cinquantacinque e tre mesi – Egli amava gli uccelli, ella i fiori, e stavan rimpetto di abitazione – Pochi altri mesi ancora, ed alla fiaccola dell’amore sarebbe successa quella dell’imene.

   Era un bel giorno, ed egli aperta la gabbia ai suoi uccelli, che avevano ricevuto una fine educazione, disse loro: Volate, miei piccoli amici, fate una piccola camminata sui tetti e ritornate al tramonto del sole, e gli uccelli volarono.

   Ella ogni mattina veniva a vedere i fiori del suo giardino, l’inaffiava, li liberava dalle piante parassite, che come i parassiti umani vivono alle spalle altrui.

   Ora gli uccelli di lui andarono a beccare i fiori del giardino di lei; soffrì la donna amorosa il primo giorno, soffrì il secondo, ma al terzo non seppe più soffrire. Armato un trabocchetto, fece prigioniero uno di quegli uccelli, scrisse un biglietto, e legatoglielo al collo, lo fece volare. Quel biglietto diceva: «Mio caro, ho l’onore di prevenirvi che se non ordinerete ai vostri uccelli di non devastare il mio giardino, io li ammazzerò».

   Egli si offese quando lesse il biglietto; uccidere un solo dei suoi uccelli era un uccider lui stesso. L’amore fu dimenticato, ed immantinente scrisse: «Signora, voi siete una belva se avete il coraggio di uccidere gl’innocenti uccelli».

   Il giorno dopo il solo uccello che ottenne il permesso di farsi una camminata fu quello che portava al collo il bigliettino. Esso volò nel giardino, e fu fatto prigioniero.

   Ella si accorse della carta, l’aprì, la lesse, ed adirata rispose: «Signore, voi siete una bestia, se potete amare più i vostri uccelli che la mia felicità. Io non sono più la vostra amante».

   Egli ed ella divennero nemici; ogni dì nuove querele ruppero i legami dell’amore; non bastarono più i biglietti; si venne alle ingiurie dirette, alle minacce… Ieri egli morì celibe… ed ella rimase zitella.

                                                          Francesco Mastriani

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   Fu pubblicato sul giornale Il Lume a Gas del 5 gennaio 1848