IL MIO BARBIERE

   In questo secolo di egoismo, di superbia, di vanagloria, in questo secolo in cui l’io è tutto, e dopo l’io il mio, che è il più spudorato tra i pronomi, io non voglio ragionarvi che di me, delle cose mie e di quelli che hanno il bene d’aver che fare con me. A che servirebbe la invenzione di Guttemberg se non ci desse l’agio di cavarci qualche voglia vanarella, di aggiungere qualche sproposito di più a’tanti che se ne dicono in ogni momento, di dir bene o male di qualcheduno a seconda dei buoni o cattivi uffizî che ne abbiamo ricevuto? Sarà dato a’deputati della dritta ed ai giornalisti governativi rispondere amen a tutte le bestialità che fanno i ministri e loro creature; a’giornalisti officiali e officiosi di romperci le scatole con tutt’i viaggi che fanno i pezzi grossi, facendoci sapere se i diplomatici vanno a licet e quante volte; sarà dato a’giornalisti letterari levare a cielo un can di tenore, estollere alle stelle un asino di letterato, gridar mirabilia di qualche imbecille; e non potrò io, come più mi talenta, lodare uno che ciò merita per tutti i riguardi, e che, invece di guastarci il capo, come fanno tanti estetici, o stordircelo come fanno tanti cani arrabbiati che abbaiano su i proscenii, ce lo accomoda con una grazia tutta particolare?

   Sì, signori, io voglio lodare il bio barbitonsore.

   E quando dico il mio barbisontore, è un mo’di dire, giacchè (il suo nome ve lo dirò in un altro numero di questo giornale) questo artista non esercita solamente il comune officio di tondere le barbe, ma quello puranche (il campo del suo genio) di acconciare, solcare, arricciare, mozzare e condire i capelli con oli e pomate.

   Per me, dico che un buon pettinatore è per eccellenza l’antagonista del medico; giacchè quegli vi fa parere più bello, più fresco, più giovine, più allegro; e questi, pel converso, vi rende più brutto, più maltrattato, più vecchio, più triste. Né questa è opinione tutta mia recente; vi ricordo il Barbiere di Siviglia e vi faccio fare il paragone tra Figaro, il vispo parrucchiere, e Don Bartolo, l’asinesco dottore: quale di queste due parti vorreste rappresentare?

   Ma per tornare al mio barbisontore (nol dico per preferenza, per parzialità o per amicizia) questi non teme rivali nell’arte sua, e benché situato nel polo antartico di Paolucci (suo maestro di cui ha superato le glorie) ha raggiunto una celebrità non meno meritata. Ed in fatti, fatemi il piacere di entrare nell’uffizio del mio barbiere in qualche ora del mattino, e vedrete se vi sarà possibile di ficcarvi in quella folla di aspiranti che aspettano ciascheduno un bel pezzo la sua volta per avere il piacere di mettere la propria testa in mano del mio barbiere o di qualcheduno degli abili suoi allievi. Dei quali, se avrò tempo e voglia, mi occuperò partitamente di ciascheduno, atteso che tutti si meritano un posticino nelle glorie artistiche del nostro paese.

   Se io vi parlassi della eleganza del taglio, della gentilezza de’modi, della decenza del luogo, del valore de’garzoni, della celerità con cui si fanno le barbe quasi a vapore, non mi credereste o direste ch’io parlo per passione, per deferenza, per simpatia o per altro; eppure se mai giornalista ha detto una verità al mondo, questa… non è al certo.

                                                                                                           FRANCESCO MASTRIANI