IL SI-LOCA

   Me l’hanno appeso, incollato, a caratteri lapidarii, come funebre epitaffio! Addio! è finita. S’en est fait! direbbe una crestaia di Parigi. L’invasione dei barbari è cominciata; il domicilio è violato quaranta volte al giorno; la mia casa è divenuta la Piazza del plebiscito od anche peggio. Chi va, chi viene, chi entra, chi esce; carovane d’imbecilli s’introducono in tutte le stanze, non escluse le più vergognose, e ti ammazzano d’interrogazioni, ti assassinano di noia, di fastidio… I misteri dell’economia non possono sottrarsi agli avidi sguardi di questo prossimo, chi si vendica facendo soffrire agli altri le torture che soffre egli stesso.

   Me l’hanno messo, il terribile SI LOCA!! Ieri mattina , quando uscii, levai gli occhi al sommo della mia portella; e stampate vid’io quelle tre sillabe esecrate, che sono pure i cardini principali della civil società.

   Eccomi ormai straniero in casa mia; appena appena riconosco mia moglie e i miei figliuoli; eccomi divenuto una specie di cosa pubblica, una specie di mercante, anzi di garzone di mercante, giacchè debbo far valere la merce non mia, debbo mettere in luce i pregi e nascondere i difetti del quondam mio domicilio; debbo dire che l’acqua è ottima, mentre in un bicchiere di quest’acqua si potrebbe regolarmente fare un corso di zoologia; debbo con faccia cornea asserire che i palchi son solidi, mentre ne’gagliardi temporali cammino coll’ombrello per la casa e stabilisco ponti levatoi da un uscio all’altro; debbo dire che insetti non se ne veggono, mentre di notte è proprio una sinfonia a grande orchestra, debbo con un viso di avvocato civile affermare che i muri non soffrirono il 16 dicembre 57, mentre io so che son fessi in vari punti non visibili; debbo seriamente mettere giù tante bugie che mi piombano sulla coscienza. No, ho preso un partito; mi fingerò muto, e non dirò né bianco né nero.

   E fosse pur questo il solo martirio! Dalle 9 a. m. fino alle 2 p. m. e dalle 3 p. m. fino alle 5 p. m., io non sono più sicuro di quel che mi accade. Se sto in casa, io non posso più scrivere una riga, non posso occuparmi più di niente; il pubblico mi reclama. ‒ È permesso di veder la casa? Ecco la formola del terribile passaporta. Ed ecco la gente che viene a ficcare il naso fra le vostra corna, per servirmi della frase più calzante in questa occasione. Invece di guardar le mura, si guarda a’mobili; invece di badare alla disposizione della casa, si bada alla roba che ci avete appesa; voi parlate del fumaiuolo e del pozzo, e il fittatore di diverte a gittare un occhio sulle carte che stavate scrivendo; voi vi affannate a descrivere i pregi dell’aria, e l’amico osserva i pregi di vostra moglie o di vostra figlia. Ed or vi capita un lanternone, che, dopo di essersi trattenuto una buona mezz’ora a farvi sfiatare come un legista, e quando crederete di aver trovato finalmente il vostro successore nella casa, vi chiederà del prezzo della pigione, e vi dirà freddamente che egli intende pagar la metà!! Un altro, dopo essersi informato minutamente di tutto, vi farà la confidenza che egli non ha che farne delle vostre stanze, mentre due sole gli bastano!! E uno straccione vi dirà che non ci è una galleria abbastanza vasta per la gente ch’ei riceve; un mercante di ciccioli si dorrà di non trovar posto per le sue librerie; una vecchia di 60 anni si rammaricherà di avervi incomodato inutilmente, però che ella ama le vedute romantiche!

   E fosse finito! Eccovi uno sciame di ragazze più o meno, che si cacciano nel vostro domicilio come tante ballerine di cartello; e, senza chiedervene il permesso,  vi aprono le finestre dinanzi e di dietro, per osservare le posizioni più o meno strategiche; e , non paghe di questo, dischiudono gli usci e s’introducono dappertutto, a rischio di fare naufragare la loro modestia, giacchè un galantuomo colto alla sprovvista può ben trovarsi in certe situazioni in cui non si trovano mai gli eroi de’romanzi. E, se siete giovine e non brutto, povero voi! ecco che le ragazze trovano un certo piacere a conversar con voi; e di soppiatto intanto voi balestrate un’occhiatina a vostra moglie, e avete in saccoccia una scena coniugale della forza di sei bastoni.

   È meglio fuggire; è meglio evadere!! E come? e la roba? Ho pensato che, sintanto non si fitta la ex mia dimora, uscirò all’alba, e non tornerò che a notte avanzata. O cielo! E lascerò mia moglie, i miei figliuoli, il mio gatto, i miei polli, i miei conigli, i miei colombi, il pappagallo e la mia scrivania, esposti ad ogni genere di assedianti?

   Orsù, ho deciso; avvenga che può, chiaverò il mio uscio da scala, e buon dì a’suonatori. Achiappo mia moglie e i miei figliuoli e mi metto in giro anch’io. Così almeno sarò nel numero de’carnefici e non delle vittime. Ahi! che in questa maledetta faccenda delle case, quando non si è padron di casa o carnefice (idem sonat), si è sempre vittima.

                                                                                                            FRANCESCO MASTRIANI

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