LA VOCAZIONE DEI GIOVANETTI

   Abbiamo sempre meditato sulla grande importanza ed influenza che hanno sulla pubblica e privata prosperità quella che chiamasi vocazione de’giovanetti. Ben sovente hannosi dalla società e da private famiglie a deplorare le tristi conseguenze della trascuraggine su questo importante obbietto della vita civile. Imperocchè, prevalendo pel consueto il costume di comandare o di sforzare la vocazione, sogliono i giovanetti concepire avversione agli studi in generale, e riuscire a male quando vengono al mondo sotto il peso d’una professione a cui di mala voglia si appigliavano. E questo è certo il minore de’mali; chè, se guardiamo all’infinito numero degli scioperati, dei perdigiorni, de’vagabondi e peggio, che pullulano e si moltiplicano nel seno delle grandi città, vedremo che la maggior parte di questi giovani perduti avrebbero percorso onorevol carriera in qualche professione od arte, se meglio diretti fossero stati a quella per cui fin dagli anni più teneri addimostravano attitudine, e meno costretti a certe discipline contrarie alla loro indole o al loro temperamento. Gli è vero che non poche volte i giovanetti non sanno eglino stessi o non si accorgono di quelle disposizioni naturali che hannosi per una scienza o per un’arte, sicchè ben malagevole riesce il compito di coloro, a’quali n’è affidata l’educazione o l’istruzione per avviarli a quel sentiero che più loro si attagli; ma è questo per l’appunto il caso di adoperare tutta la sagacia, l’avvedutezza e la prudenza, per far sì che il germe si mostri di quelle disposizioni naturali, tanto necessarie per la buona riuscita delle tenere piante, speranze delle famiglie e del paese. L’educazione non è certamente un facil mestiero; e coloro che l’intraprendono si hanno a persuadere che una grave responsabilità pesa sovr’essi. Dolce e saporoso è quel frutto che si coglie dal buon successo delle proprie fatiche; e una delle più grandi soddisfazioni che un uomo possa godere è quella di sentirsi autore primiero di que’ plausi che accompagnano i primi passi di un giovine in qualche scientifica o artistica carriera.

   L’incertezza, la volubilità, lo scoraggiamento sono i più comuni effetti della sbagliata vocazione. I giovani si gittano coll’ardore dell’età nel vasto campo dello scibile: disavveduti o mal consigliati, abbracciano or questa or quella carriera, di cui si disgustano poco tempo di poi, e arrivano così a quegli anni, ne’quali più non è permesso di rifare l’istruzione o d’ incamminarsi a studi gravi e generali. I bisogni della vita, l’impazienza di prodursi, la vergogna del tempo perduto, l’ansietà di uscire da’trampoli e dalle pastoie del pedantismo: tutto ciò spinge il giovine a smettere ogni pensiero di libera professione e correre alla comoda caccia degl’impieghi, come se questi non dimandassero, al pari delle professioni, studi speciali, cognizioni tutte proprie, attitudine particolare.

   La mediocrità che uccide le arti e gli artisti, che rende poveri gli esercenti una libera professione, la mediocrità, che è il retaggio de’più, è la comune conseguenza di somiglianti deviazioni. Se pel buono e glorioso esercizio d’una professione o di un’arte non basta, direm quasi, una vita intiera di studi e di esperienza, che dirassi di quelli che han cominciato ben tardi ad apparare le discipline di una carriera, gittandovisi per disperazione o per mancanza di meglio?

   Principal caratteristica del genio è la perseveranza, ed è questo appunto il precipuo ed infallibile segno per riconoscere le disposizioni naturali ad un’arte o ad una scienza. La perseveranza che vince gli ostacoli, che supera le difficoltà, che sdegna talvolta le vie comuni, che si spinge innanzi agli aridi precetti, che, messa fuori della sua strada, soffre e recalcitra; ecco la feconda nutrice del genio, ecco quella che ha prodotto i sommi uomini in ogni branca dello scibile, i quali oggi il mondo estima e addita ad esempi.

   Oh come diverso è questo segno infallibile da quella falsa missione cui certuni si credono nati a compire nella società. Oggi si fa il più strano abuso di questa parola missione. Si direbbe che tutti abbiano la loro particolare missione sulla terra: non vi ha poetuzzo che non si creda destinato ad una parte importante; non vi è scrittorello, cui la natura non abbia fatto la confidenza di averlo scelto a grave e solenne missione.

                                                                                             FRANCESCO MASTRIANI