LETTERA DEL COMM. PADIGLIONE

   Sentiamo dover pubblicare la seguente lettera del ch. Comm. Carlo Padiglione, alle cui sennate e giuste considerazioni ci associamo interamente, riserbandoci qualche osservazione su un fatto personale nel prossimo numero.

         Egregio amico, Sig. Mastriani,

   Piacemi intrattenermi brevemente con voi, conversando al solito intorno ad idee di critica letteraria, ma senza pretensioni ed orgoglio, sì vero alla buona ed all’amichevole. 

   E innanzi tutto sonomi da più tempo accorto che la stampa italiana rimane in gran parte ignota al pubblico dei lettori, salvo poche eccezioni di alte menti, che fecero sonare di loro bella fama; e quindi i loro lavori si acquistano perciò prestamente popolarità. Ma quanti libri, quanti opuscoli di molto interesse nel campo storico, in quello delle scienze, soprammodo archeologiche, rimangono ignorati? Quanti componimenti, così detti di occasione, restano soltanto memorie di famiglie private; eppure hanno pregi rarissimi letterarii? La colpa di ciò devesi per intiero al giornalismo che trascura spesso di farne menzione con grave danno del progresso letterario. Ed in vero volendosi scrivere una storia compiuta della letteratura italiana, questa non può essere mai perfetta, perché molti scrittori rimasero sconosciuti alla mente dell’autore. In fatti il Sig. Fr. Prudenzano, che scrisse con molta lode, fra gli ultimi, la storia letteraria del secol nostro s’intrattiene a far parola dei più rinomati scrittori, e trascurò parecchi, i quali pure diedero prova con i loro libri ed opuscoli di bella attitudine intellettuale. Piglio da tali ragioni occasione di annunziare alcuni libri pubblicati di recente.

   Il Commendatore Palanede Malpeli, nobile cittadino della gloriosa Repubblica di S. Marino e già noto per altri lavori scientifico-letterarii, dettò un’ode per le illustri nozze del Sig. Conte Francesco Ancajani ed Emilia Calai Marioni e la scrisse

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Or che francata Italia

da secolar servaggio

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e la scrisse (quel che più interessa all’arte) in versi assai nitidi e belli. Grazioso poi è il suo sonetto, che ritratta Gina dell’Orto fatta sposa dell’avvocato Cavaliere Tullio Maestri Appiani d’Aragona.

   Benedetto Minichini, che à dato buone pruove come scrittore di cose nobiliari, pigliando occasione dalle nozze di Alfonso Saluzzo principe di Santo Mauro, stampa la vita di Tiberio Carafa, personaggio, che figurò assai bene ai tempi di Masaniello per i principii di libertà, che decorosamente sostenne. Ma il suo libro à più interesse dal lato religioso che dal politico, del quale se ne sta già occupando il Giudice Sig. Guiscardi, in un suo lavoro di memorie napolitane, che abbastanza conosce.

   Il Commendatore Oreste Brizi di Arezzo, che nel 1848 combatté valorosamente per la italiana indipendenza, ora divenuto quasi cieco per le sofferenze di quelle patrie battaglie si ricorda agli amici con alquante commoventi epigrafi ed affettuosi versi, che spirano grazia e destano interesse.

   Una bella corona poetica scrissero alquanti strenui letterati italiani, affine di celebrare le rare virtù  della Signora Giovanna De Angelis, compagna affettuosa dell’ottimo mio amico cav. Pasquale Greco, stimato da quanti lo conoscono.

   Il Chiarissimo Leonardo Vigo di Acireale à pubblicato un poema epico dal titolo – Il Ruggiero – dei meriti del concetto e della forma di cotesto lavoro parlarono abbastanza i più colti italiani. E l’Accademia dei Zelanti a rendere omaggio ad un ingegno sì splendido gli fece coniare una medaglia di onore, avendo nell’un parte il suo ritratto e nell’esergo questo onorevole epigrafe: L’Accademia degli zelanti all’autore del Ruggiero. 1867.

   Il carissimo Ottavio Serena pubblica una lettera ed un discorso agli elettori di Altamura, al cui patriziato è ascritto la sua famiglia. Egli dà opportuni consigli a quegli elettori, mostrandosi indipendente e benemerito patriota.

   Il cav. Pietro Bernabò Silorata con una gentil canzone, degna di lui, ricorda agli italiani il genetliaco del nostro Re Cavaliere, come con una bella espressione lo chiama Gennaro Sambiase, Duca di S. Donato, e del prode Umberto, principe già nei cimenti delle pugne glorioso.

   Giuseppe P. Giustini sotto il modesto titolo di Palme e di Allori ci presenta una bella raccolta di componimenti in versi ed in prosa, da’quali traluce il sentito amor suo per l’Italia nostra.

   Il giovane Ernesto Palumbo si raccomanda ai vostri gentili lettori con l’opuscolo La Villa di Napoli, già da voi con belle parole annunciato.

   Non vi sia discaro, egregio sig. Mastriani, di dirvi che mi venne pure nelle mani, per cortesia dell’autore, il romanzo del sig. Turpin de Sansay di Parigi, col titoli il Bandito, avendo voluto l’Autore con questo suo libro indirizzarsi al cuore delle donne gentili, commovendole fino alle lagrime con la pietosa narrazione di una sventurata fanciulla.

   Non vi parlo poi dei lavori del dotto medico francese Andrea Lebel, che pur mi ebbi dalla gentilezza dell’autore, perché profano alla scienza di Esculapio.

   Continuatemi la vostra amicizia e credetemi  con i sensi della più perfetta stima.

                                      Vostro Affezionatissimo

                                      Comm. Carlo Padiglione.

                                                                                      FRANCESCO MASTRIANI