–
Nell’edizione NAPOLI: STAB. TIP. CAV. GENNARO SALVATI (Casa Editice) Maddalenella degli Spagnoli, 19, edizione di cui si ignora la data, forse 1892, ci troviamo la dedica dell’autore, nonché la prefazione dell’editore Gennaro Salvati, e quella dello stesso Francesco Mastriani.
–
Dedica di Francesco Mastriani
.
. ALLA MIA DILETTISSIMA MOGLIE
CONCETTA MASTRIANI
…..A TESTIMONIANZA
……DI AFFETTO SALDISSIMO
…….E AD OMAGGIO
DELLA ESEMPLARE ANNEGAZIONE
..OND’ELLA MECO SOPPORTA
…..IN DIO RASSEGNATA
I TRAVAGLI D’UNA VITA NON PROSPERA
DEDICO
….LA QUARTA EDIZIONE
….DI QUESTO ROMANZO
SOTTO ALTRO CIELO
—–CHE FU IL PRIMO CHE IO SCRISSI
E CHE PIU’ DI OGNI ALTRO MIO LAVORO
.LE PIACE
.
Nota. – La soprascritta dedica fu da Francesco Mastriani fatta, nello stamparsi la terza edizione di questo romanzo, e di sua mano corretta per la presente.
.
Prefazione dell’Editore
Ci siamo decisi ad intraprendere la pubblicazione di tutte le opere dello illustre patrio scrittore Francesco Mastriani, non per fine di lucro, ma per la molta e vetusta amicizia che ci legava a così benemerito e dotto letterato, e lo scopo precipuo è di eternare la memoria e rendere più agevole la diffusione delle letterarie produzione tutte, di un nostro concittadino che onorò il nostro suolo, e fu per mezzo secolo scrittore e pubblicista, letterato ed educatore del popolo con la stampa.
E siam di credere essere debito di chiunque sente amor di patria rendere onoranze a lui, come nostro concittadino, come onor paesano, come unico fra noi che sia stato visto in questo ultimo secolo emergere per qualità e pluralità di lavori letterari.
Egli avea già a noi affidato la cura della pubblicazione in nitida edizione ed uniforme di tutti i suoi lavori, ed egli stesso scrisse la prefazione che segue da stamparsi in fronte alla progettata edizione, e avea messo mano alla revisione di tutti i suoi scritti, ma pria una lunga malattia, e poi la morte, non gli fecero vedere il compimento dell’opera non essendosi che pubblicati pochi volumetti.
Ora abbiamo deciso di metter mano all’opera ideata e voluta dal patrio scrittore e nostro amico; e dall’utile, è nostro intendimento elevare monumento nell’artistico Cimitero in Poggioreale, e apporre lapida commemorativa di lui nella casa ove nacque in via Concezione Montecalvario N. 52.
E così sarà onorata per tutti i versi la memoria di tanto illustre scrittore popolare, educatore, letterato, e pubblicista, e si vedrà da noi adempito il suo voto di vedere affasciati in una uniforme edizione tutti i suoi sparsi lavori pubblicati a spizzico su giornali o volumetti ambulanti di varii formati.
Il lavoro sarà diviso in due parti; nella prima si comprenderanno tutti i Romanzi, e abbiam creduto riprodurli per ordine di tempo così come vennero dallo autore scritti, la seconda parte sarà una miscellanea letteraria nella quale sono raccolti tutti gli altri varii lavori letterarii cioè drammi, commedie, novelle, scene, racconti, necrologie, bibliografie, discorsi accademici, memorie storiche, ed affasciati sotto la epigrafe, Letture accanto al fuoco, così come era stato già disposto dallo illustre estinto, svariati articoli di bizzarrie, umorismo, costumi sociali, e popolari. In questa seconda parte saran pubblicati molti lavori inediti, a noi dall’autore venduti per la pubblicazione.
Vogliamo sperare che l’opera nostra alla quale ci accingiamo sia accetta alla maggioranza dei nostri concittadini, massime a quella classe benemerita dei componenti la stampa dai quali ci attendiamo unanime plauso, per le onoranze a colui che fu tanta parte di essa, e come pubblicista, e come romanziere, e come letterato.
Lettore addio, da te pure attendiamo un compatimento, quanto non altro, per lo gentile nostro pensiero.
L’editore
Gennaro Salvati
–
Prefazione dell’Autore
Se avessi dovuto pronosticare della mia carriera letteraria dallo splendido e inaspettato successo da me ottenuto, trent’anni or sono, con la mia Cieca di Sorrento e con l’altro mio romanzo Il mio cadavere, scritto immediatamente dopo di quello, successo soddisfacente non solo per la mia piccola vanità di scrittore, ma eziandio pei subiti e discreti guadagni che me ne vennero, mi sarei vaticinata certamente una vita, non pur lusingata da quella dolce aura popolare che si addimanda celebrità, ma confortata dal sorriso di quella volubile Dea che fu nomata Fortuna.
Difatti, nulla mi mancò allora di quanto può adescare una mente giovanile a proseguire con ardore un genere di letteratura, nel quale io trovavo spazio larghissimo alla mia immaginazione e campo vastissimo agli studi antropologici di che avea nodrito, per così dire, la mia giovinezza. Nulla mi mancò allora, applausi, onori e discreti guadagni.
Il mio Cadavere si ebbe lo stesso clamoroso successo della Cieca di Sorrento. Il rimpianto autore di drammi popolari, signor Luigi de Lise, scrisse due drammi cavandone il subietto da questi due miei romanzi; e il teatro Fenice in cui que’drammi furono rappresentati fu zeppo di spettatori ogni sera per duecento rappresentazioni di seguito della Cieca, e per un centinaio del Mio Cadavere.
Mi furono appresso varii editori per le ristampe di questi due miei lavori, mentre in tutta fretta senza neanche chiedermene il permesso, ristampavali in Genova l’editore Dario Giuseppe Rossi.
Le offerte che mi furono fatte dagli editori di Napoli non furono per allora di spregevoli, in ispezialità quelle di Raffaele Tramater, che fu il primo a ristampare la Cieca il Mio cadavere e il Federico Lennois, che scrissi come seguito del Mio cadavere.
Ogni uomo ha nella sua vita il momento che decide del suo avvenire: tutto sta nel saperlo cogliere e giovarsene.
E quello fu appunto il momento sbagliato della mia vita. Se fin d’allora, invece di cedere alle istanze degli editori (e i primi furono almeno i più onesti), avessi continuato a pubblicare le cose per mio conto, come avevo fatto per le prime edizioni della Cieca e del Mio cadavere, non avrei bevuto il calice amarissimo di Getsemani.
Veramente il primo romanzo ch’io pubblicai per le stampe fu Sotto altro cielo; ma questo lavoro, venuto in luce nel burrascoso 1848, fu appena noto a pochissimi; e perciocché era scritto con liberi sensi, io dovetti seppellirne le copie per paura della polizia del Peccheneda.
Davvero che fu bel coraggio civile il mio nel metter fuora una decina di romanzi in un tempo in cui nessuno arrischiavasi di pubblicare in Napoli un rigo di stampa. E in quel tempo della più feroce reazione borbonica io detti alla luce l’un dopo l’altro: Sotto altro cielo, la Cieca di Sorrento, Il Mio Cadavere, Federico Lennois, la Comare di Borgo Loreto, il Conte di Castelmoresco, Angiolina, La poltrona del diavolo, Matteo l’idiota, e parecchi lavori di genere umoristico.
Questi miei primi lavori furono pubblicati per diversi editori che mi pagarono generosamente la carta che consumai per scriverli.
Ma, se non altro, queste prime edizioni furono abbastanza corrette tipograficamente; e i volumi non furono per allora venduti su le pancacce de’ rivenduglioli di libri vecchi.
Cominciai dopo il ’60, a scrivere il romanzo sociale. Scrissi i Vermi, le Ombre, i Misteri di Napoli, i Figli del lusso. Che che ne dica qualche nostro criticuzzo infraciosato, nessuno può contrastarmi la priorità in Italia in quel genere che oggidì si domanda verismo. Ma non voglio entrare a discutere delle cose mie, non essendomi proposto, in questa prefazioncella, che rilevare le ragioni della presente novella edizione che conterrà tutti i miei scritti.
Non ci è stato e né ci sarà in Italia uno scrittore che sia stato moralmente e materialmente più bistrattato di me da quei carnefici del pensiero che si domandano editori e librai. Non furono paghi costoro di profittare delle mie angustie economiche coll’offerirmi tali compensi che ho vergogna di diffinire; ma gittarono nel fango i miei poveri libri con certe edizionacce da chiodi, con cartaccia da avvolgervi i salami, e zeppe di strafalcioni di stampa da farmi sgrammaticare ad ogni rigo.
Bisognava, pel maggior comodo e guadagno de’miei, padroni, editori che da ogni mio romanzo, qualunque ne fosse la mole, si facessero tre o quattro volumetti, avvegnaché la materia non fosse che per un solo discreto volume. Quando la materia di un lavoro non si prestava a completare le sacramentali novantasei paginette, si pigliava a casaccio una novella, un racconto, una minchioneria qualunque d’incerto autore, robaccia straniera, e s’imbastiva al mio racconto, dandomi questa forzosa compagnia.
Né questo è tutto. Il libraio C… comperava da mio nipote Federico una novelletta, un racconto, un romanzetto qualunque che si facea scrivere appositamente; e su la copertina del libercolo ponea F.Mastriani per dare a credere al rispettabile pubblico che quel romanzetto fosse pure opera mia; giacché quella F… iniziale s’intendea sempre per Francesco.
Ne questo è tutto. Incredibilia sed vera! Un brigante di libraio, ridendosi delle leggi umane e divine, mette pubblicamente in vendita un libraccio col titolo Il Sessanta, apponendovi il mio nome, mentre non mi ero mai sognato di scrivere quel libro. E che libro! povera mia riputazione! Mossi querela alle Regia Procura; feci pubblicare numerose proteste ne’ giornali; e gli esemplari di quello scellerato volume sparirono; ma il mio povero nome è sempre lì, inchiodato su quella carta infame. Che somma sventura è il nascere in Napoli!
Queste sono, per sommi capi, le principali bindolerie che mi furono fatte e che vennero a mia conoscenza; ma oh quante ne ignoro forse ancora! Certo che del mio povero nome si è fatto qui in Napoli il più turpe e nefando mercato, sotto gli occhi dell’autore vivente.
La piazza fu inondata dei miei volumi a tre soldi l’uno: i librai ambulanti e i monelli gridano il mio nome nelle botteghe da caffè, nelle trattorie, nei pubblici ritrovi. I miei poveri libri, da me scritti per diffondere nel popolo la morale civiltà, sono messi in un fascio co’volumetti osceni o cogli orarii delle ferrovie. Si è fatto di me vivente ancora quello strazio che fu fatto del Manzoni e del Guerrazzi passati a miglior vita.
Meno male che questi illustri italiani non lasciarono molti volumi alla famelica e vandalica speculazione libraria!
Mi ero risoluto da qualche tempo di tentare, per via di una larga sottoscrizione, la ristampa per conto mio della collezione di tutt’i miei romanzi. Avevo in mente di fare questa accurata ristampa delle cose mie con buoni tipi e buona carta. Mi rivolsi a’sopracciò di Roma per avere un aiuto; e mi fu risposto che la Pubblica Istruzione non ha fondi da ciò, atteso che il denaro del pubblico erario ha da servire per i viaggi elettorali e pei banchetti delle loro eccellenze.
Mi disanimai, e non ne feci altro; e continuai ad essere scorticato dai miei soliti editori, e sarei continuato ad essere scorticato fino all’ultimo giorno di mia vita, se l’egregio cavalier Gennaro Salvati, proprietario dello stabilimento omonimo, non mi avesse offerto accettevoli condizioni per un’accurata ristampa universale di tutte le opere mie, la mercé di un contratto di cessione dei miei diritti d’autore.
Ed ecco che, secondo che scadranno i contratti che mi ligano ancora co’miei presenti editori, il signor Salvati pubblicherà l’un dopo l’altro tutti i miei romanzi antichi e quelli che a mano a mano andrò pubblicando, Dio permettendo, nelle appendici del Roma e di altri giornali d’Italia.
Questa ristampa universale di tutti gli scritti miei, compresi i lavori teatrali, le novelle ed una miscellanea di articoli letterarii che intitolo Letture accanto al fuoco sarà da me accuratamente riveduta, corretta, migliorata ed accresciuta, in guisa che i lettori potranno essere sicuri che questa edizione sarà monda di ogni strafalcione di stampa e di qualunque storpiatura od alterazione.
Dove crederò di crescere di altro volume qualcuno dei miei romanzi, il farò; come pure, dove stimerò dover mutare il titolo di un racconto, il muterò; e questa volta il cambiamento sarà tutto di genio mio e non impostomi dagl’interessi dell’editore.
Proponendosi il signor Salvati di pubblicare tutto quello che è uscito dalla mia penna, s’intende che a questa collezione dei miei romanzi verrà aggiunta la miscellanea letteraria delle tante mie scritture volanti, di cui pertanto sceglierò quelle che mi sembrano più meritevoli di essere dissepolte dal cimitero in cui giacciono.
Parecchi dei miei romanzi non ebbero, per la rapidità della pubblicazione, quello svolgimento di che aveano bisogno, e che ci avrei dato, se ne avessi avuto l’agio e il tempo. Mi hanno appuntato di avere precipitata la catastrofe di alcun mio racconto, quasi strozzato in su la fine. Confesso questi peccati, e ne faccio emenda nella presente edizione universale delle cose mie, nella quale mi propongo di dare a ciascun mio lavoro quel disteso e quello sviluppo che crederò necessarii.
La maggior parte dei miei romanzi pubblicati nelle appendici dei giornali furono incontanente messi a stampa in volumi dai miei editori, senza darmi il tempo di leggere le bozze per arrecarvi quella lima, senza la quale riesce imperfetta ogni scrittura. Si sa che la prima pubblicazione di un lavoro nelle appendici di un giornale è come una prima pruova di stampa. L’autore vi ritorna con maggior posatezza; e vi raspa, pulisce, racconcia le cose abborracciate in fretta. Questa limatura ch’io non ebbi il tempo di dare alla più parte delle cose mie, ce la darò di presente, rivedendo accuratamente ciascun mio lavoro, secondo che verrà ripubblicato in questa raccolta universale delle opere mie, per cura dello egregio editore cav. Gennaro Salvati.
Ultimamente, protestandomi gratissimo a tutti quei gentili che con parole di lode e con ogni altra maniera di amorevoli conforti mi sostennero nella mia lunga e spinosa carriera, dichiaro che mi giovai della critica onesta e coscienziosa, ma sprezzai e sprezzerò sempre le maligne insinuazioni degli imberbi criticuzzi e le morsicature di quei pipistrelli, a cui la luce del vero offende la vista.
FRANCESCO MASTRIANI