Se le date di pubblicazione sono sempre importanti per la ricostruzione della biografia letteraria di un autore, lo sono in modo particolare pe r Mastriani, per gli ultimi anni del Regno delle Due Sicilie e per i primi del Regno d’Italia. Il cambio di regime ebbe un effetto devastante nella vita di Mastriani e gli impose una riflessione sul proprio lavoro, sulla propria epistemologia e sulla destinazione dei suoi romanzi, ovvero sulla sua readership [1] e non solo napoletana. Tale riflessione si esprime in maniera tanto evidente quando profonda ne Il materialista, del 1862, mentre La poltrona del diavolo, uscita a stampa nel 1861, è opera ancora tutta priva di ansietà risorgimentali, per così dire, dei travagli causati dal cambio di regime a Napoli; e prove della stessa ansietà sono pure le altre due opere del periodo, il “romanzo comico” Quattro figlie da maritare (1859-1860) e il romanzo epistolare Acaja, uscito a stampa nel 1860 addirittura, l’anno dell’Impresa dei Mille, dopo lunga gestazione, offerto ad un alto funzionario della polizia borbonica, Luigi Aiossa, e dedicato a “R. M.” (molto probabilmente Raffaele Mastriani) con lettera datata 20 gennaio 1860.
È dalla riflessione de Il materialista che si deve partire per capire la novità assoluta rappresentata da I vermi. Il confronto scienza-religione, ovvero materialismo-idealismo, o anche ateismo-cristianità, si risolve in Mastriani con un atteggiamento nuovo di convinto idealista cristiano e militante. L’intento didattico moralista diventa più chiaro e impegnativo che mai. Mastriani si fa addirittura predicatore ne I vermi, con tolleranza zero verso i nemici di Dio e del popolo, come per esempio i cattivi preti. Tanto questi sono biasimati e maledetti, quanto i buoni preti sono ammirati e lodati. Di preti buoni e cattivi è cosparsa l’opera intera di Mastriani, come anche di medici o scienziati buoni e cattivi; ma qui ne I vermi, questi personaggi hanno un ruolo preciso didattico e cristianamente educativo.
Ma torniamo per un attimo dal trapasso da un regno all’altro e ai suoi effetti nella vita privata dello scrittore. Abbiamo la preziosissima testimonianza del figlio Filippo, che comunque va presa cum grano salis [2]: l’Unità d’Italia è cosa fatta quando scrive Filippo e con essa si dà per scontato il vituperio della passata “tirannide borbonica”. E così il biografo ricorda l’eroico atteggiamento paterno nel tener testa al mitico Peccheneda, figura del male, capo della polizia (come Luigi Aiossa) e direttore generale del Giornale delle due Sicilie, organo ufficiale dell’informazione del governo borbonico. Filippo riporta anche una lettera del padre alla famiglia – una lettera datata 4 settembre 1860, cioè tre giorni prima dell’ingresso trionfale di Garibaldi in città – in cui praticamente e, direi, pubblicamente, Francesco Mastriani si dichiara patriota arruolandosi nelle fila della Guardia Nazionale. La lettera, che si può leggere in Cenni [3], presenta un tono solenne e retorico che mal s’intona a un messaggio familiare. Sembra invece una dichiarazione ufficiale, ben forte del proprio nuovo allineamento politico, destinata agli occhi del suo pubblico di lettori e di editori, oltre che agli occhi dei nuovi capi dell’agitatissimo e delicato frangente politico del tempo, a cominciare da quel Liborio Romano (vero e proprio trait d’union fra i due regimi) che nei Lazzari sarà descritto come un politico illuminato, un eroe addirittura.
Troppo poco e troppo tardi, dovettero probabilmente obiettare di fronte a questo atteggiamento di Mastriani le nuove autorità della Napoli italiana, Francesco De Sanctis in primis che, come detto altrove in questo volume, tanto non fece per la valorizzazione nazionale del miglior appendicista del tempo in lingua italiana.
E allora? E allora a Mastriani non rimane che il campo di confronto a lui più congeniale della scrittura: il libro, l’appendice letteraria, il dialogo diretto con il suo pubblico, il suo popolo. Ecco come nascono I vermi, con un misto di risentimento e di rinnovato entusiasmo per la propria missione di scrittore e di educatore.
A proposito di struttura, la prima sorpresa coglie il lettore già nel frontespizio. Il ben noto, anzi il giustamente famoso autore di best sellers, della Cieca di Sorrento, del Mio cadavere, del Federico Lennois… il “revisore” della Ginevra del Ranieri nella decisamente meglio sviluppata e scritta Angiolina, l’autore di romanzi dell’ereditarietà dei caratteri, fisici e morali, come Sotto altro cielo e Il conte di Castelmoresco, l’autore infine di romanzi “rosa” e “umoristici”, pare ora aver cambiato genere del tutto e abbandonata la narrativa con questi nuovi “studi storici”. Un anticipo dell’ampio tema delle “classi pericolose”, anch’esse presenti nel frontespizio, Mastriani ce l’aveva gi offerto con Matteo l’idiota, ma lì non s’avvertiva alcuna esitazione o incertezza sull’identità del genere del romanzo. Qui, ne I vermi, si tratta invece di studi storici, di fatti insomma, accertati, documentati cronologicamente, analizzati e commentati. L’argomento è indubbiamente “disgustoso” (parola dell’autore), ma il fine è altamente morale e questo autorizza la trattazione di qualunque tema. La struttura dell’opera è, o almeno appare, ambigua se, come è detto nella Prefazione, «I fatti su cui si appoggiano i nostri studi storici sono, la maggior parte veri […]», il che vuol dire che c’è una minor parte di fatti non veri, cioè fictional [4] . Possiamo allora dire che si tratta di una struttura complessa, in cui l’anatomy [5] prevale in maniera assoluta sul novel (ovvero sul romanzo vero e proprio. Con i suoi personaggi ben delineati psicologicamente nel loro ambiente sociale) e sia, in parte sulla confession [6] (vedi le pagine “autobiografiche” sullo sfortunato scrittore Leopoldo X). I vermi costituiscono un’opera composita non solo da un punto di vista retorico, ma anche da un punto di vista ideologico, nata com’è da una fortissima motivazione ideale, cristiana e morale che trascende le pur altrettanti attrattive della narrazione di amena lettura e ampio consenso. L’autore lavora d’istinto, ma è perfettamente conscio dell’originalità del suo lavoro fin dalle primissime pagine.
L’autore imposta il lavoro in tre sezioni, ovvero tre “piaghe” sociali – Ozio, Miseria e Ignoranza – da cui nascono quei “vermi” di travagliata umanità che formano l’oggetto degli studi storici. La storicità sta tutta nelle date attuali: è la storia contemporanea quella che interessa Mastriani ne I vermi. I primi fatti narrati risalgono a una notte di «luna piena del mese di luglio del 1858» [7] e riguardano l’autore personaggio che, in compagnia di tre amici, dopo una lauta cena, si reca in un bordello di Posillipo. Mi pare di poter sostenere che i tre amici sono stati inventati come figure simboliche delle tre piaghe. Essi sono: Augusto, giovane straricco, parassita sociale che vive nell’ ozio; Federico, espressione colorita della più squallida miseria di Napoli; ed Eduardo, uomo di lettere, nemico dell’ignoranza, sfortunato in amore. Se l’intenzione di creare una certa rappresentatività simbolica con questi tre personaggi c’è davvero stata, si deve pur dire che l’autore deve aver abbandonato l’idea nel corso dell’opera, con la sola eccezione del primo personaggio, Augusto, che ci introduce nel mondo del’ozio e nel bordello di Madama Antonetta. Di Federico ed Eduardo si perdono le tracce, ma nel mezzo della miseria troviamo uno scrittore, Leopoldo X, padre di famiglia ridotto alla fame e assillato dai “vampiri”, ovvero dai suoi proprietari di casa, il che corrisponde a un sicuro autoritratto dell’autore nei primi anni dell’Unità d’Italia. la struttura del romanzo presenta dunque sia una impostazione programmatica generale che una realtà di composizione aperta a trame narrative, digressioni scientifiche, riflessioni filosofiche, considerazioni storiche.
FRANCESCO GUARDIANI
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[1] Readership, complesso dei lettori di un determinato settore editoriale.
[2] Cumo grano salis, come un granello di sale.
[3] Filippo Mastriani, Cenni sula viti e sugli scritti di Francesco Mastriani, Napoli, Luigi Gargiulo, 1891, pp. 184-185
[4] Fictional, immaginario
[5] Anathomy, saggio
[6] Confession, autobiografia
[7] Francesco Mastriani, I vermi, Napoli, L. Gargiulo Tipografo-Editore, 1867, Parte Prima, vol. I. cap. I. «A Posillipo», pag. 1