PRESENTAZIONE

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    Rosario, sto rileggendo lo scritto di tuo fratello Luigi (classe 1944) che comincia così: “Nel 1951 avevo sette anni; quando nacque mio fratello Rosario, che diventerà poi il mio compagno di giochi…” Lo rileggo perché è una delle ormai poche rare testimonianze dirette di una vita e di una realtà che racchiudono uno spazio tempo (il dopoguerra e Napoli) che non dovrebbero essere dimenticati. Ho detto, nella mia precedente, che avevo molto apprezzato lo scritto, così come era, per la sua genuinità e la sua capacità di suscitare emozioni profonde (almeno per me), ma adesso posso tranquillamente affermare che reputo questo diario succinto nella sua forma originale molto vicino ai romanzi di Riccardo Bacchelli che raccontava, in modo molto auto-biografico e personalissimo, le storie della sua terra (l’oltre Po pavese ed il ferrarese) con opere come “Il Mulino del Po”; storia di terra e di acqua, di famiglia, della povertà del riscatto, il racconto delle passioni, dei dolori, sono pari per intensità se non altro per passionalità e genuinità. Non faccio i complimenti a nessuno! Non occorre, ma esprimo solo un mio personalissimo pensiero su quelle righe del Diario scritto a quattro mani con tuo fratello.

    Non so quale sarà il destino dei diari, ma credo che meriterebbero una sorte testimoniale e divulgativa di assoluta dignità. Colgo l’occasione per salutarti e pregarti di porgere i miei sinceri complimenti a tuo fratello Luigi, un abbraccio.

Giovanni Cozzolino [1]

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PREFAZIONE

     In una grigia ed umida mattinata di novembre, tipica padana, il postino mi recapitò un plico raccomandato. Finalmente era arrivato il lavoretto letterario di mio fratello Luigi.

      In verità mi aspettavo un piccolo saggio sull’astronomia, mentre invece riguardava l’altra grande passione di mio fratello: il calcio.

     Lo lessi tutto d’un fiato, addirittura mentre ingozzavo a pranzo un piatto di non ricordo quale pietanza. E nel leggere quelle frasi, provai un’emozione che non saprei definire e non solo perché io stesso ero stato menzionato in diverse pagine.

     Mio fratello scriveva che nostro padre gli aveva inculcato la passione per il calcio e un attaccamento morboso alla squadra del Napoli.

      Devo dire che quella passione e quell’attaccamento, il nostro defunto genitore, li inculcò pure al sottoscritto, solo che io reagii in seguito in modo diverso; per mio fratello quella passione e quell’attaccamento, si trasformarono in…tifo.

   Parto dal presupposto che per me il tifo calcistico, al pari di quello batterico, è una malattia, la quale se non viene curata diventa cronica, e non te ne liberi più. 

      Come io riuscii a guarire? Senz’altro per il mio carattere alquanto diverso da quello di mio fratello: più passionale il suo, più razionale il mio. Bisogna poi dire che la mia vita si svolse in maniera differente dalla sua, nel senso che a sedici anni, arruolandomi in Marina, lasciai Napoli, la sede principale del morbo… e dopo una breve permanenza negli anni ’80, postergai definitivamente la mia città nativa, trasferendomi in Emilia Romagna.

      Ma ad onta della lontananza, il Napoli lo avevo sempre nel cuore, e come tutti gli appassionati della squadra azzurra, gioivo per le poche soddisfazioni che ci dava, e soffrivo per le solite ingiustizie e torti che subiva.

      La terapia grazie alla quale in seguito sono riuscito a guarire e mi sono allontanato dal mondo del calcio fu… la venuta a Napoli di Diego Armando Maradona!

      Mi spiego.

      Mio fratello ha scritto che quegli anni in cui Maradona giocò nel Napoli, furono i più belli ed entusiasmanti che visse come tifoso; io invece mi dovetti accontentare di seguire le gesta sportive del campione argentino, per televisione o leggendo delle sue prodezze sui giornali. Ma devo aggiungere che in quegli anni dovetti pure combattere contro quelli che qui al Nord, e ne erano tanti, gli erano contro, ritenendolo colpevole unicamente di aver fatto vincere qualche cosa d’importante al Napoli, lo scudetto…

      Secondo me la vicenda della droga e di tutto quello che ne seguì fu accolta dalla moltitudine nordista con soddisfazione. Finalmente era arrivata l’occasione propizia per liberarsi di Maradona, che aveva già fatto vincere troppo al Napoli e ai napoletani, degni solo di soffrire. Ci rimasi così male, e soffrii così tanto che decisi, nel dopo Maradona di non seguire più il calcio, appunto per evitare ulteriori sofferenze.

      Non per questo non mi rallegro quando il Napoli riesce a fare qualcosa di buono, anche perché sono consapevole che a gioirne è soprattutto mio fratello Luigi, cha ha sofferto fin troppo nella sua vita.

                                                                ROSARIO MASTRIANI

 

[1] Plurilaureato, amico ex commilitone di mio fratello Rosario che ringrazio per la sua splendida analisi.