SENZA FEDE

   È questo il titolo di un lavoro inedito di Eugenio Matriani, composto da 158 pagine dattiloscritte e contenente 20 illustrazione, anche realizzate dall’autore del testo, di cui riporto la pagina con il titolo, un suo pensiero e l’incipit del romanzo. 

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   Coloro che si accingono a leggere questo romanzo, o che si basassero all’approfondimento del significato del titolo, non pensassero minimamente, che i protagonisti del presente romanzo fossero degli atei o incredenti nella religione di Cristo… anzi… essi furono credenti fino alla loro morte, ed il significato del titolo, si esprime semplicemente per la sfortunata esistenza di tutta una vita, di due essere umani, ed il titolo si addice al colmo delle loro sventure, e per sapere di quale colmo si tratta, bisogna leggerne l’intero romanzo.

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UN’INCOGNITA GIORNALISTA

   Siamo nell’anno 1928, un uomo dall’età di circa quarant’anni visita il cimitero di Poggioreale, osserva numerose nicchie, entra ed esce da numerose congreghe, ad ogni congrega s’intrattiene a parlottare con qualche addetto alla congrega stessa, e ne trascrive su un suo taccuino le risposte ricevute.

   Egli è un giornalista di cui si occupa di generazioni di uomini illustri, e le sue indagini si sono riposte sulle rimanenti generazioni di un illustre scrittore napoletano dell’Ottocento, e le sue indagini, al momento della narrazione di tale romanzo, si completarono alla terza generazione e da tale generazione, egli ne volle trarre indagini, se in essa ci fossero emerse delle importanti narrative.

   La terza generazione di cui si narra, si ebbero due figli del grande scrittore, di nome Emilio ed Adolfo (maschi) e due femmine, di nome Sofia e Marta; l’ignoto giornalista volle iniziare le sue indagini giusto dall’Emilio; dalle anagrafe si assicurò essere quest’ultimo estinto, seppe essere costui sepolto per lo appunto nel cimitero di Poggioreale, ma per quanti sforzi ebbe effettuato, mai poté trovare il sacro avello dove riposavano i suoi resti; le sue assidue ricerche lo condussero al casato della sua consorte, che nomavansi Vecchione Buonocore Clelia, che dopo ancora numerose visite a nicchie e congreghe, finalmente in una di queste scorse tale nome, ma con strana meraviglia, da essa si leggeva: «Vecchione Buonocore Clelia. Per sé e per i suoi, vi depose per primo il suo caro marito, cavaliere di Vittorio Veneto, Antonio I.».

   Ne rimase molto perplesso e pensieroso il giornalista, e tra sé mormorò – dove sarà mai Emilio M.?

   Per avere tale risposta, il giornalista si accinse a scrivere la presente storia, indagando sulla vita della stessa Vecchione Buonocore Clelia.