TEATRI

Fondo – Shakespeare è senza dubbio il più originale, il più profondo di tutti i tragici moderni; il suo genio gli è intieramente proprio; tutto è in lui, e non può essere che suo: l’arte sparisce e si annienta innanzi  a’concepimenti di questo genio; tutto prende in lui proporzioni talmente colossali che l’animo ne è spaventato. Egli vi trasporta, a vostro malgrado, e vi gitta in mezzo alle procelle, ai tuoni ed alle folgori, nelle regioni terribili dove la materia più non è, e dove le passioni scatenate si muovono sole in tutta l’estensione della loro potenza, dove l’amore, l’odio, l’ambizione, la gelosia non sono più limitati nel circolo dei pregiudizii e delle convenienze sociali, e si ravvolgono e fremono in tutta la loro violenza, incessantemente spinte dal genio infernale, fino a che vengono a rompersi sullo scoglio di morte.

   Indarno cerchereste in questo tragico le regole dell’arte, i limiti dell’uso, le convenienze della scena ed il rispetto del pubblico; indarno col compasso della critica avvezzo a misurare le proporzioni comuni vi sforzereste a colpire i difetti di costruzione delle sue opere; l’abisso non si misura, perché l’occhio non può scorgerne il fondo.

   Che cosa è mai l’uomo nelle mani di Shakespeare? Niente altro che l’istrumento ond’ei si vale per dare una forma ad una passione, nella stessa guisa che un suonatore si serve di un violino, d’un flauto o d’un gravicembalo per creare celesti melodie. L’uomo dunque per Shakespeare non è che la passione, e niente altro che la passione con tutt’i mostri che sa creare, con tutta l’infinita schiera dei suoi misteri, con tutto l’orrore dei suoi eccessi, con tutte le trivialità della sua natura, con tutta l’esagerazione della febbre e del delirio.

   Quando Shakespeare crea una sua tragedia, non s’impaccia di trovare un intrigo, una protesi, uno sviluppo; non s’incarica di prologhi, di atti, di quadri, o di scene. L’intrigo di Otello non è che la gelosia, quello di Giulietta e Romeo, l’amore, e quello di Macbeth, l’ambizione. Shakespeare non sa che vuol dire scopo morale; direi anzi che la virtù non è per lui: o, per meglio dire, quando la passione spinta fino al non plus ultra è obbligata di tornare sovra sé stessa e cade quasi esausta, non è già la virtù che si presenta a lui, ma bensì il dubbio.

   Ernesto Rossi è stato il primo che ci ha presentato il difficilissimo personaggio del Macbeth siccome la terribile penna dello Shakespeare il tracciava. Noi siamo lieti di non avere qui a stabilire paragoni. Il Rossi è stato grande artista nel momento in cui ritorna dopo aver commesso il regicidio, allorché, guardando con raccapriccio le proprie mani, dice quella terribile frase che non ricordiamo in che modo è stata tradotta dal Carcano:

   Will a l great neptune’ s ocean wash this blood Clean from my hand? no; this my hand will rather

   Make the great ocean red [1]

   Il Rossi grande artista eziandio in tutta la scena del banchetto al terzo atto, in cui per due volte appare e svanisce lo spettro di Banco. E quando, dopo aver scongiurato lo spettro a torsi dagli occhi suoi, perocchè, forte e coraggioso contro i più fieri nemici ed anco contro le tigri ircane, non ha la forza di resistere a quel fantasma soprannaturale; e lo spettro svanisce, ed egli dice a’ convitati; Ora sì che sono novellamente un uomo (I am a man again), il Rossi mostrò potenza di genio artistico. Il pubblico volle rivedere tre volte al proscenio alla fine dell’atto 3. Siccome pure alla fine del dramma.

   Degna emula egli si ebbe nella De Pompilii che sosteneva il carattere di Lady Macbeth.

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Fiorentini – Il dramma del signor Cuciniello Michele intitolato Ezela ovvero un’eredità nell’Alabama ebbe favorevol successo; sicché si è ripetuto con brevi intervalli per cinque sere. Il soggetto è tratto da un racconto francese, siccome l’autore ha avuto cura di dichiarare su i manifesti teatrali. Il fatto è commovente se non vogliam dire straziante: ed è inteso a fare sempre più detestare la infame tratta degli schiavi, per la cui abolizione tanto sangue si è recentemente sparso in America.

   L’esecuzione di questo dramma fu accuratissima, e noi dobbiamo fare sincere lodi alla Tessero che sosteneva la parte principale, allo Zerri che ci parve in questa parte di Jackson veramente un grande attore, specialmente nella scena in cui si dichiara amante di Ezela, alla Monti, uno degli avanzi della gran compagnia drammatica che era su queste scene molti anni fa, ed al Tessero ed al Fabbri, che sostennero egregiamente le rispettive loro parti.

   Nella Signora delle Camelie, la Tessero si mostrò insigne artista: ed il pubblico la rimeritò di plausi e di chiamate.

                                             FRANCESCO MASTRIANI

[1] Potrà mai tutto l’oceano del gran Nettuno lavar la mia mano da questo sangue che ne gronda? No, ma piuttosto il sangue che gronda dalla mia mano farà rosse le acque dell’oceano.