Nel romanzo spicca una storia d’amore tra due giovani, ma è senz’altro storico, ed inizia con il profilo della regina Giovanna II, che regnava a Napoli nel periodo in cui si svolge l’inizio della trama del racconto, nel 1416.
La regina vive a Castelcapuano, e in quel luogo svolge la sua attività di fabbro-magnano Antonio Solario, che diviene, in seguito, addirittura confidente fidato della sovrana, ma è probabile che «di lui si era invaghita passabilmente nientemeno che… la regina», [1] «Giovanna si tolse pacatamente il guanto, e porse la sua destra al bacio del garzone, che vi stampò su un bacio a modo suo particolare, un bacio che dové far correre un’aura di fuoco nelle infiammabili vene della sorella di Ladislao. Oh se Antonio Solario fosse stato meno ingenuo o più scaltro o più esperto conoscitore del sesso femmineo !». [2]
Il Solario viene invitato dalla regina a fare un lavoro a casa del pittore Colantonio del Fiore, e durante questo lavoro, lo Zingaro ‒ «Era soprannominato lo Zingarello per la qualità del suo mestiero. È noto che in conciategami sono in Napoli addimandati Zingari, sia perché hanno il volto abbronzato dal fuoco, sia perché menano vita da nomadi» [3] – si innamora della bella figlia del pittore, Maria. La faccenda si complica un po’in quanto Colantonio riceve una richiesta della mano di sua figlia da parte di un importante personaggio di corte. Quasi in contemporanea però lo Zingaro palesa il suo amore a Maria è ne è corrisposto. I due giovani confessano in seguito il loro reciproco affetto al padre della ragazza, il quale è però titubante, a causa del mestiere che esercita il giovane, così Lo Zingaro si prende dieci anni di tempo per sposare Maria, non vuol più fare il fabbro-magnano, ma vuol diventare un pittore famoso come lo è Colantonio, e per essere sicuro che costui mantenga la promessa della lunga attesa, lo Zingaro chiede aiuto alla regina, davanti alla quale il Colantonio effettua il giuramento, impegnandosi per il tempo richiesto, a non accettare altre richieste di matrimonio per sua figlia. [4]
Antonio Solario lascia Napoli e si reca prima a Roma e poi a Bologna dove diventa discepolo dell’artista Lippo Dalmasio. Diventa un pittore famoso e dopo circa dieci anni ritorna a Napoli, e subito si reca dalla regina Giovanna, che seppur a fatica, lo riconosce. Il pittore, prima di ripresentarsi da Maria, esegue un ritratto alla sovrana, lavoro in cui si denota tutta la sua valentia in quell’arte, e Colantonio alla vista di quel ritratto e di un altro quadro del Solario, quasi sviene dall’emozione, in particolar modo quando viene a sapere che l’autore di quei capolavori è colui che ha conosciuto tempo addietro da fabbro-magnano.
La regina organizza poi l’incontro, nella reggia di Castelcapuano, dopo dieci anni che erano stati lontani, tra i due amanti Antonio Solario e Maria del Fiore. Ovviamente è un incontro molto toccante, la stessa regina si commuove. Il romanzo si conclude con il sospirato matrimonio tra lo Zingaro e Maria, con il benestare della regina Giovanna, che fa diventare il Solario il pittore di Corte. Contento anche Colantonio. «Io sposo la mia figliuola alla virtù, non alla nascita». [5] L’artista continua a dipingere non solo per la sovrana, e molte chiese di Napoli, S. Chiara, S. Lorenzo, S. Maria La Nova, S. Maria a Chiazza, e in particolare il Noviziato di Monte Oliveto, sono abbellite dalle sue opere. Il matrimonio con Maria si rivela felice e fecondo «assai onorato vecchio, ricco di figli, avuti dalla cara moglie, a chi lasciò ricca di denaro e di robba morì circa nell’anno 1455». [6]
ROSARIO MASTRIANI
.
[1] Francesco Mastriani, Lo Zingaro, Napoli, Luigi Gargiulo, 1871, I.vol. p.76.
[2] Ibidem, II.vol. p.10
[3] Ibidem, I.vol. p.39
[4] Ibidem, II.vol. p.21
[5] Ibidem, II.vol. p.115
[6] Ibidem, II.vol. p.130