Questo romanzo fu pubblicato anche col titolo di Il muratore della sanità, infatti, uno dei protagonisti del racconto è Aniello Falcone, un popolano della Sanità che appunto esercita il mestiere di muratore. Sposato e padre di nove figli – uno però, Saverio è sparito da casa all’età di 5 anni – conduce una vita infelice, anche perché ha il pessimo vizio del bere. E la storia inizia proprio con un episodio legato a questa sua cattiva abitudine. È impegnato nella costruzione di un casino del barone di Cupaverde, a cui chiede un giorno, un aiuto economico per aiutare la moglie Caterina e due figli affetti dal vaiolo. Il barone gli dona una moneta d’oro che però lui sperpera in una bettola, bevendo e giocando a zecchinetto. Resosi conto della pessima azione che ha fatto, pensa di suicidarsi gettandosi dal Ponte della Sanità, ma mentre sta per effettuare l’insano gesto, vede arrivare sul ponte il barone di Cupaverde, e pensa di rapinargli della borsa con dell’oro che egli sapeva aver il nobile in saccoccia. Il furto gli riesce; il barone, personaggio eccentrico, lo riconosce e lo ringrazia del furto commesso ai suoi danni, ma non lo denuncia. Dopo il furto, Aniello torna a casa dove lo aspettano moglie e figli affamati. Fa poi andare a comprare del cibo per sfamarli, ma non dice alla moglie da dove ha preso tutti quei soldi.
Entra in scena Arlecchino, un bellissimo giovane che fa parte di una compagnia veneziana. Della maschera si invaghisce il barone di Cupaverde, che lo prende in affitto, pagando una cospicua somma all’impresario Tartaglione, affinchè diventi il buffone della sua casa. Del barone e della sua vita stravagante, son da segnalare un matrimonio, e il far parte di una banda di briganti, episodi da lui concepiti combattere la noia di una vita monotona.
Dopo il furto Aniello abbandona la casa, ma lascia alla moglie, di nascosto, parte dell’oro rubato al barone, che però la donna non tocca, nonostante che i figli muoiono di fame.
Il barone, che ha riconosciuto l’autore del furto, da l’incarico ad Arlecchino di indagare sul muratore e sulla sua famiglia, e il giorno dopo in cui Aniello ha abbandonato la sua casa, la maschera si reca nell’abitazione della famiglia del muratore. Arlecchino è un po’cambiato, si sente meno buffone dopo che in una chiesuola, in un giorno in cui era libero da impegni col barone, ha conosciuto una ragazza, Paolina e se ne è invaghita. Riesce poi ad andare nella sua casa quando la ragazza è sola e la palesa il suo amore: anche la ragazza prova interesse per lui. Arlecchino si trova in imbarazzo quando Paolina gli chiede il nome e la sua città natia e Arlecchino risponde che si chiama Gabriele ed è di Venezia. In seguito la maschera ferma Almerinda, la madre della ragazza e le dice che è innamorata di sua figlia e che la vuol vedere ogni giorno, ma la donna dice che darà il consenso dopo che avrà conosciuto i suoi genitori. Tornato a casa depresso, Arlecchino, non riesce più a far divertire il barone che per trovare un’alternativa alla sua noia dà l’incarico al giovane di rapire uno dei figli del muratore al quale è molto attaccato sia lui che la moglie, in cambio gli da una bella somma di denaro.
Nel mentre che Caterina va dalla signora Almerinda, madre di Paolina e sua amica, a dire che suo marito è scomparso, Arlecchino si reca nella sua casa e porta via il piccolo Alfonso. La signora Almerinda chiede consiglio ad un frate, padre Agostino, su come deve comportarsi nei confronti di Arlecchino che è invaghito della sua figlia Paolina. Il frate gli fa capire che la maschera non è né figlio né parente del barone di Cupaverde.
Caterina la madre del piccolo Alfonso, disperata si reca nell’appartamento del barone alla ricerca del figlioletto rapito. Viene accolta dal maestro di casa, essendo il barone assente, e a questi palesa il suo sospetto che il bambino è in quella casa; viene al suo cospetto anche Arlecchino il quale decisamente nega di esser stato in casa della donna e che quindi lui non ha rapito il bambino che, invece è in quell’appartamento nascosto. La donna così si persuade che il bambino è stato preso dal marito. Ma il muratore, tornato a casa dopo due mesi di assenza, nega esser stato lui a prendersi il bambino. Aniello si reca poi dal barone e gli confessa esser stato lui il ladro, colui che gli aveva rubato la borsa dell’oro, e gli dice altresì che è sconvolto per la sparizione del piccolo Alfonso. Salgono poi nell’appartamento anche il figlio Nicola che ha portato al barone i soldi rubatigli da Aniello, e sale su anche la Caterina. Il barone fa venire nella stanza ove ci sono lui e gli altri, anche Arlecchino, che continua a dire che non conosce la moglie di Aniello. Il barone ordina alla maschera di andare a prendere il piccolo Alfonso. Alla fine, grazie ad una abitino della madonna del Carmine che sia Arlecchino sia il piccolo Alfonso portano al collo, si scopre che la maschera è Saverio, il figlio scomparso dieci anni prima. Arlecchino diventa così una persona normale, libera, e non un buffone, e in seguito chiede aiuto al barone per sposarsi con la sua Paolina, e il barone gli offre un posto da fattore in alcuni possedimenti che ha in Lucania.
La madre di Paolina, la signora Almerinda, non era troppo convinta a concedere la mano della figlia ad Arlecchino, ma si arrende alle insistenze della madre di Caterina e alle preghiere dei due innamorati.
Il romanzo si conclude a lieto fine, con il matrimonio dei due giovani che si trasferiscono poi, per il dispiacere dei rispettivi genitori, in Basilicata dove Arlecchino svolgerà il ruolo di fattore dei beni del barone di Cupaverde, che fa andare in prigione tartaglione, l’impresario teatrale che aveva rapito Arlecchino da bambino per farlo diventare un buffone.
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ROSARIO MASTRIANI