Pioveva a dirotto. Una vera tempesta mi aveva sorpreso a metà strada. Lampi, tuoni, raffiche di vento, s’erano dati convegni proprio in quell’ora. Mancava men che un quarto alla mezzanotte. Senza ombrello né cappello, non avevo potuto proseguire. Il fantasma della campagna al guardaporta mi assillava… Ecco a poco più di cento metri da casa mia! ‒ Oh! trionfo del Pipelet!! ‒ Gocciolante, infreddolito, m’ero riparato sotto l’arco di un palazzo monumentale, all’angolo di Piazza Carità. L’acqua, il vento, i tuoni con tutta la fanfara celestiale, come a farlo a bella posta, aumentavano il ritmo della suonata. Sprazzi di luce accompagnati da brontolii prima sordi e lontani poi vicini e rumorosi davan l’idea di assistere al finale di quell’atto tragico del popolare dramma del San Ferdinando: «Il lampionaro di Porto» (la scena terrorizzante tra Rosa la pazza e il lupomannaro). Gli scoppi si susseguivano e la pioggia rabbiosa schiaffeggiava i muri… Trinceratomi dietro una delle massicce porte del palazzo dei Cavalcantibus, pazientemente attesi. Una voce dal tono baritonale mi chiamò per nome, ed una mano confidenziale mi battette sulla spalla; mi voltai: un uomo ben piantato, dal volto sorridente e paffuto, completamente raso, gentilmente m’invitò ad entrare in casa sua.
‒ Che facite cca ssotto… cu sta tempesta?! Vulite piglià nu ciammuorio [1]?!… Senza cappiello e senza mbrello!! Voglio offrirvi na tazzulella ‘e cafè.
Sorpreso da tanta signorilità, stavo per ringraziare; ma lo sconosciuto non me ne diede il tempo.
‒ Nessun ringraziamento. Al più sono io che devo ringraziare l’acqua ed i tuoni di stasera per la gioia che mi hanno procurato.
Entrai nella sua casa. Un gingillo da pupattola.
‒ Sono il custode di questo palazzo, ch’è de’ Marchesi Cavalcante – disse con aria trionfale.
‒ Beato voi!!! sarete così, sicuro da qualsiasi ciclone… E non vi troverete mai come me… senza cappello e senza ombrello, e per dippiù, esser costretto a ringraziare Giove Pluvio… per la originale serenata di stasera, che gentilmente mi ha voluto dedicare…
‒ Sarà un altro grazioso spunto pel «Roma della Domenica».
‒ Proprio così!… Non vi siete sbagliati. Tutto ciò che mi capita in giornata, è sempre degno d’esser presentato alla ribalta de’miei lettori. Figuratevi poi l’incontro di stasera: pioggia, tuoni…
‒ ‘O guardaporta… ‒ interruppe l’altro con ironia.
‒ No, la poesia, l’originalità, della scena svoltasi tra noi due…
‒ ‘O cappiello… ‘o mbrello… ca ve mancavano – rimbocca il Pipelet, ridendo a sazietà… ‒ Figuriamoci che ne uscirà Domenica o per meglio dire Sabato sul periodico settimanale…
‒ La verità! Essa è così simpatica, da non aver bisogno di fantasticare… La semplicità è il mezzo più sicuro per convincere, per commuovere o far sorridere colui che legge.
‒ È vero! Quando si parla al cuore si finisce sempre con l’aver ragione… Non crediate ch’io non legga! Vedete, ho qui una piramide di libri: Victor Hugo, Manzoni, Grossi, Guerrazzi, D’Azeglio, De Amicis e… Francesco Mastriani! credo che basti!… non è vero?! ‒ concluse soddisfatto il mio impensato amico, mostrandomi orgoglioso gli autori enumerati.
I miei sguardi si posarono su Mastriani…
‒ Lo amate molto?!…
‒ Tanto!!
‒ Li accettate questi suoi libri?!
‒ E voi?…
‒ Sono felice saperli sul vostro tavolo. Anzi, completerò il regalo: prendete pure questo! ‒ disse, aprendo un cassetto e traendone una busta – in essa vi troverete dei foglietti scritti con calligrafia sbiadita, mancanti forse di qualche frase, un po’macchiati d’inchiostro… Sono appunti buttati così in fretta e furia… Suppongo siano proprio del Mastriani… Li scovai tra le pagine di un suo vecchio libro, confuso nella biblioteca di mio zio, ch’era un marchese autentico e letterato…
‒ Ed il libro?
‒ Non l’ò più… L’«Ebreo di Portanolana». Sulla prima pagina compariva lo autografo prezioso dell’autore…
‒ Grazie… grazie assai! Mi avete fatto davvero un bel regalo. Benedetta sia la pioggia di stasera!
‒ Non tutti i mali vengono per nuocere…
Una bimba poggiò sul tavolo la guantiera con due tazzoline dall’orlo d’oro, la zuccheriera e la caffettiera colma di caffè bollente.
‒ A voi! – disse il donatore, mescendo nella tazza il profumato liquido, ch’io sorseggiai con avidità. Fuori la tempesta s’era rabbonita alquanto. Ringraziai nuovamente il generoso amico, e infagottati i libri mi congedai con la promessa rivederci tra qualche giorno…
Giunto a casa, mio unico pensiero fu la lettura del manoscritto. Lo trovai interessante. Era poi del Mastriani?! Un abbozzo frettoloso, vulcanico, lanciato così… come gli scrittori di razza, sogliono fare sotto l’impressione di quanto gli si affaccia alla mente… Lo credetti degno dell’attenzione dei miei buoni amici… lettori domenicali, e lo pubblicasi così com’è…
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[1] Cimurro, malattia dei cani (Nota di Rosario Mastriani)
ADOLFO NARCISO