UN SOSPIRO ALLA MEMORIA DI LEI

   Ah! qui viss’ella. Stupido

Nel mio dolor contemplo

La stanza solitaria

Che di virtù fu templo,

E le deserte coltrici,

Ove il suo fral posò.

.

   Si, qui vivea – Qui scorsero

I suoi miserrimi anni:

Qui quella pia con placido

Viso portò gli affanni,

E ʼl doloroso calice

Dei giorni suoi vuotò.

.

   Qui la vedea nottivaga

Nei suoi pensier raccolta:

Di sua famiglia memore

La mente a noi rivolta

Levar lo sguardo supplice

Al Dio consolator.

.

   Qui pianse ancor sul tumolo

D’entrambi ʼi suoi parenti;

E vide i figli pargoli

Appena nati, spenti;

E sopportò la perdita

D’un passeggiero onor.

.

   O Religione, aureola

Della virtù gemente,

Raggio del Grande Ingenito

Speme d’un cor dolente,

Alla tua voce intrepida

Visse, soffrì, morì.

.

   Qui fra gli estremi palpiti

Di tua fatal partita,

Mirò le figlie in lagrime

E sospirò la vita;

Ma quel sospiro fu l’ultimo

Soffio d’infausto dì.

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   E qui moria pur vittima

Di morbo desolante,

Qui fra ʼl compianto unisono

D’una famiglia amante,

Rendeva a Dio quell’anima.

segno d’immenso duol,

.

   E qui lasciava un tenero

Consorte sventurato:

Orbo ei restava a gemere

Sotto un avverso fato,

Straniero ad ogni giubilo

Su d’un ingrato suol.

.

   Ah! madre mia, mestissimo

L’occhio d’intorno giro;

giace tua stanza tacita,

Più in essa io non ti miro,

Vi cerco invan tua immagine,

Vi è solo un sovvenir.

.

   Riposo alla tua polvere,

Angella a Dio diletta,

Del tuo figliuol ricordati,

Il suo passaggio affretta;

Chè degno è pur d’invidia

L’estremo tuo sospir.

   8 Dicembre 1836

.

   «A piè del cartoncino trovo scritte, di pugno di mio padre, le seguenti parole; Fu questo ultimo tributo alla mia direttissima genitrice Teresa Cava la prima cosa da me pubblicata per le stampe. Avevo 16 anni. Una copia di questa mia lugubre ode mio padre volle che gli si posasse sul petto, cadavere, e l’accompagnasse nel sepolcro.

   Sono costretto a far notare che questa poesia, la quale anch’io ho sempre ritenuto fosse la prima cosa da lui scritta, non fu propriamente la prima, dacchè nelle sue carte ne trovo un’altra, anche scritta in occasione di morte, con la data del 12 luglio 1834.

   Probabilmente questo primo lavoro non fu tenuto presente dal mio ottimo padre quando scrisse quelle poche parole a piè dell’Ode Funebre per la madre. Ovvero bisogna ritenere che nello scrivere mio primo lavoro, abbia inteso dire primo per le stampe, dacchè, infatti, quell’altra poesia sul Samarelli. È manoscritta.

   Dunque, non a sedici anni ma a QUATTORDICI ANNI mio padre scriveva la prima poesia». [1] 

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[1] FILIPPO MASTRIANI, Cenni sulla vita e sugli scritti di Francesco Mastriani, Napoli, L. Gargiulo, 1891, cap. II p. 33.