UN’ORA DI SEPARAZIONE

Scherzo comico in un atto

Personaggi

Felice Fausto Belfiore

Amelia, sua moglie

Giannetto, domestico

La scena è in una Città d’Italia

SCENA I.

   Salotto in casa di Fausto – Due porte laterali, un uscio nel mezzo

Fausto, indi Giannetto

Fau.     (suona il campanello).

Gian.    Signore.

Fau.     Che fa la signora?

Gian.    Pocanzi ha fatto colazione.

Fau.     Pregatela di qui recarsi; e, mentre sono qui con mia moglie, non ci sono per nessuno, capite?

Gian.    Sta bene (via)

SCENA II.

Fausto solo, indi Amelia dall’uscio a dritta.

FAU. Ho risoluto! Sarà stranezza, sarà ingratitudine, sarà quel che si vuole, ma questa donna mi si è renduta insopportabile colla sua tenerezza e bontà… Maledetto destino che è il mio! viver sempre senza la più leggiera contrarietà, senza che nessuna cosa mi ecciti e produca quella commozione che dicesi la collera. Che noia mortale! La felicità mi perseguita inesorabilmente! I miei amici mi consigliarono di prender moglie, dicendomi che il matrimonio è un piccolo saggio dell’inferno; ed invece io trovo nel matrimonio la solita felicità che mi fa sbadigliare da mane a sera. speravo di trovare una donna bisbetica, capricciosa, fanatica, civetta, e, al contrario, trovo un angelo di femmina… Il diavolo porti via tutti gli angioli di questo mondo!… Una moglie che non mi dà mai un sol motivo di gelosia, di collera, di malumore! Sembra che il cielo l’abbia creata apposta per farmi dispetto!… No, ho risoluto… Io mi separerò da questa insipida donna. non voglio saperne più nulla di matrimonio.

SCENA III.

Amelia, in abito dimesso di mattina, esce dalla dritta.

AME.  (correndo ad abbracciare suo marito). Mio caro Fausto! Non ti aspettavo così presto! Eri forse tornato per fare colezione con me?

FAU. (freddamente) No… Chiudi quell’uscio, e siedi.

AME. (guardandolo attentamente) Oh Dio ! mi sembri…. non so come questa mattina! sei pallido! Non ti senti bene forse?

FAU. (con asprezza) No, sto bene, benissimo, per mia disgrazia. E quando mai sono ammalato? Va… chiudi quegli usci…

AME. Obbedisco [Che gli è mai accaduto?](chiude l’uscio del suo appartamento e quello di mezzo).

FAU. Siedi.

AME. Eccomi (seggono ambedue).

FAU. Amelia il mio linguaggio ti parrà strano; ma strano è pure il mio destino!

AME. Oh cielo! Che vuol dir questo?… Parla… Che intendi ?

FAU. Intendo che questa non è sopportabile vita; che il destino si burla di me; che…

AME. Le tue parole mi fanno paura! Parla, amico mio, confidati a me; che ti è accaduto ? Quale disgrazia…

FAU. (con rabbia) Disgrazia ! Disgrazia! E quando mai ho avuto il bene di provare una disgrazia, io?

AME. Io non ti comprendo.

FAU. Mi comprenderai tra poco. Per ora non si tratta di questo. Debbo chiederti un gran favore, dal quale misurerò il tuo affetto per me.

AME. Parla pure; qualunque cosa brami da me, l’otterrai incontanente, anche la vita, se occorre… FAU. Giuralo.

AME. Lo giuro.

FAU. Pria di tutto rispondimi categoricamente. Mi ami tu?

AME. Se t’amo ! Ma qual dimanda è mai codesta? Puoi per un solo istante dubitare dell’amor mio? FAU (con malumore) Lo so, lo so, non ne dubito [Così ne potessi dubitare!]. É vero, Amelia;…ho avuto torto di farti questa domanda… Da tre mesi dacché siamo sposati, non mi hai dato nessun dispiacere, nessun motivo di gelosia; non mi hai contrastata nessuna cosa; sei stata sempre docile, ubbidiente; hai prevenuto tutt’i miei desiderii; insomma, hai fatto il possibile per farmi arrabbiare.

AME. (con meraviglia). Per farti arrabbiare!

FAU. Si per farmi arrabbiare, ti ripeto; anzi debbo dirti che io sono scontento, scontentissimo di te…

AME. E pocanzi tu mi dicevi che io non ti ho ho dato mai motivi di collera!

FAU. È vero, ed è appunto per questo che.. Ma tu hai giurato di fare il voler filo, cioè… di farmi un gran favore.

AME. Si, ho giurato, e manterrò il mio giuramento.

FAU. Orbene, io pongo a prova il tuo affetto, ed esigo da te di rinunziare volontariamente al vincolo che ci unisce. Noi ci separeremo

AME (turbata) Una separazione?

FAU. (Sottovoce). Una tacita, secreta, domestica separazione. Nessuno al mondo sarà partecipe del nostro segreto. Questo appartamento ha due scale, ed è diviso in due braccia, di cui tu occuperai il diritto ed io il sinistro. Questo salotto sarà il terreno neutrale in cui ci rivedremo qualche volta. Tu non entrerai mai più nelle mie stanze; ed io ti prometto di non entrare mai più nel tuo santuario. Ciascuno di noi due sarà libero in casa sua, e farà quello che vuole senza dar conto all’altro. Rimarremo però buoni amici, e ci visiteremo in questo salottino quando ci piacerà. Le ragioni che mi spingono a questo passo sono semplicissime e altamente per te onorevoli. Te le posso dire in poche parole: Tu sei un angelo di bontà, ed io andavo in cerca d’un demonio in malakoff, tu sei buona, docile, amorosa, ed io voleva una moglie capricciosa, brontolona, sfacciata… Perdona a questo mio capriccio, e procuriamo di essere buoni amici il più che è possibile… Ecco il sacrificio che io ti chieggo, Amelia; e ti ricordo il tuo giuramento.

 AME. Il mio giuramento non varrebbe nulla, dopo quello che ci scambiammo all’altare. Vi confesso che io non vi credo in tutta la lucidezza del vostro intelletto… Comunque sia, mi ero avveduta della vostra freddezza, ed ora mi accorgo che un’altra passione…

 FAU. Ti giuro. Amelia, che….

AME. Non una parola, o Signore… Accetto la separazione; e vi dirò anzi che l’accetto (con affettato sorriso) con piacere.

 FAU. (nella massima sorpresa) Ah! tu l’accetti….

 AME. (alzandosi) Con piacere.

 FAU. [Ed io che m’immaginavo il contrario!…. Bestia che sono!…] (alzandosi) Tanto meglio, signora, non avremo fatto entrambi un gran sacrificio.

AME. Ricordatevi, o signore, che quindinnanzi nulla ci sarà più di comune tra noi… Voi l’avete voluto; ed ora, alla mia volta, esigo che giuriate sul vostro onore di considerarmi d’ora in poi come una straniera.

FAU. (con caricata solennità) Lo giuro sul mio onore. [Questa donna mi sorprende! Ed io che credevo che ella sarebbe morta di dolore]!

AME. Sta bene… Addio, signore. Il mondo saprà che noi siamo marito e moglie ; ma noi due sappiamo che ciò non è vero… Ora, ritiratevi.

 FAU. [Mi scaccia! Mi pare che abbia troppa fretta di sbarazzarsi di me] Addio, signora… Resteremo amici, non è vero?

AME. Fino alla morte.

FAU. (le bacia la mano) Grazie, signora, grazie infinite.

(Amelia 1’accompagna con un sorriso fino all’uscio di mezzo… Fausto la saluta nuovamente, indi esclama tra sé):

FAU. [Non so perché , ma questa mattina ella mi sembra più bella del solito] (via).

SCENA IV.

Amelia sola

(siede e rimane alquanto pensierosa)

AME. è pure strano quanto mi accade!…Il mio cuore non s’ingannava! Fausto non mi ama più! Ma, sciocca che sono, mi ha egli mai amata? Se sapessi il vero motivo che lo ha indotto a farmi quella proposta! Lo scoprirò… Intanto, mi sorge un felice pensiero. Prepariamoci a recitare un’abile commedia….. Egli ha detto che avrebbe bramato una donna superba, vana e civettuola… Ebbene io mi fingerò tale… Ho già veduto raggrottarsi il suo ciglio quando gli ho detto ch’io abbracciava con piacere la sua proposta di separazione… Un lampo di gelosia mi sembrato vedergli balenare negli occhi… Mettiamo dunque in opera questo mezzo di richiamarlo al mio a amore. Se ci riesco, andrò superba di tal trionfo… Ma mi pare che egli ritorni. Ritiriamoci, e andiamo a preparare il piano di battaglia. (via a dritta).

SCENA V.

Fausto solo indi Giannetto

(Fausto entra in iscena col cappello calato su gli occhi, col sigaro in bocca col bastone sotto al braccio. Egli ha sembiante di essere profondamente annoiato. Venuto in iscena, si pone a spasseggiare in silenzio e fumando; indi guarda verso l’uscio a dritta, dà un sospiro, si siede ed esclama):

FAU. Non ho trovato nessuno de’miei amici al Caffè; eppure non mancano mai di annoiarmi e di mangiare a mie spese. Gli amici! che sciocca invenzione! vi ruba il tempo, il denaro, la salute e l’anima, se ne avete una… Ho risoluto di abbandonare anche i così detti miei amici… D’ora, in poi, morto per morto, voglio morir solo, voglio morir di noia, veglio morire senza far niente, senza veder nessuno… voglio morire consunto dalla felicità… (rimane qualche tempo in silenzio fumando, indi riprende tra sé):

 FAU. Eccomi finalmente sbarazzato della noiosa compagnia di mia moglie! Non ci è seccatura maggiore che quella d’una donna che vi ama e presume di essere vostra per tutta la vita, e che ha coraggio di dirvelo cinque o sei volte al giorno! Già, basta avere il titolo di moglie per essere pel marito la donna più antipatica e spoetata di questo mondo!… Ed ecco, sono appena pochi minuti che io non sono più il marito di mia moglie, e già questa donna mi pare che non mi debba essere più cosi tediosa;… anzi, poco prima, mi è paruta più bella! Ma, è straordinario! Io credo che Amelia dovea fingere di amarmi giacchè no nè possibile che, amandomi com’essa dicea, volesse così presto e volentieri acconciarsi ad una separazione….. Ella dunque fingea! ella dunque è una donna simulatrice, infinta! Ed io che la credeva ingenua e leale!… Or che mi ricordo! Quando ultimamente venne a farci visita il duchino del Ponte, ella si mostrò compiaciutissima di questa visita; anzi mi parve che si scambiassero occhiate d’intelligenza… In verità, quando ci penso, ho avuto troppa fretta… Bisognava che mi fossi prima informato… E vero che io vado in cerca d’una disgrazia, ma la disgrazia di Cornelio Tacito non mi andrebbe troppo a sangue. Finalmente, occhi del mondo Amelia è sempre mia moglie… Starò accorto e… (si apre la bussola di Amelia)

SCENA VI.

Amelia e detto.

 (Amelia in ricercata acconciatura per mattino; col cappellino tondo in testa, coll’ombrellino, co’ guanti. Esce fingendo di parlare colla sua cameriera).

 AME. Carolina, ricordatevi che se viene il duchino del Ponte, gli direte clic lo aspetto senza meno questa sera; e soggiungetegli che sarò sola… Capite ?…. (va per suonare il campanello e finge di accorgersi della presenza di suo marito).

AME. Oh, buongiorno, signore, voi eravate là.

FAU. Ero la!

AME. Benissimo (suona il campanello).

SCENA VII.

Giannetto e i medesimi.

 AME. E pronta la carrozza?

GIAN. Sì, signora.

AME. Io non tornerò prima delle cinque. Fate che il pranzo sia pronto per quest’ora. (Giannetto s’inchina e parte).

AME. (a Fausto) Ebbene, signore, che cosa fate lì piantato?…. Siete di sentinella forse?

FAU. Ammiravo la vostra acconciatura… Siete abbagliante questa mattina.

AME. Oh , grazie! Guardatevi di non lasciarvi abbagliare.

FAU. Pare che in illo tempore, quando eravamo marito e moglie, voi non vi deste mai il fastidio di farvi così seducente.

AME. Ciò non conveniva ad una donna maritata. D’altra parte, vi degnaste voi mai di badare alla mia acconciatura?

FAU. Ebbi torto, perché voi siete bella.

AME. Oh! oh! state in vena di complimenti quest’oggi!… Mi spiace che non ho il tempo di prestare ascolto alle vostre caricature, giacché ho a fare moltissime visite….

FAU. (con simulata indifferenza) E poi… sta sera… si aspetta il caro duchino!

AME. Ah! si, vi confesso che la sua compagnia mi alletta moltissimo… Egli non sbadiglia quando si trova con me.

FAU. (imitando la voce di Amelia). E soggiungetegli che sarò sola!

AME. (ridendo) Ah! ah! voi avete ascoltato?… Facevate la spia? Brutto mestiero!…

FAU. Io mi son trovato qui per caso, allorché avete dato quell’ordine alla cameriera.

AME. Ebbene, tanto meglio! avete saputo che… questa sera… io ricevo il duchino del Ponte, e… che intendo rimaner sola.

FAU. (con collera) Codesta mi sembra un poco di sfacciataggine, signora mia.

AME. (ridendo) Oh bravo! non mi diceste pocanzi che avreste bramato per moglie una… civetta… una sfacciata?

FAU. (mortificato) Fino ad un certo punto, signora.

AME. Vediamo!… Fino a qual punto?

FAU. Fino a quel limite che una donna onesta non dee mai valicare.

AME. (con dignità) E che io non valicherò giammai… Ma, d’altra parte debbo io dar conto a Lei dette mie azioni? Non sono io la padrona di ricevere chi  mi pare e piace?

FAU. È  giusto, signora, Ella non dee dar conto a me, ma al mondo, Si ricordi  che Ella porta il mio nome.

AME. Saprò rispettarlo. Ma badi, signor mio, che io non, intendo avere qui alla mia porta una spia perpetua, che sindachi e controlli te mie azioni. Ciascuno di noi due sarà libero in casa sua, e farà quello che vuole senza dar conto all’altro. Non ha Ella detto ciò questa mattina? Se ne sovviene?

FAU. Me ne sovvengo perfettamente.

AME. Dunque non si brighi de’fatti miei, come io non brigherò de’suoi… La riverisco (va per uscire).

 FAU. Un momento, signora. Le chiedo il favore di cinque minuti.

AME. Cinque minuti.

FAU. Si, signora, cinque minuti.

AME. (guardando al suo oriuolo) Li concedo…

FAU. Veggo pur troppo, signora, che il bel mondo vi reclama, ed ha ragione; tanti vezzi, tante grazie non sono create per essere sepolte tra quattro mura… Il matrimonio non era fatto per voi, siccome non era fatto per me.

AME. Vi ringrazio della posizione bellissima che voi mi avete creata. Tra Poco tutti sapranno che mio marito mi lascia padrona assoluta di me medesima.

FAU. Come, signora! Voi direte a tutti ch’io vi lascio padrona assoluta di voi stessa?

AME. Io noi dirò, ma tutti lo vedranno, giacché voi sarete invisibile; sarete come un marito di paglia, un marito che si suppone ma che non esiste, un marito scritto al municipio, ma che non figura insomma, il più comodo marito del mondo.

FAU. Ah ! io sarò un marito comodo! un marito di paglia!… Signora , codesto linguaggio…

AME. Badate che siete alla presenza di una dama.

FAU. La quale per altro mi appartiene.

AME. Che intendete dire? Io non appartengo che a me medesima, e mi richiamo per questo al vostro onore e al vostro giuramento.

FAU. Avete ragione; avete perfettamente ragione; ma io non so tornare dalla mia sorpresa. Una donna ch’io stimava la più riservata, la più casalinga, la più lontana da’piaceri del mondo, la veggo in un momento trasformata nella più sfrenata civettuola! Era dunque una finzione, un’ipocrisia la vostra!

AME. Allora io ero quello che ero; ora sono quello che sono… Or non sono tenuta a darvi conto nè del mio passato, nè del mio presente e nè del mio futuro. Eh, perbacco, che pretendereste? Abbandonare una donna, alla quale si è avvinto per sacro legame, abbandonarla per una follia, per un paradosso giacché voi medesimo avete confessato che mi avete abbandonata per la mia troppa bontà; e pretendere, dopo ciò, che questa donna passi i suoi giorni a piangere, a far penitenza, a sospirare un nodo rotto non appena ligato!… Voi dunque bramereste ch’io mi dessi alla vita delle privazioni per iscontare un fallo ch’è vostro, che rinunziassi a’piaceri della vita perché voi dovete officialmente annoiarvi; che, anch’io, insomma, mi mettessi alla ricerca d’una disgrazia?… Finiamola, signor Fausto; e, d’ora in poi, quando ci rivedremo, vi prego di non parlare mai più del passato… Intanto, i cinque minuti sono scorsi , ed io vi lascio (per partire).

SCENA VIII.

 Giannetto e detti.

GIAN. Il duchino del Ponte.

AME. Ah!

FAU. Oh!

AME. Passi pure.

FAU. (trattenendo il domestico) Aspetta. Gli dirai che sono uscito, o che ho da fare e non posso ricevere nessuno.

GlAN. Perdoni signore! Il duchino ha chiesto della signora.

FAU. (battendo il piede a terra). Oh l’impertinente!

AME. (togliendosi i guanti) Poiché il duchino ha chiesto di me, andate a dirgli lo riceverò nel mio appartamento, e che abbia la bontà di passare per l’altra scala.

GIAN. Vado a servirla.

FAU. (volendo trattenere il domestico) Un corno! Aspetta. Che figura ci faccio io!

AME. (a Gian) Andate.

(Gian parte).

FAU. Ma dunque, io sono davvero un marito di cartone! Neanco i domestici mi obbediscono più! AME. (per ritirarsi nel suo appartamento) Permettete.

FAU. Come! voi Io riceverete?

AME. Lo riceverò.

FAU. Nel vostro appartamento?

AME. Nel mio.

FAU. Ciò non sarà mai! Verrò con voi.

AME. Con qual titolo?

FAU. Perbacco! con quello di vostro marito.

AME. Sareste ridicolo e senza onore.

FAU. Come, signora!

AME. Voi avete giurato sul vostro onore che avreste rispettata la mia libertà.

FAU. Signora, io potrei esser geloso.

AME. Peggio per voi!

FAU. Potrei…

AME. Permettete. Il duchino mi aspetta. (si ritira e chiude la porta a dritta).

SCENA IX.

Fausto solo indi Amelia

FAU. Amelia, aspettate, sentite… io rinunzio… Ha chiusa la porta a chiave! Ed io non posso entrare nelle sue stanze per prendere a calci questo duchino che mi rompe gli stivali!.. Io diventerò sovranamente ridicolo! Sta sera per tutto il paese si saprà che mia moglie ha ricevuto in colloquio segreto il duchino del Ponte, giacché questo imbecille ne riempirà tutti gli orecchi… Non sarà mai!.. Bisogna interrompere questo colloquio. A rischio di passare per ridicolo, non passerò per… Dio! fremo in pensarvi! Io sono geloso, geloso come un tigre del Bengala come un Otello !.. Voglio vedere se ci posso vedere ! Voglio vedere che cosa fanno (si avvicina alla porta a dritta e si pone a guardare pel buco della serratura) Diavolo! non vedo niente… Potessi. sentire qualche cosa! Nulla, assolutamente nulla!… Ma perché non parlano ad alta voce?… Mi pare che si sieno chiusi nella stanza da letto! Oh questo è troppo! Io scoppio, io fremo! io non reggo (gridando per la toppa) Amelia! Amelia!… Non mi sente! non mi da ascolto! Potenze dello inferno! (alzando più la voce) Amelia, moglie mia, cara moglie… Nulla! non se ne incaricano! È impossibile che non sentano! Lo fanno a bella posta! i Chi sa che non ridano alle mie spalle! E piaccia a Dio che non si occupino d’ altro che di ridere! È impossibile rimanere in questa terribile posizione!.. L’ho passata, la disgrazia! l’ho passata! tanto ho cercata, che finalmente ho sofferta l’unica disgrazia che non avrei voluto soffrire! Se potessi fino a un certo punto… Farò un chiasso! uno scandalo! (battendo contro uscio e gridando) Amelia! Amelia! apri! Debbo parlarti di cose di premura… Apri, Amelia… Amelia… Amelia del diavolo!… (c. s.).

AME. (dal suo appartamento) Che diascine avete!..Zitto, per carità voi vi farete mettere in canzone da tutto il paese!..Questo è uno scandalo… Il duchino…

FAU. (nel massimo furore) … Vado a squartarlo, a divorarlo… Voglio far cose degne di Chiavone…

AME. (ridendo) Ah! ah! voi siete geloso!

FAU. Voi ridete, signora? Avete il coraggio di ridere? (alzando la voce) …Avete il coraggio…

AME. Zitto! non alzate la voce, che il duchino potrebbe sentirvi.

FAU. Che m’importa di lui. Vado a scacciarlo, a sfidarlo, ad ucciderlo…

AME. Con qual dritto? Non ricordate che noi siamo separati, o signore?

FAU. Che separazione e separazione! Ho fatto una bestialità e mi ricredo…. me ne pento… Io sono pazzamente innamorato di voi, Amelia. Il mio giuramento è assurdo, è impossibile… lo voglio rom-pere, voglio essere spergiuro.

AME. Ma non io… che non intendo infrangere il mio.

FAU. Amelia, vel chiedo in grazia, perdonate alla mia follia.

AME. Non posso; vi debbo mettere alla pruova per assicurarmi dell’amor vostro. Vi ammetto dunque per ora come mio innamorato.

FAU. Ciò vuoi dire che io sarò condannato…

AME. A non entrare per ora nelle mie stanze che quando ci saranno altre persone. Accettate il titolo di mio amante?

FAU. Lo accetto… e mi rassegno.

AME. Ebbene, Fausto, noi faremo 1’amore; ci conosceremo meglio a vicenda; apprenderemo a stimarci… Per me, vi ho sempre amato fin dal primo giorno che vi ho veduto;… ma voi…

FAU. Ed io, signora, oh cominciato ad amarvi dacché non siete stata più mia moglie; ed ora vi amo con tanta frenesia, che vi prego di accorciare il tempo di sì dura prova e rendermi quella felicità, a cui la mia stoltezza mi avea fatto rinunziare… Riaccordatemi il titolo di vostro marito, o mia cara Amelia. lo vi amo, Amelia. Io vi amo, come un pazzo…. (cade in ginocchio).

AME. (ridendo ) Che bella figura! Se vi veggouo i domestici… Se vi vede il duchino del Ponte.

FAU. Maledetto! Egli è là?… Vi aspetta?

AME. Non temete; l’ho licenziato… e per sempre.

FAU. (con gioia) Ah! Tu l’ha… licenziato… Non è più là?… Non verrà più?

AME. Non verrà più.

FAU. (abbracciandola) Non posso resistere al desiderio di abbracciarti.

AME. Abbiate senno.

FAU. Che senno e senno! Sei mia moglie… e ti voglio, e ti posso… e ti debbo abbracciare (1′ abbraccia).

 AME. Sicché dunque sei pentito?

FAU. Pentitissimo.

AME. Sei contento della tua piccola disgrazia?

FAU. II cielo mi ha salvo in tempo. Stavo per passarne una comme il faut.

AME. E la nostra separazione non è durata che un’ora?

FAU. Ma quest’ora di separazione sarà feconda d’una vita d’ amore… ti giuro che…

AME. Per carità, non giurare!

FAU. Ebbene, ti prometto, da leale cavaliere che non ci separeremo mai più…

FINE 

                           FRANCESCO MASTRIANI