Riscoperte: la Napoli dei diseredati di Francesco Mastriani

Il seguente articolo, scritto dalla giornalista Antonella Gramigna, è stato pubblicato su:
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Pistoia Nella letteratura italiana dell’800 la corrente definita “verista” ha accolto nomi come Verga, De Amicis, Serao e altri considerati minori, in un periodo che si protrasse sino a metà del secolo con autori romanzieri, poeti, in gran parte di origini meridionali o che con il Sud del paese erano venuti in contatto, a volte loro malgrado ( il caso Carlo Levy è emblematico).
Quasi tutti gli autori meridionali, hanno avuto il loro momento di riconoscimento da parte della critica, magari passeggero, per poi essere però a malapena ricordati dalla critica letteraria nazionale, sempre protesa verso il “nuovo” o “l’attuale”, dimenticando spesso le radici umanistiche di una terra, come quella meridionale, ricca di poetica, di incanto e di capacità narrative senza eguali.
Francesco Mastriani è stato tra gli autori ed i letterati napoletani dell’800, il più prolifico ed il più dimenticato. Autore di 900 e passa scritti tra i quali 105 romanzi, è stato alla fine del XIX sec. il primo a raccontare, narrare, condurre alla ribalta la Napoli degli ultimi, dei diseredati, dei disperati, dei bambini orfani e abbandonati (nelle allegorie definiti “scugnizzi”) ladri per fame, delle adolescenti costrette alla prostituzione e, per contro di una borghesia nascente ricca e spregiudicata che sorgeva sul decadere di una nobiltà priva ormai dei fasti borbonici e cancellata dalla storia.
Mastriani era stato il cantore di tutta questa lunga epopea avendo vissuto la realtà napoletana del periodo pre e post unitario nella sua carne viva. Ha narrato, avendo vissuto la povertà dei vicoli, la cultura della sopravvivenza, la ricerca affannosa di un alloggio per la famiglia, e i magri guadagni che “l’arte” del letterato elargiva malamente a chi, come lui, scriveva di tutto pur di assicurare il necessario ai suoi familiari.
Narratore di grandissimo piglio comunicativo, profondo conoscitore storico della realtà nella quale viveva, ha pubblicato romanzi di grandissimo successo, restando sempre, quando andava bene, un passo sopra la povertà e uno sotto la tranquilla borghesia.
Di questo autore la critica letteraria nazionale è stata avarissima di riconoscimenti, del resto la letteratura del Sud sembra essere particolarmente incline a “farsi dimenticare”. Chi chi ricorda oggi il grande Ignazio Silone ? É la chiara evidenza che la memoria se non sollecitata dal ricordo costante si perde. E laddove gli “addetti ai lavori” sono mancati, ecco che due pronipoti dello sfortunato romanziere, Rosario ed Emilio Mastriani, da anni si sono applicati allo scopo di scovarne le opere inedite, o quelle solo parzialmente pubblicate, allo scopo di portare a conoscenza del grande pubblico le testimonianze letterarie di questo autore.
Un contemporaneo di Giovanni Verga e di De Amicis, conterraneo di Matilde Serao, primo tra gli autori italiani a scrivere un “giallo” (Il mio cadavere), sicuramente il più autorevole cronista di una Napoli appartenete ad un certo momento storico, poi lasciato in un angolo appartato della nostra storia letteraria come un parente scomodo. Il suo romanzo inedito “La Malavita” (Ediz. Guida) oggi più che mai ricorda un momento che ricalca in pieno la tragica attualità che viviamo, anche se scritto più di un secolo fa.
I grandi autori, è vero, non hanno età. Sono spesso visionari, hanno la percezione della realtà che travalica il momento, l’evento in sé. Hanno la scomoda facoltà di dire il vero, di raccontare quello che spesso fa volgere lo sguardo da un’altra parte. In una Italia che sta faticosamente uscendo da un “sonno culturale” di decenni, scrittori come Mastriani a distanza di tempo testimoniano la loro grande capacità di raccontare senza veli la radiografia di una società e la sua antropologia profonda.
Una volta Alfonso Gatto, intervistato agli inizi del 1960, rispondendo ad una domanda su come era spiegabile la fascinazione distorta di una città come Napoli ebbe a dire: “… Napoli è spiegabile con un solo termine: è Napoli e basta !” Parlando con i testimoni della sua vita, i pronipoti che pazientemente hanno ricostruito la sua vita letteraria, e hanno presentato proprio in Campania, in un comune limitrofo al capoluogo napoletano, una serata culturale diretta a far conoscere, o meglio, riconoscere un loro conterraneo di tanti anni fa, ho potuto capirne la profondità, l’essenza delle sue opere, autentiche e profonde.
Francesco Mastriani è stato tra i pochi che hanno saputo “leggere” questa “calorosa”, emozionante e difficile città e forse l’unico che davvero l’ha raccontata per come è. Per questo, forse, la storia lo ha dimenticato. Noi no, non lo faremo. Cultura è soprattutto questo, far vivere per sempre le opere letterarie e con esse chi le ha scritte.

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