Homuncolo o I gesuiti e il Testamento. Cronaca napoletana del sec.XVII

 

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Questa edizione è in possesso degli eredi Mastriani

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Fu pubblicato in appendice su:

Roma, 26 febbraio – 22 marzo 1877.

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SCHEDA DEL ROMANZO

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I TEMPI

Gli avvenimenti del romanzo si svolgono in prevalenza a Napoli nell’anno 1759. In parte anche ad Aversa.

La presente scheda è stata realizzata prendendo come riferimento l’edizione: Napoli, Giosuè Rondinella, 1878.

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INDICE

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PERSONAGGI

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VOCABOLI DESUETI

 

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TRAMA

   La trama del romanzo prende spunto da un testamento olografo in data 12 aprile 1574 fatto da don Ippolito Cappellieri, il quale aveva disposto che, in assenza di un erede maschio, il suo ingente patrimonio sarebbe dovuto andare alla Compagnia di  Gesù.

  Nelle successive generazioni avvengono nascite maschili; si arriva all’epoca della presente storia, nel 1759 con don Gaudenzio Cappellieri vedovo ed ultimo esponente dei Cappellieri, che aveva avuto soltanto una figlia, Virginia, e la nuova moglie Balbina, entrata nella casa del marchese come cameriera, era sterile. Con questo stato di cose i gesuiti nutrivano buone speranze di arricchirsi, e . per curare i propri interessi fanno sì che nella casa del marchese entri un loro affiliato, e questi è padre Giacinto, un giovane e bellissimo prete. Il quale con l’aiuto di don Policarpio, uomo di fiducia della famiglia, e di donna Scolastica, perfida sorella di don Gaudenzio, mettono in atto un piano per entrare in possesso dell’eredità. Il disegno prevede l’entrata in convento della giovane Virginia onde evitare che si mariti e che possa avere un figlio di sesso maschile. Nella trama compaiono anche altre due sorelle del marchese, la fragile Ippolita di salute cagionevole e Clotilde, ovvero suor Genoveffa, monaca del convento delle Benedettine, dove si vuole rinchiudere Virginia.

   Ma la giovane che è innamorata del giovane operaio Luciano Ricci, che abita nei pressi del loro palazzo, con l’aiuto della zia Ippolita, riesce a scappare di casa, e contemporaneamente alla loro fuga, sparisce dalla casa del marchese il dottor Joahn di Baviera, medico alchimista, ospite da diversi mesi in casa del marchese. Dopo cinque mesi dalla fuga e di ricerche infruttuose da parte della famiglia Cappellieri, arriva al marchese una lettera nella quale c’è la notizia che Ippolita è andata in sposa al medico tedesco e che è nato, grazie all’alchimia, un bambino a cui è stato dato il nome di Homuncolo; il bimbo sarebbe, come scritto nella lettera, un prodotto della scienza. Invece era nato normalmente dopo i nove mesi di gestazione, era stato concepito nella casa del marchese; il medico tedesco e la giovane Ippolita si amavano. Ma il marchese, istigato dalle sorelle Scolastica e suor Genoveffa, e aiutato dai gesuiti cita il tedesco. Viene così indetta una causa penale contro l’alchimista, che secondo l’accusa si vorrebbe appropriare indebitamente dell’eredità del marchese, con un bambino nato per alchimia o figlio illegittimo; nonchè di aver rapita dalla casa paterna la Virginia. La ragazza, intanto, viene presa in custodia da una misteriosa donna, sempre coperta da fitto velo nero per celare la sua identità, donna che è pure protettrice da lungo tempo di Luciano. La causa va avanti, al termine della quale i giudici assolvono l’alchimista e condannano il marchese a pagare le spese di giudizio e a dare anche un indennizzo al calunniato dottore tedesco. È un colpo per il marchese che in seguito a questa condanna muore per un tuffo di sangue al cervello. Il romanzo si conclude con un colpo di scena; l’agognata eredità dei Cappellieri, alla fine va al giovane Luciano Ricci, che è un figlio illegittimo dalla dama del velo nero, che altro non è che suor Genoveffa, ovvero Clotilde Cappellieri, che l’aveva concepito, da monaca, con un nobile spagnolo. Romanzo a lieto fine, con il matrimonio di Luciano, diventato ricco, con Virginia, che è poi sua cugina. Ma il neo ricco spande le sue ricchezze a beneficio di tutti, anche di quelli che avevano fatto del male in famiglia. Suor Genoveffa, termina i suoi giorni in un ritiro lontano da Napoli.

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COMMENTO

   Questo romanzo è considerato da Mastriani di genere storico. Infatti, il protagonista, il marchese don Gaudenzio Cappellieri era discendente diretto di don Ippolito Cappellieri che era stato cameriere di cappa e di spada del pontefice Gregorio XIII che fu papa dal 13 maggio 1572 alla morte

   La trama del romanzo è abbastanza semplice, due storie d’amore abbastanza contrastate che si risolvono in maniera felice. Storie contornate dai tentativi gesuitici di impossessarsi della vistosa eredità dei Cappellieri. Romanzo che si può considerare di genere narrativo, ma anche in alcuni casi descrittivo.

   L’unico momento in cui la narrazione devia dalla vicenda privata per agganciarsi al contesto storico è costituito da una digressione sulla Compagnia di Gesù che nel tempo in cui la trama è ambientata sta per essere soppressa ( L’ordine fu soppresso da papa Clemente XIV nel 1773 e ricostituito da papa Pio VII nel 1814). Nel quarto capitolo del primo volume l’autore fornisce informazioni in merito ai commerci e agli interessi economici della Compagnia sia in Europa che in Paraguay, dove era presente con trenta missioni. (1) 

   (1) Chiara Coppin, I romanzi storici di Francesco Mastriani, Napoli, Edizioni Sinestesie, 2018

   Sempre in questo capitolo vi sono altre notizie della Compagnia di Gesù di Santo Ignazio Loyola: Una volta la Compagnia di Gesù era arcipossente: i papi, gl’imperatori, i re erano creati e sbalzati da’figliuoli di Loyola nelle cui reti avvolgeasi il mondo. Oggi la setta comincia a dileguarsi dinanzi alla luce del progresso che abbatte i vecchi edifici e le fondamenta di ogni abusivo potere .

   Nel capitolo dodicesimo del secondo volume viene citata l’alchimia, che è una scienza empirica del passato spesso a carattere magico, e che in questo romanzo trova in un medico tedesco bavarese, un suo seguace. Si legge appo gli Arabi l’alchimia giunse fino alla presunzione di rifare il mondo daccapo, dove un celeste cataclisma o la collera di Dio il trabalzasse nel caosse o nel niente.

   Quasi tutte le protagoniste del romanzo sono donne, e a tal riguardo l’autore ne traccia un quadro molto realistico quando descrive i maltrattamenti che le donne subiscono dagli uomini. Nel capitolo quinto del primo volume È questa una delle più mostruose ingiustizie fra le tante che commettono i signori uomini contro il sesso gentile; anzi, è più che una ingiustizia, è una ribellione al divino volere, è un oltraggio alla provvidenza, ed è un disprezzo verso la più bella creatura di Dio, qual si è la donna. Noi teniamo per fermo che nel paragone valga più, nell’ordine del bene, una donna che dieci uomini, e nel mondo si farebbero meno spropositi se ci fossero tre quarti di donna e solo un quarto di uomini.

   Un pensiero anche alla donne che non riescono a trovare marito, le zitellone, nel capitolo dodicesimo del secondo volume: Suole avvenire che in quelle famiglie in cui sono varie donne da marito, qualora le più anziane siano rimaste nubili per motivi indipendenti dalla loro volontà, diventano queste zitellone tiranne di quelle tra le suore che ancora per la loro età e la loro bellezza non hanno perduta la speranza di maritarsi

   Questo pensiero di Mastriani lo troviamo in altri suoi romanzi.

   Interessante l’accostamento che la studiosa Chiara Coppin fa di suor Genoveffa con il celebre personaggio della monaca di Monza: In primo luogo, come il personaggio manzoniano, sin dalla tenera età era stata destinata al chiostro per volere dei genitori; come nei Promessi sposi il nome di Geltrude, nelle intenzioni di suo padre, doveva richiamare immediatamente l’idea del chiostro e la nobiltà della Santa a cui era appartenuta, così nel romanzo di Mastriani la scelta del nome claustrale di Clotilde, suor Genoveffa sembra avere funzioni simili. (2)

   (2) Chiara Coppin, I romanzi storici di Francesco Mastriani, Napoli, Edizioni Sinestesie, 2018.

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  Ritroviamo spesso Alessandro Manzoni e i suoi Promessi sposi nei lavori letterari di Mastriani. Nella sua prefazione alle edizioni di Gennaro Salvati dei suoi romanzi, egli scrisse: Si è fatto di me vivente ancora quello strazio che fu fatto del Manzoni e del Guerrazzi passati a miglior vita. Meno male che questi illustri italiani non lasciarono molti volumi alla famelica e vandalica speculazione libraia! (3)

   (3) Francesco Mastriani, Sotto altro cielo, Napoli, Stab. Tip. Gennaro Salvati, senza anno forse 1892

  

   Nel suo romanzo più famoso, La cieca di Sorrento, cita invece il romanzo dello scrittore milanese: Il libro, in sulla cui lettura era tutta intenta Geltrude e che tanto chiamar area l’attenzione di Beatrice, era il famoso romanzo di Manzoni: I promessi sposi. Quella storia così semplice e cara, quelle angosce di due vergini anime che si amano ed a cui la prepotenza e la malvagità fanno aspra guerra, commovevano oltremodo il cuor della fanciulla, (4)

   (4) Francesco Mastriani, La cieca di Sorrento, Napoli, Tipografia dell’Omnibus, 1851.